Il 2025 si è aperto con una nuova raffica di aumenti delle rette anche nelle case di riposo veronesi. In molte strutture per non autosufficienti la quota alberghiera è stata infatti ritoccata al rialzo di 1 – 3,5 euro al giorno. Ciò comporta, per gli ospiti e le loro famiglie, un aggravio di spesa variabile tra i 360 ai 1.300 euro annui, che si aggiungono ai 23-26 mila euro annui che già pagavano. Bisogna sottolineare che tra fine 2022 e inizio 2023 si erano già registrati aumenti da un minimo di 5 a un massimo di 10-15 euro al giorno (almeno 2 mila euro all’anno in più).
Anche questa volta i rincari sono in parte motivati dal costo dell’energia, a cui ora si aggiunge anche il tema rinnovi contrattuali del personale. Va tuttavia ricordato che dal primo gennaio 2025 è entrata in vigore la sperimentazione del “finanziamento a budget” dei Centri Servizi, decisa lo scorso maggio dalla Regione Veneto, la quale ha differenziato ulteriormente l’offerta lasciando tuttavia sostanzialmente inalterata la compartecipazione pubblica alle cure, che si esplica attraverso la quota sanitaria, di base ferma a 52 euro al giorno, incrementabile di un 10% per le strutture che assicurano l’accoglienza dei pazienti affetti da malattie neurodegenerative.
Per l’ennesima volta le problematiche economiche delle strutture vengono scaricate sulle persone ricoverate e sulle loro famiglie.
Nel Veneto la retta media a carico delle famiglie nelle case di riposo per non autosufficienti si aggira sui 2.200 euro al mese. La cifra varia a seconda della posizione, della sistemazione e dei servizi offerti. La media di ricovero senza impegnativa in una struttura è di 87,83 al giorno, con tariffe che vanno da 71,00 a 135,20 euro al giorno. La media giornaliera con impegnativa regionale è di 63,87 euro (prezzi da 51,00 a 95,70 euro). Una famiglia può arrivare a pagare in caso di assoluta necessità anche 4.000,00 euro al mese.
“Sarebbe utile che il Comune di Verona, unitariamente con l’Ulss, 9 si decidesse a convocare l’Osservatorio sulle Case di Riposo per un confronto urgente sulla condizione delle case di riposo della provincia e per affrontare le problematiche delle persone ricoverate, delle loro famiglie e di tutte quelle persone non autosufficienti che aspettano un ricovero. Migliaia di famiglie veronesi si trovano in un vicolo cieco che non consente più di sostenere i costi dell’assistenza per i propri anziani non autosufficienti” precisa Adriano Filice, Segretario Generale Spi Cgil Verona. “Sia che si opti per la casa di riposo, sia che si consideri la strada dell’assistenza domiciliare attraverso una figura professionale, in entrambi i casi i costi sono diventati proibitivi”.
“Le rette ricadono sulle spalle dei famigliari, le cui casse, a salari fermi e con una inflazione ancora capace di pungere soprattutto sui beni energetici e sui beni alimentari, vengono prosciugate – continua Filice –. E’ pertanto giusto e necessario che quando ci si trovi in presenza di casi gravi per i quali l’assistenza sanitaria è largamente prevalente rispetto all’assistenza socio-sanitaria, a farsi carico delle cure delle persone gravi sia il pubblico. Non ci stancheremo mai di ripetere che l’invecchiamento della popolazione è un fatto sociale che riguarda la collettività e come tale non può essere scaricato soltanto sulle spalle delle famiglie dove sono presenti anziani non autosufficienti”.
“Non ci si rende forse conto che la situazione di crisi delle famiglie sta precludendo l’accesso al mercato del lavoro a giovani e donne che, nel tentativo di far quadrare il bilancio familiare, si dedicano sempre di più a lavori non retribuiti di cura, ponendo così un serio ostacolo allo sviluppo del Paese e del territorio, che hanno bisogno delle energie di tutti”.
“Un pesante e decisivo intervento di finanza pubblica nella cura degli anziani è dovuto anche nei confronti delle case di riposo che funzionano come piccoli ospedali al costo di 52 euro al giorno per paziente in luogo dei 600 euro al giorno di un posto letto ospedaliero. In quasi tutte le case di riposo per non autosufficienti vi sono anziani che arrivano ad una condizione ormai di fine vita ma questa condizione non viene riconosciuta con una adeguato riscontro da parte della Regione. La riorganizzazione della Regione porta inoltre a chiudere anche le sezioni di Alta Protezione Alzheimer che ricevevano 92,00 euro al giorno per paziente”.
“Non possiamo più permetterci passi indietro nella cura degli anziani” conclude Filice. “E’ urgente, necessario e improrogabile affrontare questa vera e propria emergenza che chiama tutti i soggetti istituzionali a fare la propria parte, a cominciare da una serio impegno a livello nazionale nel dare gambe alla Riforma sull’Invecchiamento che non trova certo riposta nella cosiddetta Prestazione universale entrata in vigore a gennaio, che tutto è fuorché universale”.