Con la Circolare n. 82 del 23 giugno 2023 il Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’Interno fornisce i chiarimenti ai prefetti circa la procedura per la intitolazione di vie e piazze a personaggi morti da mno di dieci anni
La legge 23 giugno 1927, n. 1188 – recante norme in materia di “Toponomastica stradale e intitolazione di monumenti a personaggi contemporanei” – stabilisce che la denominazione di nuove strade e piazze pubbliche non possa essere effettuata in mancanza della autorizzazione del Prefetto udito il parere della Deputazione di storia patria, o, in sua assenza, della Società storica del luogo o della Regione. Inoltre è previsto che “Nessuna strada o piazza pubblica può essere denominata a persone che non siano decedute da almeno dieci anni” e che il Ministro dell’interno possa, comunque, consentire una deroga al predetto limite temporale, “in casi eccezionali, quando si tratti di persone che abbiano benemeritato della Nazione”.
Con decreto del Ministro dell’interno del 25 settembre 1992, la competenza ad autorizzare le intitolazioni a personaggi deceduti da meno di dieci anni è stata delegata ai Prefetti, tenuto conto che tali autorizzazioni implicano prevalentemente valutazioni di ordine pubblico di carattere locale rientranti nella competenza dell’autorità prefettizia, quale responsabile provinciale dell’ordine e della sicurezza pubblica. Mentre l’art. 10 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228 attribuisce ai Comuni la competenza sulla “indicazione dell’onomastica stradale” e della numerazione civica, elementi entrambi rilevanti anche ai fini dell’anagrafe amministrativa.
Dunque, dall’assetto di competenze che si è andato a determinare, le Prefetture presiedono in tale materia alla tutela dell’ordine e sicurezza pubblica ed alla vigilanza sui profili anagrafici, rispetto ai quali ultimi la toponomastica presenta un indubbio valore determinativo ai fini della certezza giuridica
La procedura per autorizzare le intitolazioni a personaggi deceduti da meno di dieci anni dunque prevede la competenza del Prefetto e il parere degli organi consultivi storici mentre al Comune spetta in via esclusiva il potere determinativo della toponomastica.
Pertanto, per il Viminale, il nulla osta del Prefetto, che rappresenta uno dei tipici atti di autorizzazione amministrativa, così come il parere della Deputazione di storia patria sono atti necessari a completare la fattispecie, ma non esprimono una valutazione sulla opportunità o congruità di una determinata denominazione. Dunque, il Comune è tenuto ad acquisirli in conformità alle attuali disposizioni normative, restando comunque l’esclusivo titolare e responsabile della funzione amministrativa di toponomastica.
La conclusione del Viminale è che l’eventuale diniego dell’autorizzazione prefettizia non può fondarsi soltanto sul contrario avviso manifestato dagli organismi consultivi storici, ma deve basarsi necessariamente su motivi di ordine e sicurezza pubblica o problematiche anagrafiche (come ad esempio le strade con identica denominazione o simili che non permettano la distinzione prescritta dalla legge), motivi che dedono essere valutati con una equilibrata ponderazione che tenga conto dell’attribuzione della funzione di cui trattasi alla sempre prevalente autonoma determinazione dell’ente territoriale.
In sintesi, per il diniego dell’utorizzazione i prefetti dovranno riferirsi a ragioni di tutela dell’ordine pubblico o a esigenze di regolarità anagrafiche che si assumano di gravità prevalente rispetto alle funzioni delle autonomie territoriali, sulla base di motivazioni che dovranno essere congruamente indicate nei relativi atti.
Alberto Speciale