Questo dovrebbe essere il testo del quesito sul quale ci esprimeremo, probabilmente la terza o quarta domenica del prossimo mese di novembre: “Approvate il testo della Legge Costituzionale concernente “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”, approvata dal Senato della Repubblica, in seconda deliberazione, nella seduta del 20 gennaio 2016, e dalla Camera dei deputati, in seconda deliberazione, nella seduta del 12 aprile 2016, il cui testo è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – serie generale – n. 88 del 15 aprile 2016?”
La riforma si prefigge quindi :
– il superamento del bicameralismo paritario
– la riduzione del numero di parlamentari
– il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni
– la soppressione del CNEL
– la revisione del titolo V parte II della Costituzione (sui rapporti tra Stato e Regioni e l’eliminazione delle Province).
I cittadini sono chiamati a pronunciarsi sulla legge di riforma costituzionale. Il referendum non ha per oggetto la legge elettorale la quale è legge ordinaria dello Stato e può essere modificata in qualsiasi momento dal Parlamento con le maggioranze richieste dalla legge.
La riforma non modifica il regime parlamentare. Il Governo deve avere la fiducia della sola Camera dei Deputati e non quella del Senato. Ma la riforma non trasforma la legittimazione dell’esecutivo in una legittimazione direttamente popolare. Sarà sempre il Parlamento a dare la fiducia, non il voto popolare.
La legge di riforma costituzionale riguarda formalmente 47 articoli, ma nella sostanza ne modifica solo 6:
– l’articolo 55 sulla composizione del Parlamento – l’articolo 57 sul Senato – l’articolo 70 sulla funzione legislativa – l’articolo 94 sulla fiducia di Governo – l’articolo 114 sulle Province – l’articolo 117 sulle competenze legislative delle Regioni
Le altre modifiche sono essenzialmente lessicali o consequenziali alla modifica dei predetti articoli. La riforma contiene anche altre disposizioni importanti come la soppressione del CNEL e della garanzia costituzionale delle Province.
Inoltre la legge contiene una previsione secondo la quale il governo può chiedere la priorità per l’approvazione di disegni di legge, con il vincolo temporale di 70 giorni. Ci eviterà il gran numero di decreti leggi, che poi il Parlamento deve ratificare, rendendo più spedita l’azione legislativa.
1) Il cuore della riforma è dato dal superamento del bicameralismo paritario, caratteristica dell’attuale assetto istituzionale, (superamento di cui si è avvertita l’esigenza di modifica sin dal 1948, all’indomani dell’entrata in vigore della Carta Costituzionale) ottenuto con l’introduzione di un monocameralismo temperato (o bicameralismo imperfetto) ossia dal fatto che il Senato viene modificato nella struttura e nei compiti. Il Senato assume la principale funzione di rappresentare le istituzioni territoriali ed ha funzione di raccordo tra lo Stato e gli altri enti della Repubblica. Inoltre gli spetta una attività di valutazione delle politiche pubbliche e dell’attività delle amministrazioni pubbliche.
L’attività legislativa viene demandata alla Camera dei Deputati fata eccezione per alcune materie (leggi di sistema o di garanzia, leggi relative al Senato, leggi sull’ordinamento territoriale). Per alcune materie (tra cui le leggi in materia di bilancio) viene introdotta la cosiddetta “clausola di supremazia” (se Senato adotta modifiche a maggioranza assoluta, esse sono superabili dalla camera solo a maggioranza assoluta) che prevedono anche tempi ridotti per la loro approvazione. Il numero dei Senatori viene ridotto da 315 a 100, di cui 95 eletti dai Consigli Regionali fra i loro stessi componenti e fra i Sindaci dei propri territori e 5 di nomina Presidenziale e non ricevono alcuna indennità per l’esercizio del loro mandato. La Camera dei Deputati rimane l’unico organo ad esercitare la funzione di indirizzo politico e controllo sull’operato del Governo, verso il quale rimane titolare del rapporto di fiducia. La modifica della composizione e delle funzioni del Senato comporta necessariamente la modifica del meccanismo di elezione del Presidente della Repubblica (con un aumento del quorum) e di nomina dei giudici della Corte Costituzionale in quota al Parlamento (non più in seduta comune ma tre scelti dalla Camera e 2 dal Senato). 2) Viene ridisegnato il regionalismo sulla base di quello che era il testo originario della Costituzione, modificato nel 2001 con spostamento dell’asse a favore delle Regioni, e della giurisprudenza della Corte Costituzionale che si è formata negli ultimi 15 anni. Viene soppressa la funzione di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, riconducendo molti compiti nelle mani dello Stato (come ad esempio in materia di politiche attive del lavoro, concorrenza, infrastrutture strategiche). Il potere di emanare norme generali e comuni è attribuito allo Stato, la parte residua alle Regioni.
3) Viene rimosso dalla Carta Costituzionale del riferimento alle Province.
4) Viene eliminato il CNEL.
5) Ulteriori modifiche riguardano il procedimento legislativo (esame disegni leggi è avviato dalla Camera che dopo l’approvazione trasmette il testo al Senato. Se il Senato decide di esaminarlo può proporre modifiche al testo e la Camera può scegliere se accoglierle con l’introduzione di specifici termini per singole fasi. Inoltre il Governo può chiedere il “voto a data certa” – votazione entro 70 gionri – per assicurare una corsia preferenziale ai disegni di legge essenziali per l’attuazione del suo programma), l’uso della decretazione d’urgenza ed il meccanismo del referendum popolare (introdotto referendum propositivo, abbassato il quorum per la validità del referendum abrogativo: se richiesto da almeno 800.000 firmatari il quorum è fissato alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni politiche, aumentato a 150.000 il numero di firme necessarie alla presentazione di un progetto di iniziativa popolare con l’introduzione di garanzie per assicurarne l’esame e l’effettiva decisione parlamentare).
Perché cambiare?
Il governo Renzi è il 73° governo della Repubblica Italiana. La Germania nello stesso periodo ne ha avuti 24! La riforma non stabilizza i governi, evita solo che questi siano in balia di maggioranze asimmetriche nelle due Camere e pone le premesse perché essi operino con maggiore speditezza, dovendo dar conto del loro operato ad un solo ramo del parlamento. La funzione di garanzia e contrappeso alla asserita potenziale tirannide di una maggioranza governativa, tradizionalmente svolta dal bicameralismo, viene oggi svolta dalle Regioni e dall’Unione Europea, titolari di un potere legislativo proprio, e a cui lo Stato Italiano deve rispondere. Questi fattori di condizionamento a livello nazionale ed europeo creano contrappesi più efficaci della funzione di ridondanza del bicameralismo.
Donatella Fanini