Preoccupazione sulla Legge di Bilancio che taglia quattro milioni a Verona

 
 

Lo Spi Cgil Verona esprime viva preoccupazione per i tagli previsti dalla Legge di Bilancio per il 2025 a danno degli enti locali. Per il Comune di Verona i conteggi parlano di 4 milioni di euro in meno nel prossimo triennio, a cui vanno aggiunti i 3,4 milioni già decurtati per il triennio 2023-2024. Senza contare la cancellazione dei sostegni agli affitti e all’abitare operata l’anno scorso.

“Per quanto le amministrazioni locali possano cercare di correre al riparo con aggiustamenti e ottimizzazioni del bilancio – fa sapere Adriano Filice, Segretario generale Spi Cgil Verona – sono inevitabili tagli a cominciare dalle mancate assunzioni. Noi dello Spi, pur valutando positivamente che il Comune di Verona confermi gli impegni di bilancio sulle politiche sociali senza effettuare tagli, siamo preoccupati per le prospettive dei prossimi anni che necessitano di maggiori investimenti sul sociale. Oggi più di ieri e’ necessaria un rafforzamento dei servizi e politiche per gli anziani e altre categorie dei fragili, perché le scelte del governo sugli enti locali ricadranno sui cittadini e sulle fasce più fragili della società.

Questi tagli cadono infatti proprio nel momento in cui sarebbe indispensabile una fase espansiva del welfare locale, in grado di aggredire le macroscopiche tare che il periodo di pandemia ha messo a nudo, a partire dai posti insufficienti negli asili nido e nei servizi per la prima infanzia, che incidono negativamente sui tassi di attività lavorativa in particolare delle donne; sull’assistenza socio-sanitaria a disabili e anziani non autosufficienti che è il vero banco di prova della transizione demografica e della società che invecchia; nel soccorso necessario alle persone cadute in povertà economica, sociale, educativa, destinate ad aumentare di numero con l’incipiente crisi economica.

Noi denunciamo che, in una fase di grande difficoltà sociale che attraversa anche la nostra provincia, come mostrano i dati allarmanti sull’aumento della cassa integrazione, questi tagli avranno inevitabilmente in futuro  una ricaduta sui servizi dei comuni. La scelta  da parte del governo è quella di recuperare risorse sulla pelle dei più fragili.

Non sono soltanto i Comuni ad essere il bancomat del governo di turno: negli ultimi anni con la propaganda sulle pensioni alte sono state negate rivalutazioni dell’assegno pensionistico a milioni di pensionate e pensionati a partire da assegni di importo netto di 1.600 euro netti, non pensioni d’oro. Complessivamente la stretta sulla perequazione ha prodotto un risparmio per le casse dello Stato, con conseguente taglio sulle pensioni, di oltre 3,5 miliardi nell’anno 2023 e di oltre 6,8 miliardi nell’anno 2024. Per il decennio 2023/2032 il risparmio ammonta ad oltre 61 miliardi di euro.

Nel 2025 si tornerà al meccanismo di rivalutazione per scaglionisu un’inflazione che scenderà all’ 1,6%, vale a dire che resta la rivalutazione  piena al 100% per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo, per quelle superiori si riconosce il 90% (da 4 a 5 il trattamento minimo) e poi il 75%. Questa rivalutazione non recupera assolutamente il potere d’acquisto delle pensionate e dei pensionati che vedono la loro pensione sempre più debole rispetto a tutti i costi che devono affrontare.

WELFARE LOCALE. A Verona, come altrove, la spesa sociale degli enti locali è massimamente concentrata nei servizi educativi alla prima infanzia (40%) mentre col resto delle risorse si fatica a rincorrere le emergenze sociali riguardanti famiglie, minori, disabili, anziani, vittime di violenza.

BISOGNI SOCIALI. Il resoconto sociale dell’Inps di Verona, presentato di recente, certifica al 31.12.2023 la presenza sul territorio provinciale di 27.547 invalidi civili percettori di pensione o di indennità di accompagnamento, e di 5.561 beneficiari di pensione o assegno sociale. Queste 33.108 persone, che nella maggior parte dei casi deve cavarsela con un magro assegno mensile a fronte degli enormi costi di assistenza che devono sostenere, danno una prima approssimazione del bisogno.

PENSIONI POVERE. Bisogna inoltre tener conto che molte pensioni, anche da lavoro, sono di importo basso. Secondo i dati appena rilasciati dall’Inps nazionale per il 2023, sul territorio provinciale ci sono 81.334 pensionati il cui reddito annuo lordo non supera i 13.544 euro, vale a dire che l’assegno mensile non supera i mille euro mensili lordi, tredicesima compresa. Tale cifra comprende i pensionati da lavoro (provenienti sia dal privato che dal pubblico) e i beneficiari di prestazioni sociali. Sappiamo inoltre che le pensioni povere si annidano soprattutto tra le donne con un passato lavorativo nel settore privato. I pensionati Inps, compresi i dipendenti pubblici e i beneficiari di prestazioni sociali, a Verona sono 240.775.

TREND DEMOGRAFICO. L’Inps certifica inoltre per la provincia scaligera un saldo demografico tra nati e morti costantemente negativo a partire dal 2015, pari a 16.356 abitanti in meno, rafforzato da una emigrazione di 13.594 abitanti. Il saldo negativo è compensato soltanto dall’immigrazione di 46.757 persone sempre nel periodo 2015-2022.

PRECARIETÀ. Nel 2023 è risultato stabile soltanto 1 contratto di lavoro su 5 tra quelli nuovi attivati, il che rafforza anziché contrastare, il binomio indissolubile tra lavoro povero e un futuro pensionistico altrettanto povero. Per questo come Sindacato dei pensionati abbiamo tra le nostre  priorità il futuro dei giovani, per un lavoro sicuro e stabile che possa dare una sicurezza previdenziale che è possibile oggi, con il sistema contributivo, solo con salari dignitosi e stabilità occupazionale.

PENSIONATI BANCOMAT  DI STATO. Secondo uno studio congiunto Cgil e Spi Cgil nazionali, la perdita netta per i pensionati coinvolti dal taglio della rivalutazione degli assegni pensionistici è di 968 euro nel 2023-2024 per pensioni comprese tra i 1.732 euro  e i 2.2028 euro netti; di 3.571 euro per pensioni comprese tra i 2.029 e i 2.336 euro netti al mese; di 4.487 euro per pensioni di importo compreso tra i 2.337 e i 2.645 euro netti al mese; di 4.534 euro netti al mese per pensioni di importo uguale o superiore ai 2.646 euro netti al mese. Proiettando i tagli sull’attesa media di vita risultano perdite complessive per i pensionati comprese tra gli 8.772 euro e i 44.462 euro”.