Da Legambiente arriva la denuncia alla Commissione Ue dello spandimento selvaggio di liquami zootecnici nella pianura padana. Volumi crescenti e ingestibili di liquami zootecnici inquinano suolo, acqua e aria. Campi agricoli usati come siti per smaltimenti all’aria aperta.
Ogni anno con la stagione fredda le cisterne di stoccaggio traboccano di liquidi drenati da stalle e porcilaie: milioni di tonnellate di materie fecali e liquidi maleodoranti prodotti dagli allevamenti intensivi, soprattutto di bovini e suini, che stanno inquinando in modo sempre più preoccupante suolo, acqua e aria. Secondo Legambiente “Serve un piano nazionale per fermare gli eccessi degli allevamenti intensivi, trasferendo le risorse europee a beneficio della zootecnia sostenibile nelle aree interne”.
Le piogge insistenti di ottobre e novembre, con solo quattro giorni senza precipitazioni, hanno impedito lo spandimento degli effluenti zootecnici sui campi, mentre con il primo dicembre sono scattati i divieti al loro impiego, divieto che prosegue anche in gennaio.
Confagricoltura ha denunciato che, conseguentemente, le vasche di raccolta dei reflui sono al limite della loro capienza, mentre le semine sono in ritardo. Ma a risolvere il problema è giunta il 5 dicembre la Circolare del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MIPAAF) che consente lo spandimento anche nei mesi di dicembre e gennaio, ma solo per pochi giorni (15 complessivamente, divisi in più “finestre”) e a precise condizioni, dettate dalle regioni interessate al problema.
A scendere “in campo” adesso è stata Legambiente, l’Associazione ambientalista si è mobilitata, presentando una denuncia alla Commissione Europea, a causa della Circolare alle Regioni con cui il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MIPAAF) per venire incontro agli allevatori, ha autorizzato l’impiego di liquami anche nei mesi di dicembre e gennaio, mesi in cui – per rispettare la direttiva europea – vige il divieto di spandimento. Il maggior termine concesso ha provocato e formato estese paludi maleodoranti e colature schiumose nei corsi d’acqua della bassa padana ed in particolare nelle province della Lombardia, la regione più solerte nell’attuazione della circolare ministeriale.
Tra gli effetti provocati dallo spandimento “extra time” viene segnalato un improvviso aumento dei valori atmosferici del PM10 nei giorni centrali di gennaio. La Circolare, che Legambiente aveva chiesto di ritirare, è al centro della denuncia fatta da Legambiente e trasmessa il 18 febbraio agli uffici della Commissione Europea, contestandone la violazione di ben quattro direttive, in materia di acque, aria, rifiuti e inquinamento da nitrati.
Per Legambiente “gli spandimenti selvaggi – descritti nella denuncia alla Ue – non possono in nessun caso essere spacciati per pratiche agricole: si è trattato di attività di smaltimento di rifiuti pericolosi su vasta scala, avvenuta con il benevolo assenso del MIPAAF, ma con effetti deleteri per la salute e per gli ambienti acquatici. Non siamo più disposti a tollerare pratiche nocive da parte di una zootecnia che, in Pianura Padana, ha passato il limite. Invece di autorizzare sversamenti di liquami, il MIPAAF – continua – dovrebbe predisporre con le regioni un programma nazionale di riduzione dell’intensità di allevamento in Pianura Padana, trasferendo le risorse comunitarie a beneficio della zootecnia sostenibile e delle aree interne. Nella prossima programmazione dei fondi europei per l’agricoltura, se davvero si vorranno perseguire le sfide climatiche ambientali della riforma PAC, occorrerà un deciso taglio ai sussidi dannosi destinati agli allevamenti intensivi”.
Legambiente ricorda che nelle 4 regioni della pianura Padano-Veneta si concentra oltre l’85% di tutti i suini allevati in Italia, e oltre i 2/3 di tutti i bovini nazionali. Una densità di animali allevati che ha pochi eguali in Europa e che rappresenta, in termini di massa biologica, l’equivalente in peso di 50 milioni di esseri umani, come dire oltre il doppio della popolazione residente. Ma mentre le umane deiezioni vengono intercettate dalle fognature e trattate dai depuratori, per gli animali allevati non c’è alternativa allo spandimento sui campi: una pratica che funziona, quando le quantità sono appropriate e le colture richiedono fertilizzanti. È d’inverno che i liquami diventano un incubo, per gli allevatori che vedono riempirsi le cisterne, ma soprattutto per le popolazioni residenti, che devono sopportare miasmi e inquinamenti, gravi e dannosi per la salute: le deiezioni zootecniche sono all’origine delle emissioni di ammoniaca, gas che si combina con i micidiali NOx per formare sali d’ammonio, che compongono fino al 50% del particolato sottile per cui l’Italia è sotto procedura d’infrazione europea, “per avere omesso di prendere misure appropriate per ridurre i periodi di superamento”. E se rendono l’aria irrespirabile, non va meglio per l’acqua: i composti azotati in eccesso infatti sono all’origine dell’inquinamento da nitrati di fiumi, canali e falde acquifere da cui attingono pozzi e acquedotti, un problema grave al punto da spingere l’Europa, già nel 1991, a promulgare una direttiva per la protezione delle acque da questo specifico inquinamento.
Infine Legambiente ricorda che sul fronte degli allevamenti intensivi occorre favorire con decisione la riconversione degli allevamenti intensivi verso progetti che riducano significativamente le densità degli animali per superficie e rispettino il benessere animale, comprese le esigenze etologico/ambientali delle diverse specie allevate.
Le denuncia dei Legambiente sul tema degli spandimenti dei reflui zootecnici porta in attenzione la notizia del progetto di un grande allevamento di suini, in località Puvel a Roverè Veronese, in corso di potenziamento, con le conseguenti preoccupazioni dei residenti. Il caso è finito in Consiglio regionale con una interrogazione a risposta scritta presentata il 7 gennaio dal Consigliere Manuel Brusco.
Alberto Speciale