Richiami forti, rigorosi e a tratti “imbarazzanti” quelli deliberati dalla Corte dei Conti – Sezione Regionale di Controllo per il Veneto dopo l’analisi del rendiconto 2015 e del bilancio di previsione 2016-2018 della Provincia di Verona il cui testo è stato depositato ieri 7 gennaio.
Ricordiamo che l’esercizio 2015 segna il definitivo passaggio alla contabilità armonizzata ed è stato inoltre l’ultimo esercizio di applicazione del Patto di stabilità interno, superato dalla nuova disciplina sul pareggio di bilancio introdotta dalla Legge Cost. 1/2012 a cui è stata data attuazione con la Legge 243/2012.
La Corte dei conti è chiamata a vigilare sul corretto e uniforme passaggio alle accennate nuove regole contabili da parte degli Enti.
Nell’Adunanza del 27 settembre 2018 la Corte dei Conti – Sezione Regionale di Controllo per il Veneto – (Deliberazione n. 2/2019/PRSP/Provincia di Verona, depositata il 7 gennaio 2019) ha analizzato il conto consuntivo 2015 ed il bilancio di previsione 2016-2018 della Provincia di Verona evidenziando una serie di criticità nei periodi finanziari di riferimento oggetto di rilievo
Lo scrutinio della situazione finanziaria della Provincia ha richiesto in particolare uno specifico approfondimento istruttorio, sfociato in apposita richiesta per le vie brevi del 2 agosto 2018. I rilievi formulati s’incentravano prevalentemente sulle criticità riguardanti:
- l’auto dichiarazione di violazione del patto di stabilità interno 2015,
- il risultato negativo della gestione,
- l’incongruenza del Fondo pluriennale vincolato (FPV) d’entrata parte corrente rispetto al valore da riaccertamento straordinario dei residui,
- violazione dei parametri di deficitarietà 1 e 8,
- assenza di fondi vincolati di cassa a fine esercizio e incongruenza del saldo finale di cassa con il valore iscritto nel conto del patrimonio e i certificati consuntivi in Finanza Locale,
- il flusso negativo di un derivato,
- la tardiva approvazione sia del rendiconto sia del preventivo.
Va sottolineato che la Provincia di Verona era stata destinataria di apposita pronuncia per l’esercizio 2014 (Deliberazione n. 89/2017/PRSE) in cui la Sezione aveva proceduto ad accertare lo sforamento di un parametro ministeriale e una carenza della governance nei confronti degli organismi partecipati dall’Ente.
Il Collegio evidenzia anche che le criticità riscontrate, che vanno attentamente vagliate nella gestione del bilancio degli esercizi futuri, non sono venute meno a seguito della valutazione delle argomentazioni fornite dall’ente in sede di risposta istruttoria, testimoniano della necessità di operare uno sforzo supplementare sul versante gestionale da parte dell’Ente volto a declinare in modo appropriato le esigenze sottese alla corretta applicazione dei principi contabili in chiave di tutela degli equilibri di bilancio.
In ogni caso, le risultanze istruttorie restituiscono un quadro complessivo caratterizzato da una potenziale compromissione in atto degli equilibri di bilancio presidiati dall’art. 81 della Costituzione.
Emerge, in primo luogo, che la Provincia non ha rispettato il patto di stabilità interno per l’anno 2015. Si rileva, infatti, che non sono stati rispettati gli obiettivi programmatici del patto di stabilità interno 2015 previsti dall’art. 31 della Legge 183/2011, con una differenza tra il saldo finanziario e l’obiettivo programmatico pari a –23.036 milioni di euro.
Prevedibili le sanzioni conseguenti alla mancata osservanza del patto applicabili nell’anno successivo a quello in cui è stato accertato il mancato rispetto. Non a caso, forse, dalle verifiche operate dalla Sezione emerge che l’Ente ha proceduto all’auto applicazione nell’esercizio 2016 dell’unica sanzione applicabile di fatto alla fattispecie concreta, sussistente nel non superamento degli impegni di competenza della spesa corrente a rendiconto 2016 rispetto alla media dei medesimi impegni del triennio 2013-2015, sempre a rendiconto (rispettivamente, pari a 65.187.378,68 e a 67.509.199,26 euro).
L’irregolarità, per la Corte, è stata indicata dalla Corte come potenzialmente un fattore di rischio foriera di futuri pregiudizi, per il mantenimento degli equilibri di bilancio futuri della Provincia di Verona e più in generale per una sana gestione.
Nel corso dell’istruttoria emergeva inoltre la tardiva approvazione sia del rendiconto di gestione dell’esercizio 2015, avvenuta il 18 maggio 2016 (con deliberazione consiliare n. 17) oltre il termine legale perentorio del 30/04/2016, sia del bilancio preventivo 2016-2018, avvenuta il 07/09/2016 (con deliberazione consiliare n. 33) oltre il termine legale perentorio così come successivamente differito al 31 luglio 2016.
