Il referendum sull’autonomia del Veneto sembra non riguardare Verona e se proprio l’argomento non si può evitare, i politici scaligeri addormentano il gioco, affogano il dibattito nella melina. A Padova, a Treviso, a Venezia l’argomento è di attualità quotidiana, ma nella città di Giulietta si pensa ad altro; eppure Luca Zaia non ne ha il copyright, perchè il via libera che ha dato la Corte Costituzionale, affermando che il referendum consultivo regionale è un momento di raccordo tra la democrazia diretta e le istituzioni rappresentative, ci riguarda tutti. Non solo la parte politica che il Presidente della Regione rappresenta. A prescindere dalla paternità, c’è chi sostiene che sono soldi buttati, perché tanto poi bisognerà negoziare con lo Stato ed il negoziato lo si poteva avviare senza bisogno di ricorrere alle urne, per chiamare a raccolta la gente veneta. Infatti l’articolo 5 della Costituzione afferma che l’autonomia è un valore ed anche uno strumento per rafforzare l’unità del Paese. Non a caso le autonomie speciali sono il frutto di un tentativo di tenere legati alcuni territori alla nazione. Come può essere ascoltata la domanda di autonomia del Veneto, di maggiore giustizia scale e territoriale che il Veneto da decenni chiede, se non attraverso anche un’evidenza forte di volontà popolare che lo testimonia? Ma se non avessimo il referendum consultivo, si tratterebbe dell’ennesima procedura, quasi burocratica, tra un governo regionale e il governo nazionale. Comunque il referendum è un bel regalo a Zaia, aggiungono altri, ma la Corte costituzionale non ha dato a Zaia uno strumento di propaganda o plebiscito; ha dato al popolo veneto uno strumento di democrazia diretta per spingere e dare forza politica ad una azione che deve avere obiettivi chiari e non demagogici. Fino ad oggi, in realtà, il presidente Zaia si sta comportando in modo istituzionalmente corretto e non sta cavalcando questo referendum come fosse suo, ma sta continuando a dire che è uno strumento dato dalla Corte ai veneti, si spera che continui anche nell’approssimarsi della data di chiamata alle urne.
Ad oggi i contrari, pochi per la verità, all’iniziativa referendaria portano due obiezioni contradditorie. La prima: che è un quesito inutile, banale, non cambia nulla, sono soldi buttati. La seconda, che è un atto eversivo, che potrebbe far saltare gli equilibri nazionali… Si mettano d’accordo: o è banale o è pericoloso. È pericoloso per chi vuole mantenere l’attuale iniquità, la poca trasparenza, l’inefficienza della pubblica amministrazione statale e periferica.
Le richieste di autonomia, sono presenti molti settori della società civile che non si avvicinano ai partiti, ma l’aspirazione è ampiamente diffusa. C’è bisogno di intelligenza, di competenza, di risorse che si mettano in gioco per misurarsi con il governo nazionale, di qualunque colore sia. E se ci saranno risultati positivi, lo saranno per tutti e a quel punto allora il percorso continuerà con un’altra competenza, con un altro pezzo di fiscalità che deve rimanere sul territorio. Un passo continuo alla volta, così come hanno fatto e fanno Trento e Bolzano, che ancora contrattano competenze e risorse. E’ un’esigenza che parte dai territori, che sono diventati determinanti anche nello sviluppo economico, dove si andranno a sperimentare nuove politiche pubbliche, semplificazione amministrativa, ulteriore efficienza e qualità dei servizi, partendo dai bisogni della sanità, della scuola, per poi estenderle al resto del paese. Parliamo di un processo che durerà anni, ma che ormai diventa assolutamente necessario e non dilazionabile; anche i veronesi, soprattutto i candidati alla poltrona di sindaco, dovranno tenerne conto e spiegare ai cittadini come intendono interpretare concretamente questo passaggio.