Una cellula riprogrammata con istruzioni precise: favorire la rigenerazione del tessuto nervoso, per creare una terapia utile a riparare le lesioni spinali. Un progetto di medicina rigenerativa e alta ricerca tutto italiano, che coinvolge due atenei e un Centro di Ricerca clinica e scientifica d’avanguardia. Questi gli obiettivi di Hemera, spin-off delle Università degli Studi di Verona e La Statale di Milano, in collaborazione con ricercatrici e ricercatori dell’Istituto Clinico Humanitas.
Nell’Unione Europea e nel Nord America, secondo recenti stime, vi sono circa 500.000 persone colpite da lesione midollare, 85.000 solo in Italia. Questo progetto sviluppa una nuova terapia cellulare immunologica per favorire la rigenerazione del tessuto nervoso a seguito di lesioni al midollo spinale e restituire capacità motoria a persone che l’hanno persa a causa di un trauma.
«Questo progetto rappresenta il punto di arrivo di anni di ricerche congiunte degli atenei di Verona e di Milano, con il sostegno di Humanitas – spiega Roberto Giacobazzi, prorettore dell’Università di Verona – che portano a risultati incredibili nel campo della farmacologia. Si tratta di terapie molto complesse, innovative e targettizzate sul singolo paziente, che daranno grandi speranze per il processo di riabilitazione».
«Si sa da anni che nelle lesioni spinali si instaura in tempi molto brevi un ambiente locale fortemente sfavorevole alla rigenerazione delle fibre nervose danneggiate, e che questo è alla base del mancato recupero dal danno motorio e delle invalidità permanenti associate a questa condizione clinica” – dice Maria Pia Abbracchio, Prorettore vicario e con delega a Ricerca e Innovazione dell’Università degli Studi di Milano-. “Hemera, spin off del nostro ateneo e dell’Università di Verona, nasce con l’intento di sviluppare un approccio totalmente innovativo, consistente nell’impiego di un nuovo prodotto farmacologico basato su cellule immunomodulanti, che, preventivamente istruite in provetta e poi trapiantate nella lesione, sono capaci di riprodurre in loco un microambiente che stimola la rigenerazione nervosa. Obiettivi specifici di Hemera sono lo sviluppo preclinico e la produzione controllata del nuovo prodotto secondo gli standard qualitativi necessari ad avviare uno studio clinico di fase I/II in pazienti con lesione midollare spinale grave»
«I macrofagi, cellule del sistema immunitario, giocano un ruolo centrale nell’orchestrare le difese immunologiche e la riparazione dei tessuti – spiega il prof. Alberto Mantovani, Direttore Scientifico di Humanitas -. Le terapie cellulari fondate sull’uso di macrofagi rappresentano una speranza in settori diversi, dal cancro alla medicina rigenerativa. Ed è proprio questa, insieme alle terapie cellulari, a costituire una delle aree di frontiera in Medicina».
IL MECCANISMO D’AZIONE
Su cosa si basa la ricerca? Il punto di partenza è l’utilizzo di specifiche cellule immunitarie, i macrofagi, generate in vitro dai loro precursori isolati dal sangue del paziente stesso. Queste cellule vengono istruite in vitro in modo da esprimere al meglio le loro capacità di riparare il danno e di favorire le cellule rigenerative spontanee dei tessuti danneggiati.
Una volta riportati nel sito della lesione spinale, questi macrofagi ‘educati’ favoriscono la ricrescita del tessuto nervoso danneggiato e consentono il ripristino delle sue funzioni, come è emerso negli studi pre-clinici già effettuati.
«Quando viene danneggiato, il sistema nervoso centrale esprime potenzialità rigenerative molto limitate. Questo ha portato nel recente passato a vari tentativi di potenziarle trasferendo nel paziente cellule staminali neuronali, una strada che si è purtroppo rivelata un vicolo cieco. Hemera ha sviluppato un approccio innovativo, basato sul trasferimento nel paziente di cellule immunitarie istruite in vitro a favorire l’espressione ottimale delle potenzialità rigenerative che il sistema nervoso centrale per sua natura ha – spiega Massimo Locati, Direttore Scientifico di Hemera, docente di Immunologia all’Università di Milano e ricercatore presso Istituto Clinico Humanitas –. A insegnarci come ‘educare’ i macrofagi a questo scopo è stato lo studio delle loro funzioni nel contesto dei tumori, che rappresentano per antonomasia tessuti in rapida crescita nonostante il contesto ostile in cui si sviluppano. Da qui il nome di Tumor Educated Macrophages (TEM). Questa quindi è la storia di una scoperta in cui neurofarmacologia e immunologia insieme hanno reinventato un significato positivo per processi biologici che normalmente – in ambito oncologico – hanno un significato negativo».
