I Giudici Amministrativi ritornano in punta di fioretto a trattare circa il provvedimento di revoca dell’incarico di assessore comunale, questa volta, dopo la Sentenza n. 453 del 04/03/2019 pronunciata dal TAR per la Lombardia (qui nostro articolo), la decisione proviene dal TAR per la Campania con la Sentenza n. 1966/2020.
In giurisprudenza è pacifico il principio in base al quale la legge non pone vincoli contenutistici all’esercizio del potere di revoca dell’incarico di assessore, spettando al Sindaco il potere di effettuare le più ampie valutazioni di opportunità politico – amministrativa da porre a base della decisione, che possono consistere nella prospettazione sia di esigenze di carattere generale, quali ad esempio rapporti con l’opposizione o rapporti interni alla maggioranza consiliare, sia di particolari esigenze di maggiore operosità ed efficienza di specifici settori dell’amministrazione locale sia di valutazione afferenti all’affievolirsi del rapporto fiduciario tra il capo dell’amministrazione e il singolo assessore (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 209/2007; T.A.R. Emilia Romagna, Parma, n. 111/2014).
Per i Giudici campani “nonostante il carattere ampiamente discrezionale che connota il provvedimento di revoca dell’incarico di assessore, in ogni caso l’amministrazione non può tuttavia omettere qualsivoglia riferimento alle ragioni logico – giuridiche del provvedimento di secondo grado, ostando alla diversa ermeneutica la natura del medesimo, siccome ascrivibile alla categoria degli atti amministrativi (e non degli atti politici), quindi soggetta all’obbligo di motivazione ex art. 3 della L. n. 241/1990″.
Viceversa, nel caso trattato dal TAR Campano, il ricorrente Comune di Napoli non ha assolto all’obbligo di legge in quanto il provvedimento non dà conto del percorso motivazionale della revoca, limitandosi a riportare una elencazione di articoli (35 e 52) del Regolamento delle Municipalità la cui concreta pertinenza nel caso di specie è stata contestata dalla difesa di parte ricorrente la cui censura è stata accolta dai giudici per difetto di motivazione, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
La portata caducatoria della pronuncia conduce alla reintegrazione della ricorrente (ex assessore) nell’incarico precedentemente ricoperto con conseguente reiezione della domanda risarcitoria per danni patrimoniali discendenti dall’avversata azione amministrativa.
Il provvedimento di revoca dell’incarico di assessore ha carattere discrezionale ed è sottoposto soltanto ad un obbligo di necessaria motivata comunicazione al Consiglio Comunale dei motivi che ne costituiscono il fondamento il quale potrebbe eventualmente opporsi alla scelta oppure, sempre lo stesso, potrebbe revocare la fiducia all’esecutivo per il venir meno del rapporto di fiducia fra il Sindaco e la Giunta nella sua parte o interezza.
Il pur ampio potere del Sindaco di revocare un componente della Giunta, purché ci siano sufficienti motivazioni di opportunità politica poste alla base della scelta e si rivelino immuni da irragionevolezza, non può trasmodare in una prerogativa arbitraria insindacabile. Opinando in tal senso, si rischierebbe di trasmodare in un eccesso di potere e ricorrere allo strumento della revoca ogni qualvolta si renda necessario adombrare “personalità politiche (divenute) scomode”.
È indubitabile, altresì, come la revoca illegittima dalla carica politica costituisca per l’assessore fonte di un danno patrimoniale e, alla luce delle più recenti pronunce della giurisprudenza, anche di natura non patrimoniale (danno d’immagine).
Insomma gli Assessori del Comune di Verona più volte nominati negli ultimi mesi – Ilaria Segala, Edi Maria Neri , Francesca Briani, – come in “uscita” (leggasi permuta) o in fase di “cambio deleghe” hanno tutti gli strumenti per resistere. Volendolo.
Alberto Speciale