Molte e varie, alcune di rilievo, le motivazioni addotte dalla Provincia a suffragio della tardiva approvazione dei documenti: “(…) eccessiva entità delle somme dovute in restituzione al Ministero dell’Interno in applicazione delle diverse norme di finanza pubblica che si sono succedute…,(…) il software di sistema in uso ha palesato rilevanti limitazioni tecniche che hanno comportato tempi di elaborazione significativamente prolungati e non preventivabili a priori, (…) ma che non hanno convinto i giudici. I quali infatti ricordano nella delibera che la mancata approvazione del rendiconto entro il termine del 30 aprile causa ora, in virtù dell’articolo 227, comma 2 bis (introdotto dal D.L. n. 174 del 10 ottobre 2012) del D.Lgs. 267/2000, l’attivazione della procedura prevista dal comma 2 dell’articolo 141 del TUEL.
La Sezione rammenta anche che è previsto il divieto per gli Enti territoriali di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, in caso di mancato rispetto dei termini per l’approvazione di determinati documenti contabili (quali il bilancio di previsione e il rendiconto).
Tale disposizione sanziona gli enti inadempienti con un “blocco” delle rispettive risorse, le quali, nell’arco temporale che si dispiega dalla scadenza dei termini per l’approvazione dei documenti contabili fondamentali indicati dal legislatore e fino al momento dell’approvazione “tardiva”, non possono essere impiegate, neppure per spese afferenti al reclutamento di personale (come nel caso della stipula dei contratti di servizio onerosi con soggetti privati). La Sezione si riserva di effettuare ulteriori controlli, anche in sede di esame dei rendiconti successivi, per la verifica della corretta applicazione dei principi più sopra enunciati.
Dall’esame istruttorio emerge una ulteriore violazione dei principi contabili in quanto è risultato che l’Ente, nel 2015, non presentava alcuna giacenza vincolata, in apparente difformità da quanto previsto dal principio applicato della contabilità finanziaria. Il Collegio rileva che le spiegazioni sul punto fornite dall’Ente, che sostanzialmente ha confermato quanto già certificato nel questionario, “non fanno venir meno le perplessità al riguardo.”
La Provincia ha auto dichiarato la violazione del parametro obiettivo (o deficitario) n. 8 con un risultato del 5,87% superiore alla soglia legale del 5%. A tal riguardo giova ricordare, a parziale giustificazione, che il 2015 è stato il primo anno in cui hanno operato i “tagli” di disponibilità finanziarie alle province previsti dalla Legge n. 190/2014 che è intervenuta “a gamba tesa” anticipando gli effetti finanziari del riordino istituzionale delle Province che avrebbero dovuto concretizzarsi in attuazione della legge Delrio ma che in concreto, nel corso dell’esercizio 2015 sono stati solo avviati, anche dalle regioni, Veneto compreso.
Lo squilibrio finanziario generato dal prelievo aggiuntivo di cui alla citata Legge n. 190/2014 ha posto la generalità delle province in difficoltà ad assicurare con mezzi ordinari l’equilibrio di parte corrente, con conseguente necessità di utilizzo dell’avanzo di amministrazione per il riequilibrio”.
Venendo, ora, all’esame dell’indebitamentola Corte rileva che nel 2015 l’Ente locale ha in essere quattro contratti derivati (swap di tipo collar), tre con Bnl (dei quali 2 con flussi positivi, uno con zero differenziale) e uno con Depfa Bank plc. Proprio quest’ultimo ha generato, nel corso dell’anno, differenziali negativi da pagare, pari ad euro 510.613,68 (nel 2014 era negativo per euro 494.149,57) con un market to market negativo pari a -2.111.894,86 euro.
I flussi negativi sono dovuti al posizionamento dell’indice di riferimento, cioè al parametro monetario al quale gli stessi sono ancorati (euribor 6 mesi ormai con valore negativo) costantemente al di sotto delle soglie fissate dal contratto stesso. Il parametro finanziario suddetto non è, quindi, più coerente con la realtà in quanto non è più in grado di misurare il costo del denaro. Ora il costo del denaro è misurato dallo spread.