LA SPERIMENTAZIONE
«Ad oggi i risultati della ricerca preclinica ci hanno dimostrato che la terapia cellulare TEM funziona, ovvero che queste cellule, una volta trapiantate in un modello preclinico con lesione spinale grave, sono in grado di favorire con elevata efficacia il recupero motorio – ricorda Ilaria Decimo, Responsabile Ricerca e Sviluppo di Hemera e docente dell’Università di Verona –. Il nuovo obiettivo che stiamo raggiungendo è quello di trasformare le cellule TEM in prodotto farmacologico che sia adatto per uso clinico e che possa confermare nei pazienti l’importante beneficio che vediamo nei modelli preclinici. Per fare questo, stiamo lavorando insieme in diversi laboratori dell’Università di Verona, dell’Università di Milano e dell’Istituto Clinico Humanitas. L’obiettivo di Hemera è ottenere un prodotto farmacologico che sia efficace, sicuro, facilmente somministrabile e standardizzato. Con queste caratteristiche, il prodotto potrà essere approvato dagli enti regolatori per l’uso clinico». Oltre a completare la fase preclinica, il team di Hemera ha già iniziato a organizzare lo studio sull’uomo coinvolgendo il centro di eccellenza in riabilitazione “Villa Beretta” a Costa Masnaga che, in collaborazione con importanti centri neurochirurgici, selezionerà e monitorerà i pazienti che saranno sottoposti alla sperimentazione della terapia.
INVESTIRE SULLA SCIENZA: UN PROGETTO DI TUTTI
L’obiettivo dei prossimi cinque anni sarà quindi validare la terapia cellulare sull’uomo e per fare questo Hemera sta lavorando con l’EMA (Agenzia Europea del Farmaco) per la messa a punto dei protocolli di produzione della terapia, delle procedure neurochirurgiche e delle tecniche di somministrazione non invasive. «Si tratta di un’impresa ad altissimo potenziale, un progetto molto ambizioso e sfidante, e, ovviamente, complesso che necessita per la sua realizzazione di una grande quantità di risorse e di competenze – spiega Aldo Cocchiglia, Amministratore Delegato di Hemera –. In pochi mesi abbiamo raccolto più di un milione di euro, grazie all’apporto di un gran numero di piccoli soci finanziatori. La campagna di fundraising prosegue: l’obiettivo è arrivare nel più breve tempo possibile alla cura per le lesioni del midollo spinale e cambiare radicalmente le prospettive e la qualità di vita dei pazienti. Per farlo c’è bisogno dell’aiuto di tutti: Hemera non vuole rappresentare una ricerca confinata nei laboratori, ma essere un progetto per tutti e, soprattutto, di tutti. Il contributo e supporto che ciascuno di noi vorrà dare sarà pertanto molto importante per realizzare una cura efficace, che ad oggi ancora non c’è».
“Dove c’è ricerca di qualità, il Veneto è tra i protagonisti. Stavolta i complimenti vanno all’Università di Verona, coprotagonista di un progetto di medicina rigenerativa tutto italiano con un obbiettivo straordinario: creare una terapia per riparare le lesioni spinali”.
E’ questo il plauso del Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, al progetto “Hemera”, spin off attraverso il quale l’Ateneo Scaligero, con La Statale di Milano e in collaborazione con l’Istituto Clinico Humanitas, punta a una terapia innovativa, e tutta italiana, per affrontare una patologia gravissima come le lesioni spinali.
“La scienza – aggiunge Zaia – ha la missione di non fermarsi mai per cercare soluzioni a tante patologie fino a poco tempo fa ritenute incurabili e vedere che, sempre più spesso, su queste nuove frontiere c’è la ricerca del Veneto inorgoglisce e accresce la speranza di poter ridare qualità di vita a persone che l’hanno persa. Tutto questo non ha prezzo, così come non hanno prezzo la dedizione e la preparazione dei ricercatori che vi lavorano”