Con Sentenza n. 00042/2020 resa nella camera di consiglio del 5 dicembre 2019, pubblicata il 15 gennaio 2020, il TAR di Venezia accoglie il ricorso presentato dalla società Brunelli S.r.l. contro il diniego del Comune di Verona al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica richiesta al permesso di costruire per la realizzazione di due edifici in Via Paiola di Avesa in esecuzione del PUA 714_680 “Avesa via Paiola e via Sorgente Lori”. Parere contrario anche della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Verona, Rovigo e Vicenza.
Quanto deciso dai giudici amministrativi veneziani è da sottolineare ed evidenziare sia da parte della Direzione Pianificazione Territorio – Autorizzazioni paesaggistiche del Comune di Verona che da quello della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Verona, Rovigo e Vicenza.
La Società ricorrente Brunelli S.r.l. è proprietaria, nella Frazione di Avesa del Comune di Verona, di un appezzamento di terreno per la cui edificazione ha ottenuto l’approvazione di un Piano di Lottizzazione oggetto della convenzione urbanistica stipulata nel 2013. Successivamente nel dicembre 2018 ha presentato l’istanza di permesso di costruire per la realizzazione dei due edifici residenziali previsti dal PUA, unitamente alla domanda di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
La zona edificatoria in questione risulta vincolata, ai sensi della L. 1497/1939, per le seguenti ragioni:
“Riconosciuto che la zona dei predetti colli ha notevole interesse pubblico perché costituita dalle tre vallate della Valpantena, di Avesa e di Quinzano, oltre diversi altri promontori e avvallamenti, presenta tutte le caratteristiche tipiche, geologiche e naturali del territorio Veronese, come folti boschi di olivi centenari che punteggiano il panorama con forti macchie di colore, colture di viti dai tipici terrazzamenti, cave di tufo e di pietra con i loro altissimi atri dai meravigliosi giochi di luce e di ombre e unitamente a ciò, in mirabile fusione e armonia, esistono in detta zona interessanti complessi – formati da meravigliose ville costruite dal secolo XVI al XIX con attorno i rustici e le abitazioni dei contadini – il tutto circondato da verdi parchi ricchi di essenze pregiate, viottoli ombrosi, statue e fontane costituenti scenografie di rara bellezza”.
Il Comune di Verona, in data 2.8.2019, ha espresso un giudizio positivo di compatibilità paesaggistica che però non è stato confermato anche locale Soprintendenza la quale, con nota del 16.8.2019, ha comunicato i motivi ostativi al rilascio dell’autorizzazione rilevando che:
“Il progetto prevede la costruzione di due edifici residenziali in località Avesa. L’intervento in esame, qualora realizzato, comporterebbe un’alterazione negativa del contesto paesaggistico circostante che andrebbe a ledere l’organicità e la conformazione attuale dei luoghi di stampo tradizionale, alternandone le vedute prospettiche che si godono dalle strade limitrofi, nonché la visione organica d’insieme. La soluzione di progetto proposta, infatti, prevede la realizzazione di due corpi di fabbrica che, se realizzati, risulterebbero estremamente avulsi dal tradizionale contesto architettonico e paesaggistico consolidato, estranei alla fisionomia dei manufatti edilizi tipici di questi luoghi, e stridenti rispetto all’ambito nel quale si colloca a tal punto da modificare in modo non coerente la visione del contesto paesaggistico circostante. Inoltre l’analisi delle caratteristiche dell’area, in cui dovrebbero collocarsi i nuovi edifici, è stata condotta in modo non adatto per costituire la base dalla quale far scaturire una progettazione coerente e non in contrasto con gli aspetti peculiari del luogo e non illustra in maniera adeguata l’ambito paesaggistico di non comune bellezza tanto che l’intervento proposto non tiene conto delle caratteristiche peculiari, nonché qualificanti, dell’area in questione. Inoltre la Relazione Paesaggistica trasmessa unitamente al progetto non è stata redatta in conformità alle disposizioni del D.P.C.M. 12 dicembre 2005 e ai contenuti dell’allegato al medesimo decreto, in quanto la stessa è del tutto carente nella elaborazione e nei contenuti. L’analisi delle caratteristiche dell’area in cui dovrebbero collocarsi i nuovi edifici, è stata condotta in modo non adatto per costituire la base dalla quale far scaturire una progettazione coerente e non in contrasto con gli aspetti peculiari del luogo. La scarsa documentazione prodotta sicuramente non illustra tale porzione di paesaggio di non comune bellezza e l’intervento proposto non tiene conto delle caratteristiche geometriche e morfologiche peculiari e qualificanti dell’area collinare. Dall’esame di tale elaborato si rileva, altresì, che le fotosimulazioni si limitano a proporre delle ipotesi di inserimento dei manufatti lungo una visuale a corto raggio, tralasciando altri ed altrettanto significativi coni ottici a medio e lungo raggio godibili da diversi punti di ripresa che non consentono di apprezzare l’inserimento dei nuovi edifici nel contesto paesaggistico tutelato”.
