A poche ore dall’approvazione alla Camera delle modifiche alle normative sulla Legittima Difesa si leggono e si sentono interpretazioni quantomeno “fantasiose” e quindi è doveroso cercare di fare un po’ di chiarezza.
La “legittima difesa”, disciplinata dall’articolo 52 del codice penale, è un diritto alla autotutela che l’ordinamento giuridico italiano riconosce ad un cittadino nel caso in cui si ritrovi in una improvvisa situazione di pericolo imminente (per sé o per altri) da cui è necessario difendersi e non sia possibile rivolgersi immediatamente all’autorità pubblica.
Periodicamente, episodi di cronaca cruenti alimentano il tentativo di alcune forze politiche che agitano il tema della sicurezza per guadagnare facili consensi. Un tema delicato come questo, che implica l’uso delle armi da parte di chi, minacciato, legittimamente rivendica la possibilità di difendersi in casa propria, richiede però un grande equilibrio, per assicurare questo diritto senza cadere su un piano privo di regole che rischierebbe di produrre una “licenza di uccidere” non accettabile in un paese civile come il nostro.
Tale equilibrio è stato perseguito dal Partito Democratico nel corso dell’iter alla Camera di questo provvedimento, che, per garantire ulteriormente la posizione di chi esercita il diritto di autodifesa, interviene proprio sull’articolo 52 del codice penale specificando che si considera legittima difesa la reazione ad una aggressione in casa, in negozio o in ufficio commessa di notte o all’introduzione nei locali privati con violenza, minaccia o inganno, e sull’articolo 59, che riguarda la disciplina dell’errore, stabilendo che la colpa di chi reagisce per autodifesa deve essere sempre esclusa quando l’errore è conseguenza del grave turbamento psichico causato dalla persona contro la quale è diretta la reazione.
Naturalmente, proprio per evitare ogni tipo di arbitrio o anche che possano consumarsi veri e propri omicidi dolosi, in ambito familiare, magari premeditati e ‘mascherati’ da legittima difesa, il provvedimento prevede che debba esservi, “in ogni caso, la valutazione del caso concreto da parte del giudice”. Sempre per iniziativa del PD, per chi viene prosciolto o archiviato nei casi di legittima difesa, viene riconosciuto il diritto al rimborso delle spese legali sostenute.
La disciplina della legittima difesa è contenuta, come detto, nell’articolo 52 del codice penale che stabilisce i requisiti in presenza dei quali è esclusa la punibilità. Tali requisiti sono: l’esistenza di un diritto da tutelare, proprio o altrui; la necessità della difesa; l’attualità del pericolo; l’ingiustizia dell’offesa; il rapporto di proporzione tra difesa e offesa.
Bisogna tener conto anche che la legge n. 59 del 13 febbraio 2006 ha poi aggiunto all’articolo 52 dello stesso codice un secondo e un terzo comma, introducendo la cosiddetta “legittima difesa domiciliare”, stabilendo il diritto all’autotutela non solo in un negozio o in un ufficio, ma anche in un domicilio privato. A questo scopo è autorizzato l’uso di “un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo” per difendere la propria o altrui incolumità o i beni propri o altrui. In questo secondo caso, le condizioni sono che il reo non abbia desistito dall’azione illecita e che sussista il pericolo di aggressione. In presenza di queste condizioni, è stata introdotta una sorta di presunzione legale del requisito di proporzionalità tra difesa e offesa.
L’articolo 55 del codice penale definisce invece il caso di un eccesso colposo della legittima difesa, che si verifica quando pur non essendoci la volontà di commettere un reato viene meno proprio il requisito della proporzionalità tra difesa e offesa, in base ad una errata valutazione colposa della reazione difensiva.
La valutazione dell’accaduto è rimessa così al giudice, che terrà conto di una serie di circostanze oggettive: l’esistenza di un pericolo attuale o di una offesa ingiusta, i mezzi di reazione a disposizione dell’aggredito e il modo in cui ne ha fatto uso, il bilanciamento tra l’importanza del bene minacciato dall’aggressore e del bene leso da chi reagisce.
Partendo dal presupposto che il secondo comma dell’articolo 52 del codice penale dà già una importante e significativa risposta all’esigenza di tutelare chi si trova nella propria abitazione o attività commerciale, l’obiettivo della proposta di legge è quello di dare a questo soggetto ulteriori garanzie. A tale scopo, dopo il citato prima comma dell’articolo 52 se ne inserisce un altro che specifica come si debbano considerare legittima difesa la reazione ad una aggressione compiuta “in tempo di notte” ovvero la reazione in seguito all’introduzione nei luoghi descritti dall’articolo 614 sempre del codice penale usando violenza alle persone o alle cose ovvero con la minaccia o l’inganno. Restano ovviamente fermi i criteri fissati al primo comma, a cominciare dall’attualità del pericolo e dal rispetto della proporzione tra difesa e offesa. Viene anche aggiunto un comma in base al quale nella legittima difesa domiciliare è sempre esclusa la colpa della persona legittimamente presente nel domicilio che usa contro l’aggressore un’arma legittimamente in suo possesso: se l’errore si verifica in situazioni comportanti un pericolo attuale per la vita, per l’integrità fisica, per la libertà personale o sessuale; se l’errore è conseguenza di un grave turbamento psichico e se questo turbamento è causato dalla persona contro la quale è diretta la reazione. Se, insomma, in condizioni di forte stress emotivo si percepisce una situazione “putativa” che rientrerebbe in tal caso in quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 52 del codice penale, non vi può essere spazio per la responsabilità per eccesso di legittima difesa.
Un punto fondamentale, su cui il PD ha molto insistito, è che la valutazione del caso concreto spetta sempre e comunque al giudice, escludendo ogni tipo di automatismo e considerando l’iscrizione nel registro degli indagati non solo un atto dovuto, ma una garanzia per l’indagato. E’ stato previsto anche il risarcimento delle spese legali per chiunque venga prosciolto o archiviato nei casi di legittima difesa (cosa che avviene oggi per il 90 per cento dei casi).
Tutto questo perché nel complesso lo spirito del provvedimento è racchiuso nell’esigenza di garantire una legittima difesa, tenendo insieme da una parte il diritto dei cittadini alla propria tutela quando lo Stato non può intervenire tempestivamente e dall’altra l’obbligo di non concedere a chiunque una sorta di “licenza di uccidere” chi ha commesso o ha tentato di commettere una violazione di domicilio, fuggendo quando avverte la presenza del proprietario. In questi casi sarà consentita la difesa, ma nei rigorosi limiti della proporzione, “presunta” solo in presenza dei requisiti stabiliti dal secondo comma dell’articolo 52 del codice penale.
In conclusione nessuna concessione a trasformare i cittadini in giustizieri, nessun Far West, ma una revisione delle normative che tiene conto della necessità che ci debba sentire più tranquilli nelle nostre abitazioni o nell’esercizio delle nostre attività e che, nel malaugurato caso in cui ci sia un’aggressione, la reazione di chi si vede minacciato sia valutata in modo equilibrato, senza alcun eccesso giustizialista, ma nemmeno con quegli eccessi di garantismo che troppo spesso sono stati profusi nei riguardi di chi delinque.
On. Diego Zardini – Partito Democratico