Torrefazione Fusari: Artigiano del gusto

 
 

“Il caffè è un piacere, se non è buono che piacere è?”

Questo è un vecchio slogan che in tanti ricordano ma che spesso oggi dimentichiamo. Questo il motivo per cui oggi siamo andati a trovare in quel di Bovolone Salvatore Fusari, uno che di caffè se ne intende e ne ha fatto una passione oltre che un’attività commerciale.

Sig. Fusari com’è nata la sua passione per il caffè?
La mia passione per il caffè nasce, diciamo, per caso o forse per necessità. Io stesso sino all’età di vent’anni non avevo mai bevuto caffè. Anzi lo rifiutavo, anche solamente sentendone il profumo: mi dava quasi noia. Ma come in tutte le cose, nel mio caso per lavoro, ho dovuto conoscerlo e me ne sono innamorato, un amore oserei dire profondo”.

Che cosa significa allora per lei produrre caffè?
Sotto questo punto di vista direi che per me il caffè è quasi una sfida. Sono sempre alla ricerca del diverso, delle qualità più significative e importanti. Oggi è un frangente di tendenza, di moda. Io però le mode non le seguo, le faccio”.

Cosa intende quando dice fare le mode?
Io continuo a fare quello che ho sempre fatto nella mia vita. Seleziono le origini dalle varie provenienze come dal Brasile, dal Guatemala o perché no dal Messico e scegliendo sempre le migliori. In questo modo posso creare tanto le miscele quanto le mono origini al fine di realizzare i prodotti più rari al mondo, quali Indonesia Kopi Luwak o Giamaica Blue Mountain”.

E il mercato di oggi come funziona?
Il mercato odierno chiede molte cose come le speciality coffe, io però non le tratto perché le faccio da sempre. La mia filosofia è quella di perfezionare continuamente quello che ogni giorno realizzo”.

Che mi dice a proposito del caffè biologico?
Sono quattro anni che sviluppiamo un prodotto bio di cui andiamo molto fieri. Biologico non significa buono bensì trattato in un certo modo e anche in questo caso significa soprattutto ricerca del meglio.

La nostra miscela, infatti, non è mono origine, bensì fatta da sette provenienze. Non andiamo alla ricerca dei prezzi ma della qualità. Il consumatore stesso, avvicinandosi al nostro prodotto, infatti, rimane un po’ sconvolto perché assapora un gusto differente dal solito che non è abituato a trovare tanto nel locale sotto casa quanto nei bar o nei ristoranti”.

So che lei è un po’ critico su chi produce caffè solo per far cassa e non per il piacere di realizzare un prodotto di qualità, non è vero?
Purtroppo oggi c’è la tendenza, da parte di diversi operatori del settore, come baristi o ristoratori, a ricercare il prezzo anziché la qualità. Questa non è la nostra filosofia. La nostra azienda punta da sempre sul fattore qualità che non può essere svenduto a prezzi non consoni. È, a mio parere, la politica del vendere a tutti i costi, che non è certamente la mia”.

Cosa significa per lei tostare il caffè?
Nella mia azienda è presente un’attrezzatura che ha circa cent’anni. È un piccolo bruciatore con una fiamma differita, cioè non va mai a contatto con il prodotto stesso, è un sistema di cottura lenta per cui per ogni cotta impiego circa dai 25 ai 35 minuti e si sente ad orecchio quando il prodotto è pronto perché non è presente alcun automatismo che segnali quando il chicco è cotto al punto giusto.

Il processo va seguito, accudito e guardato passo per passo e, a orecchio, sento quando si spegne il bruciatore. È un po’ come il popcorn che quando è pronto scrocchia e così fanno anche i chicchi di caffè.

A quel punto il caffè può dirsi pronto. È ovvio che durante la cottura non mi sposto mai dal locale della torrefazione. D’altronde il caffè meno lo cuoci più lo esalti, anche se questo non significa tenerlo crudo. È bene perciò diffidare dai caffè molto bruciati che potrebbero nascondere dei difetti del caffè che il produttore non vuole fa emergere”. Per cui bisogna tenere una cottura che io definisco bionda al fine di esaltare l’aroma del prodotto”.

A chi potrebbe interessare il suo prodotto?
A me piacerebbe molto che i ristoratori, in un mondo come quello attuale in cui sono tante le trasmissioni che parlano di chef di alto rango, parlassero un po’ di più di caffè. Sarebbe auspicabile che i ristoratori si ricordassero che l’ultima cosa che servono ai loro clienti è proprio il caffè; per questo mi augurerei che questi lo sapessero trattare, conoscere ed apprezzare”.

Non solo caffè ma anche infusi, che mi dice di questa sua nuova sfida?
È da qualche tempo che trattiamo infusi, dei prodotti di eccellenza che provengono dalla Germania, tuttavia il mercato italiano non è ancora pronto per questo tipo di prodotti in foglia che deve essere preparato in un certo modo che nel nostro paese ancora non ha molto mercato”.

Qual è il suo augurio per far cambiare idea su un prodotto molto venduto e commercializzato come il caffè?
Il caffè è un piacere che va bevuto al naturale, cioè senza zucchero, va assaporato per quello che è e per le sensazioni che fornisce”.

Difficile dar torto a parole che ci parlano di un prodotto così diffuso nel nostro paese, ma che spesso non è di qualità per cui il piacere che dovrebbe fornirci non quello che ognuno si aspetta e allora l’augurio è che se dovete bere un caffè bevetelo almeno buono.

 
 
Davide Caldelli
Sono di Verona, nato il 15 gennaio, quindi Capricorno. Ho un temperamento deciso ma anche la giusta allegria per le origini senesi del nonno paterno. Ho una laurea magistrale in editoria e giornalismo conseguita con il massimo dei voti. Iscritto All’ODG del Veneto, nel tempo libero sono istruttore minibasket a Lugagnano. Scrivo per il Corriere dello Sport. Credo neello sport per tutti. Nel 2014 la mia passione mi ha portato a Sochi per seguire i Giochi Paralimpici Invernali. Amo il Teatro: Shakespeare in particolare. Mi piace il nuoto e quando posso vado in mountain bike. Sono sincero: dico sempre quello che penso. Sempre di corsa ma mi piace così.

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