Oppioidi: uso appropriato in medicina

 
 

Venerdì 2 febbraio presso Lente Didattica, Aula De Sandre, dell’Ospedale di Borgo Roma, si terrà il convegno dal titolo: “Uso appropriato degli oppioidi e dei farmaci per la terapia del dolore”.
Responsabili scientifici: Fabio Lugoboni, Vittorio Schweiger, Stefano Tamburin.

L’abuso di farmaci oppioidi di prescrizione medica, i cosiddetti pain killer (PK) è divenuta un’epidemia negli Stati Uniti.

Nel 60% dei casi questi farmaci sono ottenuti con ricette mediche, il resto viene reperito ormai attraverso internet dove è sempre più facile ottenere farmaci. Ma quest’ultima è una conseguenza, non certo la causa.

Il problema è nato dalla penna dei medici. Una prima problematicità riguarda alcuni pazienti affetti da dolore cronico, con uso eccessivo di oppioidi di prescrizione. Un aspetto più preoccupante, segnalato dagli Stati Uniti, è la “tracimazione” dei PK dai pazienti affetti da dolore ai loro familiari, soprattutto agli adolescenti, con un incremento spaventoso dei casi di intossicazione acuta trattati dai Pronto Soccorso.

Un terzo fenomeno, non trascurabile, è la dipendenza “da rientro” che l’uso incauto di PK può causare negli ex-eroinomani usciti dai trattamenti. Sempre più giungono alla nostra attenzione pazienti, con un passato di tossicodipendenza ormai risolto da anni, dove l’uso, anche episodico, di un antidolorifico oppioide ha risvegliato craving ed indotto un abuso di PK.

Una riflessione sulla dipendenza è importantissima in quanto fenomeno destinato, a nostro giudizio, ad interessare in tempi brevi anche la nostra sanità. Questo problema, in America, è stato alimentato da un cambiamento, negli ultimi anni, nella filosofia del trattamento del dolore cronico, cosa che sta avvenendo da noi solo recentemente.

Oggi il trattamento antalgico fa parte, doverosamente, della responsabilità professionale di ogni medico. Il dolore acuto serve, ha una funzione di segnale; quello cronico non serve a nulla. Chi soffre cronicamente, soffre per niente. È il momento per ridare alla cannabis lo spazio che merita nella cura del dolore. Già molte regioni hanno reso accessibile la cannabis ad uso terapeutico.

È assurdo, per il resto del Paese, rinunciare ad un potente antidolorifico solo perché ha la “colpa” di essere anche una sostanza stupefacente. Il dolore è il più grande nemico dei malati, annienta la loro dignità, spegne la volontà di combattere la malattia. Il dolore va affrontato con ogni mezzo a nostra disposizione.

Però, c’è un però. Per i medici il trattamento del dolore paga, quello delle dipendenze no. Nel secondo caso, infatti, sarebbe necessario concentrarsi maggiormente su una corretta anamnesi, informazione e consulenza, entrambi approcci che richiedono tempo anche se eviterebbero al paziente, col senno di poi, problemi maggiori della malattia di base.

Anche nei casi dove si instaura una progressiva insensibilità ai PK, è più facile e remunerativo prescrivere un innalzamento delle dosi che diagnosticare e trattare la dipendenza. E’ doveroso precisare che non si sta parlando di pazienti oncologici con limitate aspettative di vita, che dovrebbero soffrire il meno possibile, a qualunque prezzo. Questi rappresentano non più del 30-40% degli assuntori di PK.

La maggior parte dei pazienti di cui si sta parlando sono soggetti affetti da dolore cronico (low back pain, fibromialgia, cefalea ecc.), con un’aspettativa di vita normale. La valutazione sul tipo di trattamento, quindi, dovrebbe essere frutto di una visione sul lungo periodo.

L’ obiettivo sarà raggiunto solo quando la Dipendenza sarà considerata una malattia dalla medicina e dalla società, perché solo allora essa sarà trattata come legittimo oggetto dell’attenzione clinica.

Già il reparto di Medicina delle Dipendenze dell’Ospedale di Borgo Roma ha visto quintuplicare tali richieste d’aiuto negli ultimi 2 anni.

E’ di cruciale importanza che la patologia “dipendenza da uso di sostanze” venga insegnata maggiormente nel corso di laurea e nelle scuole di specializzazione, al fine di portare ogni medico a riconoscere i pazienti a rischio di abuso (in cui usare con molta cautela i PK, o certi PK) ed i segni precoci da abuso per poter intervenire in tempo.

 
 
Davide Caldelli
Sono di Verona, nato il 15 gennaio, quindi Capricorno. Ho un temperamento deciso ma anche la giusta allegria per le origini senesi del nonno paterno. Ho una laurea magistrale in editoria e giornalismo conseguita con il massimo dei voti. Iscritto All’ODG del Veneto, nel tempo libero sono istruttore minibasket a Lugagnano. Scrivo per il Corriere dello Sport. Credo neello sport per tutti. Nel 2014 la mia passione mi ha portato a Sochi per seguire i Giochi Paralimpici Invernali. Amo il Teatro: Shakespeare in particolare. Mi piace il nuoto e quando posso vado in mountain bike. Sono sincero: dico sempre quello che penso. Sempre di corsa ma mi piace così.

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