Si sono conclusi in cattedrale i restauri che hanno interessato intonaci, costoloni in stucco decorati a finto marmo e stemmi in pietra dipinta, versanti in pessime condizioni di conservazione. L’intervento,eseguito sotto la direzione dell’architetto Giancarlo Manni, è stato interamente finanziato dalla parrocchia e da Chiese Vive, associazione che, con questa iniziativa, prosegue l’attività di tutela e salvaguardia del patrimonio artistico scaligero.
Rimossi i ponteggi che ne hanno occupato gli spazi interni, il Duomo può accogliere nel suo splendore i fedeli per il Santo Natale. Soddisfatto del colpo d’occhio è il parroco, don Luigi Cottarelli, che commenta: «In questi otto mesi è stato realmente faticoso gestire la quotidianità della vita liturgica nella Chiesa Madre della città, tra lavori e la successiva pulizia che si è resa necessaria dopo lo smontaggio delle impalcature. Al ringraziamento alle maestranze, si unisce quello rivolto a fedeli e visitatori che, con pazienza e spirito di adattamento, hanno sopportato il grande disagio provocato dagli interventi, compresi i due mesi estivi di chiusura. Alla gioia si aggiunge la serenità di poter restituire l’edificio in tutta la sua sicurezza e al tempo stesso garantirne la conservazione futura. Sforzo significativo che ha visto la stretta collaborazione tra parrocchia e Chiese Vive, il cui ruolo è indispensabile per la manutenzione dei monumenti della Diocesi».
Il restauratore, Massimo Tisato, che con il suo team di esperti si è occupato prima di un accurato monitoraggio, poi dell’esecuzione materiale delle opere conservative, spiega: «Erano stati rilevati ampi sollevamenti e marcati distacchi a crosta rigida degli intonaci. Alcuni piccoli frammenti erano peraltro già finiti rovinosamente al suolo, altri risultavano in imminente pericolo di caduta, in particolare ampi frammenti dei costoloni in aggetto, con grave pericolo per le persone che transitavano nelle aree sottostanti».
La cortina muraria era visibilmente interessata da numerose ed estese fratturazioni, alcune delle quali, particolarmente profonde, tagliavano per lunghi tratti le vele della volta. La situazione più precaria si osservava lungo il perimetro delle lunette con crepe che correvano lungo il perimetro delle arcate diramandosi, in alcuni punti, sulle pareti sottostanti. Su distacchi e parti pericolanti i restauratori hanno applicato bendaggi di sostegno e protezione; gli intonaci sono stati fissati e consolidati con iniezioni di maltine a base di calce idraulica strutturale priva di sali. Dalle immagini stratigrafiche, continua Tisato, «è emerso che in origine la volta della navata presentava una finitura a marmorino color giallino-avorio di cui erano rimaste esigue tracce, sufficienti comunque per ripristinare le cromie originali nella successiva fase di ritocco pittorico».
Alle operazioni di pulitura (eseguite con spazzolini e speciali spugne per rimuovere con acqua tiepida il deposito polveroso) sono seguite fasi di stuccatura delle fessurazioni e della mancanze d’intonaco, quindi stesure di velature di colore a calce. «In tal modo – conclude Tisato – è stata riproposta la cromia originale luminosa e armoniosa emersa dalle indagini stratigrafiche che ben si accordava con le tinte delle navate laterali, restaurate negli anni Novanta del secolo scorso. Anche gli stemmi gentilizi posti al centro di ciascuna campata, finora celati da ridipinture, hanno recuperato le tinte originali».