Rapporto umanitario UNICEF 2018: è ancora emergenza bambini

 
 
Il mondo sta diventando un posto sempre più pericoloso per tanti bambini: circa uno su quattro vive attualmente in un paese colpito da un conflitto o da un disastro naturale.
Per troppi bambini, la quotidianità è diventata un incubo. L’UNICEF lancia, attraverso il suo Rapporto sull’intervento umanitario 2018 (Humanitarian Action Report), un appello da 3,6 miliardi di dollari per garantire nell’anno 2018 assistenza umanitaria a 48 milioni di bambini in 51 Stati attraversati da gravi crisi umanitarie (conflitti, disastri naturali, epidemie o emergenze di altra natura).
I conflitti stanno portando i bisogni umanitari a livelli critici, con nuove ondate di violenza, sfollamento e stravolgimento delle vite dei bambini e i bambini sono i soggetti più vulnerabili. Ci sono guerre che (nonostante l’ONU) perdurano da anni, come quelle attualmente in corso in Siria, la Repubblica Democratica del Congo, l’Iraq, la Nigeria, il Sud Sudan e lo Yemen.
Le parti in conflitto non stanno dimostrando alcun interesse per la vita dei bambini i quali non solo sono sotto attacco, ma vengono negati loro anche i servizi di base come scuole e ospedali, mentre le infrastrutture civili vengono danneggiate o distrutte. Basti pensare al conflitto in Siria, entrato nel 2018 nel suo ottavo anno di guerra, in cui nei primi due mesi del 2018, risultano uccisi o gravemente feriti circa mille bambini e ragazzi nelle aree poste sotto assedio, come la Ghouta orientale.
Alberto Speciale

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Per scaricare “Siria, 7 anni di guerra: l’intervento umanitario dell’UNICEF in numeri” clicca qui

 

 
 
Alberto Speciale
Classe 1964. Ariete. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa, amante della trasparenza con un interesse appassionato, inesauribile, sfacciato, per i fatti degli uomini. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. "Sono responsabile di quel che scrivo non di quel che viene capito"

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