Un grande romanzo, un grande film. Indiscutibilmente. Martedì 13 febbraio alle 20.45 (con repliche fino al 18) la trentaduesima edizione della rassegna “Il grande teatro” porta in scena la prima versione teatrale di “Il nome della rosa” di Umberto Eco, firmata da Stefano Massini, uno degli autori più apprezzati in Italia e all’estero, autore di Lehman Trilogy, con produzione del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, del Teatro Stabile di Genova e
del Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, regia e adattamento di Leo Muscato.
Il libro di Eco, tradotto in quarantasette lingue, vinse il premio Strega nel 1981 e
la sua versione cinematografica, diretta da Jean-Jacques Annaud nel 1986 con
protagonista Sean Connery, ebbe un successo enorme, intatto ad oggi nella sua trasposizione.
Il regista Muscato ha trovato nel romanzo una sfida appassionante e, nei suoi
appunti per una messa in scena, scrive: «Dietro a un racconto avvincente e trascinante, il
romanzo di Umberto Eco nasconde una storia dagli infiniti livelli di lettura; un incrocio di
segni dove ognuno ne nasconde un altro. La struttura stessa del romanzo è di forte matrice
teatrale. Vi è un prologo, una scansione temporale in sette giorni, e la suddivisione di ogni
singola giornata in otto capitoli, che corrispondono alle ore liturgiche del convento
(Mattutino, Laudi, Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespri, Compieta). Ogni capitolo è introdotto
da un sottotitolo utile a orientare il lettore, che in questo modo sa già cosa accade prima
ancora di leggerlo; quindi la sua attenzione non è focalizzata da cosa accadrà, ma dal come.
Questa modalità, a noi teatranti ricorda i cartelli di brechtiana memoria e lo straniamento che ha caratterizzato la sua drammaturgia. La scena si apre sul finire del XIV secolo. Un vecchio frate benedettino, Adso da Melk, è intento a scrivere delle memorie in cui narra alcuni terribili avvenimenti di cui è stato testimone in gioventù. Nel nostro spettacolo, questo io narrante diventa una figura quasi kantoriana, sempre presente in scena, in stretta relazione con i fatti che lui stesso racconta, accaduti molti anni prima in un’abbazia dell’Italia settentrionale.
Sotto i suoi (e i nostri) occhi si materializza un se stesso giovane, poco più che adolescente,
intento a seguire gli insegnamenti di un dotto frate francescano, che nel passato era stato
anche inquisitore: Guglielmo da Baskerville. Siamo nel momento culminante della lotta tra
Chiesa e Impero, che travaglia l’Europa da diversi secoli e Guglielmo da Baskerville è stato
chiamato per compiere una missione, il cui fine ultimo sembra ignoto anche a lui. Su uno
sfondo storico-politico-teologico, si dipana un racconto dal ritmo serrato in cui l’azione
principale sembra essere la risoluzione di un giallo. Conosciamo altri memorabili personaggi
usciti dalla penna di Eco, alcuni inventati, altri realmente esistiti: l’anziano frate cieco Jorge
da Burgos, il profondo conoscitore dei segreti dell’abbazia; Bernardo Gui, il terribile
inquisitore dell’ordine domenicano; l’ansioso e prudentissimo Abate Abbone; il cellario
Remigio da Varagine, un francescano in odor d’eresia che si nasconde in quel convento e si
finge benedettino; il suo fedele servitore Salvatore, un frate considerato scemo, che parla
una strana lingua mista di latino, volgare, francese, tedesco e inglese; la fragile ragazza di
cui s’innamora il giovane Adso; Alinardo da Grottaferrata, il più anziano di tutti, la cui
demenza senile risulterà decisiva per la soluzione degli enigmi, e tanti altri ancora. Abbiamo
immaginato uno spettacolo in cui la dimensione del ricordo del vecchio Adso, potesse
diventare la struttura portante dell’intero impianto scenico. Questo è concepito come una
scatola magica in continua trasformazione che possa evocare i diversi luoghi dell’azione:
una biblioteca, una cappella, una cella, una cucina, un ossario, una mensa, ecc. Delle
musiche originali, frammiste a canti gregoriani eseguiti a cappella dagli stessi interpreti,
contribuiranno a creare dei luoghi di astrazione in cui la parola possa farsi materia per una
fruizione antinaturalistica della vicenda narrata, e alimentare nello spettatore una
dimensione percettiva che lo porti a dimenticarsi, per un paio d’ore, del meraviglioso film di
Jean-Jacques Annaud. Se è vero che al centro dell’opera di Eco vi è la feroce lotta fra chi si
crede in possesso della verità e agisce con tutti i mezzi per difenderla, e chi al contrario
concepisce la verità come la libera conquista dell’intelletto umano, è altrettanto vero che non
è la fede a essere messa in discussione, ma due modi di viverla differenti. Uno guarda
all’esterno, l’altro all’interno; uno è serioso, l’altro fortemente ironico. Anche per questo, se
ne saremo capaci – conclude Leo Muscato – proveremo a raccontare questa storia con una
lieve leggerezza che possa qua e là sollecitare il riso, con buona pace del vecchio frate
Jorge».
Il cast – Luca Lazzareschi (Guglielmo da Baskerville), Luigi Diberti (il vecchio Adso), Bob Marchese (Jorge da Burgos), Eugenio Allegri (Ubertino da Casale, francescano e Bernardo Gui, inquisitore), Giovanni Anzaldo (il giovane Adso).
Giulio Baraldi (Severino da Sant’ Emmerano, l’erborista), Marco Gobetti
(Malachia da Hildesheim, il bibliotecario e Alinardo da Grottaferrata, monaco centenario),
Daniele Marmi (Bencio, copista), Mauro Parrinello (Berengario da Arundel, l’aiutobibliotecario),
Alfonso Postiglione (Salvatore), Arianna Primavera (una ragazza), Franco
Ravera (Remigio da Varagine, cellario), Marco Zannoni (abate).
Giovedì 15 febbraio alle ore 17.00 nel foyer del teatro Nuovo gli interpreti dello spettacolo
incontreranno il pubblico. Ingresso libero.
Vendita biglietti al Nuovo, piazza Viviani, 10 (tel. 045.8006100) e al cinema teatro
Alcione, via Verdi, 20 (tel. 045.8400848). Biglietti anche tramite circuito GETICKET (numero
verde sportelli Unicredit Banca abilitati 800323285) e CALL CENTER (tel.848002008).
Biglietti on line su www.geticket.it. Servizio biglietteria: BOX OFFICE, via
Pallone, 16, tel. 045.8011154.