L’attuale situazione dell’assessore Michele Bertucco, unico membro della Giunta comunale di Verona ad essersi opposto al progetto della Marangona, riapre la questione dei “Poteri e limiti del Sindaco nella revoca della delega all’Assessore”, letta alla luce delle Sentenze dei giudici amministrativi
Sul tema avevo già scritto due distinti articoli il 9 aprile 2019 ed il 4 luglio 2020. Li ripropongo oggi alla luce delle ultime Sentenze partendo con quella del TAR Friuli-Venezia Giulia, la n. 271/2023.
I giudici amministrativi friulani, chiamati a decidere su un ricorso relativo al vizio di carenza di motivazione dei decreti di revoca dalla carica di assessore, hanno ritenuto la doglianza manifestamente infondata in quanto, per costante giurisprudenza, «la revoca dell’assessore da parte del sindaco è atto ampiamente discrezionale, la cui motivazione può validamente basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrativa». Regola che si è applicata anche al caso di specie, posto che la revoca, in trattazione, è fondata su “divergenze inconciliabili” tra il Sindaco e gli Assessori relativamente ad alcune tematiche, che avrebbero compromesso la coesione necessaria a perseguire il programma di mandato. Tale motivazione, per il TAR del Friuli, risulta congrua e del tutto idonea a sostenere l’interruzione di un rapporto che ha carattere prettamente fiduciario e la cui durata può ben essere condizionata da valutazioni di natura politica.
Anche per il TAR della Puglia (Sentenza n. 717/2023) la revoca degli assessori non può essere assoggettata alle regole sostanziali e procedimentali che caratterizzano la generalità degli atti amministrativi. Il provvedimento di revoca dell’incarico di un singolo assessore può basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrativa, rimesse in via esclusiva al Sindaco, su ragioni afferenti ai rapporti politici all’interno della maggioranza consiliare e sulle sue ripercussioni sul rapporto fiduciario che deve sempre permanere tra il Capo dell’amministrazione ed il singolo assessore. Deriva che la revoca della delega all’assessore non è da intendersi come un atto sanzionatorio quanto piuttosto quale atto posto nell’interesse della Comunità stessa, della trasparenza ed imparzialità dell’operato dell’ente, e soprattutto a salvaguardia della serena gestione della macchina amministrativa guidata dal Sindaco. Pertanto la motivazione dell’atto di revoca può anche rimandare esclusivamente a valutazioni di opportunità politica ed il Sindaco ha solo l’onere formale di comunicare al Consiglio comunale la sua decisione di revocare un assessore posto che è soltanto quest’ultimo organo che potrebbe opporsi, con una mozione di sfiducia, all’atto di revoca. Spetta in particolare al Primo cittadino l’incombenza di valutare la sussistenza di esigenze che investano i rapporti tra le forze politiche all’interno della maggioranza, quelle relative all’efficienza dell’azione amministrativa e, non ultime, quelle che investono il possibile indebolimento del rapporto di affidamento tra il vertice dell’amministrazione e gli assessori.
E’ invece di segno contario quanto afferma la quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2071/2023 secondo la quale «è illegittimo l’atto di revoca dell’assessore che non indichi le ragioni concrete poste alla base della sfiducia ed è ammesso il risarcimento del danno da questi subito in ragione della natura dei vizi riscontrati». Riconosciuta la natura amministrativa dell’atto di revoca, lo stesso risulta soggetto allo statuto del provvedimento amministrativo e al correlato sindacato giurisdizionale, ma con la limitazione che gli deriva dall’essere un atto di “alta amministrazione” anzichè “politico” (Cons. Stato, V, 23 giugno 2014, n. 3144), «pertanto, come tutti gli atti di alta amministrazione che rientrano nel più ampio genus degli atti amministrativi, soggiacciono al sindacato giurisdizionale, sia pure con talune peculiarità connesse alla natura spiccatamente discrezionale degli stessi. Infatti, il controllo del giudice non è della stessa ampiezza di quello esercitato in relazione ad un qualsiasi atto amministrativo, ma si appalesa meno intenso e circoscritto alla rilevazione di manifeste illogicità formali e procedurali. La stessa motivazione assume connotati di semplicità e il sindacato del giudice risulta complessivamente meno intenso ed incisivo.». Circa la motivazione di revoca, i giudici di Palazzo Spada non condividono l’assunto secondo cui andrebbe motivata la sola comunicazione al consiglio e non anche il provvedimento di revoca: una volta qualificato quest’ultimo come atto amministrativo, seppure di alta amministrazione, lo stesso non può che soggiacere agli oneri motivazionali propri del provvedimento amministrativo, che vanno senz’altro assolti. In tal senso non è accolta dai giudici la (generica) motivazione che fa riferimento al venir meno della fiducia per problemi politici e difficoltà nella collaborazione senza indicare le ragioni concrete poste alla base di tale sfiducia (in tal senso TAR per la Campania con la Sentenza n. 1966/2020). D’altra parte il sindacato giurisdizionale sulla motivazione dell’atto di revoca non può che limitarsi alla verifica di non arbitrarietà della decisione e nessun rilievo assumono i fatti e le valutazioni che abbiano fondato il giudizio di sfiducia del sindaco. La quinta sezione accoglie anche la domanda risarcitoria, proprio in considerazione della natura dei vizi riscontrati nell’atto di revoca. È indubitabile come la revoca illegittima dalla carica politica costituisca per l’assessore fonte di un danno patrimoniale e, alla luce delle più recenti pronunce della giurisprudenza, anche di natura non patrimoniale (danno d’immagine).
Il “busillis” risiede nel fatto che mentre l’articolo 46 del Testo unico Enti locali affida al Sindaco il potere di nominare i componenti della giunta, dandone comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione, nulla dice per quanto riguarda il potere di revoca garantito al sindaco, ad eccezione di quanto indicato al comma 4, ovvero che occorre darne «motivata comunicazione al consiglio».
Come scritto sopra, non è facile stabilire il concreto confine entro il quale il giudice amministrativo può muoversi in fase di scrutinio della motivazione dell’atto di revoca, considerata l’estrema eterogeneità e complessità della casistica. Tuttavia il TAR del Lazio nella Sentenza n. 11143/2022 prende a metro di misura la compromissione del rapporto fiduciario tra sindaco e assessore, che può giustificare la revoca dell’incarico purché sia accompagnata da un’indicazione dei fatti o delle ragioni afferenti ai rapporti politici all’interno della maggioranza consiliare che hanno eziologicamente leso il vincolo di fiducia. Pertanto qualora l’atto ometta l’indicazione dei fatti che hanno cagionato l’affievolimento della fiducia risulta viziato da un difetto di motivazione.
In ultimo sono 26 le associazioni del territorio (evitiamo il termine ambientalista perchè riduce e ghettizza) che hanno inviato al Sindaco un documento preoccupati per la cementificazione di un’area che non è un’area di pregio naturalistico, ma costituisce una fetta di territorio occupato dalla campagna. Avevano suggerito di recuperare porzioni della Zona Agricola Industriale storica che sono in abbandono, prima di sacrificare altre aree agricole alla Marangona. Tommasi ne aveva incontrate tre Legambiente (Chiara Martinelli), Italia Nostra (Marisa Velardita) e Wwf (Michele Dall’O) con un nulla di fatto.
Ora attenderemo la decisione del Sindaco, perchè la “palla” adesso è nella sua Rete!.
Alberto Speciale