“Perso il 50% delle stalle da latte in 10 anni. Proteggere nostro ‘arsenale’ nel mondo”

 
 

È SOS formaggi ‘Made in Italy‘, con una stalla italiana su due che in dieci anni ha chiuso i battenti: garantire un prezzo equo del latte significa salvare gli allevatori e, con loro, un patrimonio dell’agroalimentare nazionale che vanta 56 formaggi a denominazione di origine DOP e IGP e ben 503 specialità tradizionali regionali“.

Queste le preoccupanti prospettive tracciate dal presidente di Coldiretti Ettore Prandini in occasione dell’inaugurazione della Mostra Nazionale del Bovino da latte promossa da ANAFIBIJ nell’ambito della Fiera agricola e Zootecnica di Montichiari con il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli.

Il Veneto – commenta Coldiretti – fa la sua parte con una eccellenza casearia di assoluto pregio dato che il 60% di 10 milioni di quintali di latte prodotto è impiegato è impiegato per le pezze blasonate: ad esempio per il Grana Padano più di 4 milioni di quintali di latte, per l’Asiago quasi 2 milioni, altrettanto significativa è il quantità per il Montasio, il Piave, il Provolone Val Padana. Chiudono la classifica il Monte Veronese e la Casatella Trevigiana. Emblema della biodiversità l’imbriago al Raboso al Prosecco, il Morlacco e il Bastardo giusto per citare solo alcuni dei gioielli del tesoro inestimabile non solo dal punto di vista economico ma anche in termini di presidio del territorio dall’abbandono e difesa della tradizione rurale. Elementi distintivi che permettono all’Italia di raggiungere il record storico nelle esportazioni di formaggio grazie ad una aumento del 13% o che se il trend sarà mantenuto consentirà all’Italia di superare il valore di 3,5 miliardi nel 2021, secondo le proiezioni Coldiretti su dati ISTAT. Un record che riguarda anche le vendite in Francia dove la crescita è del 14% e i cugini d’oltralpe hanno addirittura acquistato quest’anno più mozzarella che camembert.

Battuta dunque la Francia in una sfida che – ricorda la Coldiretti – ha radici lontane se Charles De Gaulle si chiedeva come fosse possibile governare un Paese che ha più formaggi che giorni nel calendario. I formaggi Made in Italy piu’ esportati sono purtroppo anche quelli piu’ taroccati nel mondo dove le imitazioni del Parmigiano reggiano e del Grana Padano hanno superato addirittura i prodotti originali, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan, canadese e australiano e statunitense. Ma in tutti i continenti – continua la Coldiretti – sono diffuse brutte copie di tutti i principali formaggi italiani, dal provolone del Wisconsin alla mozzarella russa fino al pecorino con il latte di mucca che se fossero seriamente contrastate farebbe moltiplicare le esportazioni italiane”.
Il successo del Made in Italy è però oggi messo a rischio dal fatto che nel giro dell’ultimo decennio le stalle da latte in Italia sono quasi dimezzate da 50mila a 26mila, con effetti irreversibili sull’occupazione, sull’economia, sull’ambiente con il venir meno di una attività di presidio indispensabile contro il degrado. Quando una stalla chiude – ricorda la Coldiretti – si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado. In gioco c’è il futuro di un settore che vale 16 miliardi con 100mila occupati e – continua la Coldiretti – produce ogni anno oltre 12 milioni di tonnellate di litri di latte di mucca, dai quali nascono alcune delle specialità Made in Italy più note, ma anche veri e propri tesori della biodiversità molti dei quali salvati grazie alla rete dei mercati contadini di Campagna Amica.

“A causa del rilevante aumento dei costi di produzione e del rincaro delle materie prime e dei foraggi, le imprese di allevamento da latte sono allo stremo con compensi ormai da troppo tempo al di sotto dei costi di produzione e serve subito un patto di filiera tra allevatori, industrie e distribuzione per salvare il latte e le stalle italiane” conclude il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “è necessario che nei contratti di fornitura fra le industrie di trasformazione e gli allevatori siano concordati compensi equi che coprano almeno i costi per evitare il rischio di chiusura, come previsto dalla recente direttiva approvata dal Consiglio dei Ministri per combattere le pratiche sleali che abbiamo fortemente sostenuto”.

 
 

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