L’architetto Melandri di Amici miei è stato certamente il ruolo che ha consolidato la sua popolarità: ora Gastone Moschin ha raggiunto i suoi compagni di zingarate:
Tognazzi (1922-’90, il Mascetti), Celi (1922-’86, il Sassaroli), Noiret (1930-2006, il Perozzi), Del Prete (1936-1998, il Necchi). Il progetto del film, uscito nel 1975, era di Pietro Germi, che non riuscì a compierlo per la malattia che poi lo condusse alla morte (1974); fu diretto da Mario Monicelli, ma nei titoli di testa si rese omaggio all’ideatore. Il significato del titolo, come raccontò proprio Moschin in un’intervista, era da riferirsi all’addio al cinema di Germi: “amici miei, ci vedremo, io me ne vado”.
Ora se ne è andato anche Gastone, nato nel 1929 a San Giovanni Lupatoto ed entrato nel mondo del teatro negli anni Cinquanta a Genova, poi a Milano e a Torino; esordì al cinema nel 1955, imponendosi nel genere della commedia a partire dal ’59 con Audace colpo dei soliti ignoti. Certo, Amici miei rimane pietra miliare, ma da guardare, per il cast, il divertimento garbato e brillante che li caratterizza, sono decisamente consigliate anche tre pellicole precedenti con Moschin: 7 uomini d’oro (’65), il sequel, Il grande colpo dei 7 uomini d’oro (’66) e 7 volte 7 (’68), non un terzo capitolo, ma basato sul medesimo plot.
Nella sua carriera vinse due Nastri d’Argento come migliore attore non protagonista – nel ’67 per Signore & signori, nell’86 per Amici miei atto III – e nel 2016 il premio Lù Mière Calicidicinema alla carriera.
Dopo apparizioni nelle serie tv Don Matteo e Sei forte, maestro (2000 e 2001), Moschin si era ritirato dagli schermi (lo ritroviamo nel documentario L’ultima zingarata, 2010); dal 1990 viveva a Capitone, presso Narni, dove aveva creato il primo centro di ippoterapia dell’Umbria. Si è spento all’ospedale di Terni, dove era da poco ricoverato.