Il Collegio evidenzia che vi sono una serie di elementi di criticità palesati ed emersi in sede di analisi ricognitiva del fenomeno la cui compresenza appare quale indice di allarme circa la rispondenza dell’operazione posta in essere ai canoni di sana gestione finanziaria (Sezioni Riunite in sede di controllo – Indagine conoscitiva sull’utilizzo e la diffusione degli strumenti di finanza derivata e delle cartolarizzazioni nelle pubbliche amministrazioni – Senato della Repubblica 6ª Commissione – Finanze e tesoro – 18 febbraio 2009). Dette criticità, vengono di seguito sintetizzate:
– violazione dell’obbligo di scelta del contraente tramite procedura selettiva per ricorso all’individuazione diretta dell’intermediario finanziario sia in sede di prima negoziazione, che in sede di ristrutturazione del debito;
– mancanza di procedura pubblica per selezione di advisor adeguati qualora l’ente non disponga al suo interno di sufficienti conoscenze in ordine ai mercati finanziari ed alle possibili modalità di svolgimento di operazioni finanziarie particolarmente complesse;
– mancanza di scelta dell’Organo meglio deputato ad assumere le determinazioni, in relazione alla rilevanza ed importanza degli impegni contrattuali (il Consiglio Provinciale), quale espressione del consenso generale, sia pur in assenza di norme cogenti al riguardo;
– imprudenza nella prestazione del consenso all’inserimento di clausole che prevedono la sottoposizione del contratto ad una legge e ad una giurisdizione diversa da quella italiana;
– inopportuna previsione di clausole che prevedono il rilascio da parte dell’ente pubblico di una specifica forma di garanzia in favore dell’intermediario finanziario riconducibile, alla delegazione di pagamento che prevede in modo tassativo che la stessa possa essere rilasciata solo in relazione ad alcune specifiche operazioni di indebitamento;
– inopportuna rinegoziazione entro un periodo eccessivamente breve dall’esecuzione del contratto, che espone ad un’insufficiente analisi delle caratteristiche finanziarie e giuridiche originarie, in più determinandosi l’assorbimento del valore negativo relativo al precedente contratto nel nuovo rapporto, come regolazione extrabilancio e grave irregolarità;
– errori e gravi imprudenze nell’allocazione del bilancio: gli enti locali possono stipulare swap su tassi d’interesse con la sola finalità di copertura dell’esposizione debitoria dalla possibile variazione delle condizioni di mercato. Gli eventuali proventi a favore devono essere vincolati a spese d’investimento o essere accantonati in fondi rischi per altrettanti futuri sviluppi del contratto;
– superficialità nell’accertamento della convenienza economica che deve essere valutata in relazione alle conoscenze e cognizioni acquisite dalle parti al momento della conclusione del contratto; un’analisi completa degli aspetti finanziari non può prescindere dalla verifica delle curve forward dei tassi di interesse che sicuramente l’intermediario finanziario ha attentamente valutato prima di addivenire alla conclusione del contratto. I flussi di segno più o meno per l’Ente sono plusvalenze o minusvalenze, nel secondo caso in uscita dovrà essere previsto un apposito stanziamento, da imputare a spese correnti;
– uso improprio di anticipazioni up front (premio di liquidità): si tratta delle clausole contrattuali, presenti in molti contratti, che prevedono che l’intermediario versi all’Ente pubblico un importo, quale anticipazione attualizzata degli interessi dovuti all’ente. Quest’importo non può essere utilizzato per finanziare la spesa corrente ma solo quella d’investimento, con costituzione di un fondo rischi per futuri pagamenti. La Corte, in più occasioni, ha avvertito gli enti che l’up front deve essere incluso nelle forme di ricorso al mercato finanziario a sostegno degli investimenti. In pratica, si è di fronte ad un’operazione che è sostanzialmente di mutuo, che comporta un tasso o uno spread che attualizza il premio corrisposto in via anticipata dalla banca all’ente.
In relazione alle sopra evidenziate criticità che possono determinare preoccupanti ricadute sulla sana gestione finanziaria dell’ente in termini di oneri conseguenti a contratti per derivati in essere, la Corte dei Conti invita l’Amministrazione Provinciale di Verona a seguire con particolare attenzione l’andamento di detti strumenti e, se del caso, adottare le opportune misure correttive.
Nell’evidenza di quanto sopra la Corte dei Conti – Sezione Regionale di Controllo per il Veneto – nel concludere l’esame sulla documentazione inerente al Rendiconto per l’esercizio 2015 e al Bilancio di Previsione 2016-2018 della Provincia di Verona:
– richiama la Provincia di Verona alla puntuale e rigorosa osservanza dei principi in tema di armonizzazione contabile, che, funzionali al rispetto degli equilibri di bilancio presidiati dall’art. 81 Cost., sono vulnerati – nella gestione risultante dall’esame sulla documentazione inerente al Rendiconto per l’esercizio 2015 e al Bilancio di Previsione 2016-2018 svolto da questa Sezione – dalla violazione auto dichiarata del patto di stabilità interno 2015, dal risultato negativo di gestione, dalla mancata costituzione delle giacenze di cassa vincolata, dall’avvenuto sforamento del parametro di deficitarietà n. 8 e dal flusso negativo di un contratto derivato;
– accerta la tardiva approvazione sia del rendiconto che del bilancio preventivo;
– rileva, per l’effetto, una potenziale compromissione in atto degli equilibri di bilancio, testimoniata in particolare dai sopra indicati fattori di criticità;
– rammenta l’obbligo di pubblicazione della pronuncia ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs 14 marzo 2013, n. 33.
Alberto Speciale