Vinitaly alle porte: il vino parla sempre più asiatico

 
 

La 53ª edizione del Salone Internazionale dei Vini e dei Distillati (7-10 aprile, Veronafiere) è sold out dallo scorso novembre, nonostante l’aumento della superficie disponibile, che raggiunge i 100.000 metri quadrati netti, mentre sono oltre 130 i nuovi espositori diretti, a cui si aggiungono gli indiretti e i rappresentati, per un totale di 4.600 aziende da 35 nazioni e più di 17.000 le etichette a catalogo (dati in aggiornamento).

Un’altra edizione da record per Vinitaly, che, dopo un anno e 40 eventi promozionali e di formazione in Italia e all’estero, si prepara ad aprire con numeri in aumento. Tra le novità, il salone Vinitaly Design e l’Organic Hall; si conferma la formula di Vinitaly – business in fiera, wine lover in città – con Vinitaly and the City (5-8 aprile), che sta garantendo da un lato un maggiore flusso di operatori professionali in fiera e dall’altro una diminuzione voluta e controllata del visitatore appassionato, a cui sono dedicate le iniziative esterne.

Il quadro di sintesi fatto a Roma nel corso della presentazione del 53° Vinitaly punta le luci sullo studio “Asia: la lunga marcia del vino italiano” a cura dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor: il vino parla sempre più asiatico, con cui dialogano in particolare i francesi e – oggi più che mai – il mondo produttivo Australia e Cile, che, in alcuni paesi, beneficiano di una politica dei dazi favorevole. A fronte di una tenuta in terreno positivo del sistema vino made in Italy a livello mondiale (+3,3% nel 2018 sull’anno precedente), la nostra presenza in Asia Orientale rimane ancora marginale, rispetto alle potenzialità. Dei 6,45 miliardi di euro di importazioni registrate lo scorso anno in Cina, Giappone, Hong Kong, Corea del Sud (ma anche Vietnam, Taiwan, Tailandia, Filippine, Singapore e altre), la Francia – pur in calo – incassa a valore il 50,2% della torta asiatica, per un equivalente di 3,24 miliardi di euro. La quota di mercato italiana si ferma invece al 6,5% (419 milioni di euro), meno anche di Australia (15,9%, a 1 miliardo di euro) e Cile (8,9%).

Per il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese, “La lunga marcia italiana verso l’Asia si è rivelata in questi anni ancora più faticosa per la mancanza di una vera regia di sistema Paese. Dal punto di vista commerciale, la Cina e tutto il Far East offrono grandi opportunità per il made in Italy anche per la complementarietà delle produzioni. Per quanto ci riguarda, stiamo ponendo le basi per una presenza costante in Cina di Vinitaly e degli altri nostri settori di punta, come l’agritech, il design, il marmo, attraverso una piattaforma fieristica proprietaria dedicata”.
Aggiunge il ceo di Veronafiere, Giovanni Mantovani: “La fatica nei bilanci dei nostri vini fermi deriva in buona parte dal mancato salto di qualità laddove la domanda è cresciuta di più, ma in questa analisi noi guardiamo al bicchiere mezzo pieno. Abbiamo i numeri, la qualità e il fascino per penetrare un mercato gigantesco, ma non servono proclami e solitarie fughe in avanti. Bisogna capire che oggi per contrastare vecchi e nuovi competitors non serve più marciare in ordine sparso, bisogna correre in un’unica direzione e con un brand in grado di aprire la strada. Al prossimo Vinitaly,in termini di presenze espositive e metri quadrati netti il più grande di sempre, sono in media ad ogni edizione più di 5.500 gli operatori provenienti dal Far East. E nel corso dell’anno in Cina, tra i road show in calendario, l’Academy di Vinitaly International e le partnership fieristiche in corso e quello di nuovo ed importante stiamo realizzando saremo in grado di dare alle aziende e alle istituzioni un ulteriore supporto promozionale su quest’area strategica per il futuro dei nostri prodotti, non solo del vino”.

 

 
 
Alessandra Moro
Sono nata a Verona sotto il segno dei Pesci; le mie radici sono in Friuli. Ho un fiero diploma di maturità classica ed una archeologica laurea in Lettere Moderne con indirizzo artistico, conseguita quando “triennale” poteva riferirsi solo al periodo in cui ci si trascinava fuori corso. Sono giornalista pubblicista dell’ODG Veneto e navigo nel mondo della comunicazione da anni, tra carta, radio, tv, web, uffici stampa. Altro? Leggo, scrivo, cucino, curo l’orto, visito mostre, gioc(av)o a volley. No, non riesco a fare tutto, ma tutto mi piacerebbe fare. Corro contro il tempo, ragazza (di una volta) con la valigia.

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