Il Comune, quindi, in conseguenza del parere negativo ha respinto l’istanza di autorizzazione paesaggistica.
Il Tribunale regionale condivide l’insegnamento giurisprudenziale secondo il quale “i giudizi espressi dagli organi competenti in materia di autorizzazione paesaggistica sono connotati da un’ampia discrezionalità tecnico – valutativa, poiché implicano l’applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori scientifici caratterizzati da ampi margini di opinabilità. Tali giudizi, pertanto, sono sindacabili, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione nonché sotto il profilo dell’adeguata motivazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicchè, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinchè il sindacato giurisdizionale non divenga sostitutivo di quello dell’Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile” (T.A.R. Lombardia, sez. III, 07/03/2019, n. 472).
Pertanto il diniego di autorizzazione paesaggistica non può limitarsi, secondo il Collegio, ad esprimere valutazioni apodittiche e stereotipate, ma deve specificare le ragioni del rigetto dell’istanza ovvero esplicitare i motivi del contrasto tra le opere da realizzarsi e le ragioni di tutela dell’area interessata dall’apposizione del vincolo (sia in relazione al vincolo che ai caratteri del manufatto). Non è sufficiente, quindi, la motivazione del diniego fondata su una generica incompatibilità, non potendo l’Amministrazione limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe e formule stereotipate (Consiglio di Stato, sez. VI, 04/02/2019, n. 853; TAR Umbria, sez. I, 05/06/2019, n. 311).
Infatti, posto che qualsiasi nuova opera è suscettibile di generare un impatto visivo sul paesaggio circostante, ovvero una sua “alterazione”, il diniego dell’autorizzazione paesaggistica deve contenere una sufficiente esternazione delle peculiari ragioni per le quali si ritiene che un’opera non sia idonea a inserirsi nell’ambiente, attraverso l’esame delle sue caratteristiche concrete e l’analitica individuazione degli elementi di contrasto con il vincolo da tutelare (T.A.R. Toscana, sez. III, 22/08/2019, n. 1204).
Nel caso di specie, la motivazione riportata dalla Soprintendenza non risulta rispettare i principi giurisprudenziali esposti perché, al di là di generiche valutazioni, non contiene puntuali comparazioni che diano conto del rapporto tra le caratteristiche concrete del manufatto – con specificazione delle stesse – e gli elementi caratterizzanti il contesto paesaggistico di riferimento – non precisamente individuati.
In particolare, non viene dato conto delle dimensioni, forme e colori dei materiali impiegati; degli specifici ed individuati elementi del contesto paesaggistico di riferimento che la Pubblica Amministrazione ritiene rilevanti ai fini della tutela del vincolo, e delle ragioni per le quali questi integrino il vincolo medesimo; del modo in cui le caratteristiche specifiche del manufatto finirebbero per incidere sul vincolo tutelato.
Pertanto, in considerazione del generale difetto di motivazione del provvedimento impugnato quest’ultimo è stato annullato, dovendo, altresì, la Soprintendenza procedere a rideterminarsi in conformità a quanto sopra indicato e agli insegnamenti della giurisprudenza richiamati e, conseguentemente, anche il Comune resistente dovrà rideterminarsi sull’adozione dell’autorizzazione paesaggistica.
Cartellino rosso per entrambi gli Enti pubblici con richiamo ad una migliore lettura della giurisprudenza in materia.
Alberto Speciale