“La società di capitali con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché gli enti pubblici (comune, provincia e simili) ne posseggano le partecipazioni, in tutto o in parte, non assumendo rilievo alcuno, per le vicende della società medesima, la persona dell’azionista, dato che la società, quale persona giuridica privata, opera comunque nell’esercizio della propria autonomia negoziale.”
L’art. 1 legge fallimentare esclude dall’area della concorsualità gli enti pubblici, non anche le società pubbliche (cd. in house). Per queste trovano applicazione le norme del codice civile, nonché quelle sul fallimento, sul concordato preventivo e sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
Ad affermare il principio è stata la Cassazione, Prima Sezione Civile, con la Sentenza n. 5346/2019 nella quale si precisa che, ai fini dell’assoggettabilità a fallimento, “(…) non assumendo alcun rilievo la relazione interorganica che lega l’ente societario all’amministrazione pubblica, dovendosi mantenere infine pur sempre separati i due enti – quello pubblico e quello privato societario – sul piano giuridico-formale, in quanto la società in house rappresenta pur sempre un centro di imputazione di rapporti e posizioni giuridiche soggettive diverso dall’ente partecipante.”
Il rapporto tra la società e l’ente locale è, cioè, di sostanziale autonomia, al punto che non è consentito al comune di incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo (e sull’attività dell’ente collettivo) mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali.
La vicenda riguarda una società in house in liquidazione, partecipata da alcuni Comuni, che si occupava l’attività di riscossione di imposte. Dopo la dichiarazione di fallimento, la Corte d’appello dell’Aquila aveva revocato il provvedimento, in considerazione dei requisiti della partecipazione totalmente pubblica e del “controllo analogo” effettuato dagli enti partecipanti nei confronti della società. Sostanzialmente, per i giudici la natura in house della società di riscossione ne escludeva il fallimento.
La vicenda approda in Cassazione dove il Collegio ricorda come la società in house “non muta la sua natura di soggetto di diritto privato” solo perché enti pubblici ne posseggono le partecipazioni in tutto o in parte, operando sempre nell’esercizio di una propria autonomia negoziale. In altri termini, il rapporto tra l’ente pubblico e la società non rileva ai fini della qualificazione della natura giuridica di quest’ultima.
In particolare, ha precisato la Corte, la natura privatistica di queste società, da cui deriva la loro assoggettabilità a fallimento, non dipende dal controllo che l’amministrazione pubblica attua nei confronti della società partecipata, il quale “serve solo a consentire all’azionista pubblico di svolgere un’influenza dominante sulla società, se del caso attraverso strumenti derogatori rispetto agli ordinari meccanismi di funzionamento”.
Alberto Speciale