Mamadou: “Non volete i profughi? Smettete di venderci le armi”

 
 

di Alessia Bottone

Si è tenuto lo scorso 20 febbraio il convegno Isis, geopolitica e impatto sulle comunità locali, il ruolo dei media. Oltre agli esperti, il giornalista Stefano Verzè e l’Imam Muhammad Guerfi, la sala Congressi del Banco Popolare di Verona ha ospitato anche la responsabile del progetto immigrazione della cooperativa Spazio Aperto, Nadia Gobbo, in compagnia di Mamadou Bah, un giovane richiedente asilo che ha raccontato la sua storia di fronte ad una platea di addetti ai lavori.

 

La sua non è una delle prime testimonianze.

Tra le più note troviamo il resoconto di Fabrizio Gatti, giornalista de L’Espresso, che, nel 2007, ha raccontato la sua esperienza nel Sahara a bordo di un camion con centinaia di migranti nel libro Bilal. Il mio viaggio da infiltrato nel mercato dei nuovi schiavi. Dopo di lui, decine di viaggi della speranza hanno preso la forma di racconti e interviste che hanno commosso e indignato l’opinione pubblica. I continui sbarchi di profughi arrivati in Italia e in Grecia tra il 2014 e il 2015 hanno dato seguito ad un’ondata di polemiche e a veri e propri slogan pubblicitari a sfondo politico che non hanno avuto nessun merito se non quello di aver fomentato paura e odio.

 

A tal proposito interviene Nadia Gobbo di Spazio Aperto, che, dal 30 ottobre 2014 accoglie i richiedenti asilo che la prefettura affida alla cooperativa.

“La polemica sui social, non è attendibile. Indubbiamente, molto spesso, i richiedenti asilo, si lamentano per problematiche non reali e superflue come nel caso del cibo scotto o della pasta che non è di loro gradimento. C’è da dire, però, che si tratta di richieste che devono essere interpretate e contestualizzate. Non dimentichiamoci infatti che è attraverso il cibo che il bambino instaura la relazione con la madre e con la sua terra. Dietro queste richieste quindi si nasconde la solitudine di queste persone, il bisogno di essere curati, ascoltati nonché la loro sofferenza dovuta allo sradicamento dal loro Paese e dalle loro abitudini. E, a chi replica che i profughi sono ospiti che vivono nel lusso perché alloggiati in strutture alberghiere dotate di comfort di ogni sorta, risponde serafica che si tratta di un’anomalia del sistema. “Non vogliamo strafare, ma, a fronte dei numerosi arrivi, siamo stati costretti a trovare alloggi alternativi in attesa di una soluzione permanente”.

 

Ma partiamo dal principio. Spazio Aperto è una cooperativa sociale di tipo A che opera nella provincia di Verona, Costituita a Sona nel 1993, Spazio Aperto oggi conta 250 soci lavoratori che si occupano di solidarietà sociale ovvero di servizi che comprendono la cura degli anziani, la gestione di asili nido e case di riposo nonché di appartamenti per disagiati sociali. “Dal 2014 siamo stati chiamati dalla Prefettura per gestire progetti di mediazione linguistica e ci hanno affidato i primi richiedenti asilo che sono stati accolti a Bussolengo” spiega la Presidente Lucia Zanoni in carica dal 2013.

 

Oggi i migranti sono 750, a fronte dei 1400 presenti sul territorio veronese dislocati in undici strutture. Il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati- SPRAR, prevede che l’accoglienza dei migranti debba essere gestita utilizzando appartamenti degli enti locali, ma, in assenza di posto, la prefettura ha deciso di optare per un’altra soluzione, ovvero l’alloggio in B&B convenzionati, un servizio al quale è possibile partecipare tramite bando ufficiale.

 

Ma parliamo di costi. La polemica che infiamma anche i cuori dei più tolleranti, considera l’arrivo dei migranti alla stregua di un nuovo business, una percezione ulteriormente fomentata a seguito dell’inchiesta Mafia Capitale.

“Parliamo dal presupposto che gli alberghi lavorano con noi in convenzione. Un albergatore guadagna 27,50 Euro al giorno e questa cifra comprende tre pasti, il cambio della biancheria e l’uso della lavanderia interna. Poi, alla cooperativa, spettano 5,00 Euro al giorno per persona e, con questa somma, dobbiamo gestire e sovvenzionare la fornitura del vestiario, l’accompagnamento medico, la fornitura dei medicinali, le pratiche burocratiche, i corsi di alfabetizzazione e l’organizzazione di lavori socialmente utili nonché il supporto psicologico e l’orientamento legale. Infine, ogni richiedente asilo riceve 2,50 al giorno, un pocket money per le spese personali. In sostanza, ogni giorno un profugo costa alla comunità, 35,00 Euro” chiarisce Nadia Gobbo.

 

Tutto questo con soli 5,00 Euro. Più che business dei migranti, è il caso di parlare di economia dei grandi numeri che soccorre le cooperative in difficoltà che affrontano quotidianamente ingenti costi di gestione.

 

E di difficoltà si tornerà a parlarne anche questa estate, che sarà calda, e non solo per quanto riguarda le temperature.

“La chiusura dell’area balcanica non fermerà i grandi flussi, anzi, causerà un trasbordo in Grecia e in Italia. Ciò che mi inquieta di più è la sospensione delle frontiere e quindi del trattato di Schengen perché solo un’Europa unita, compatta e solidale può affrontare l’enorme flusso di arrivi” aggiunge la Gobbo.

 

Ma questo non è l’unico problema che affligge il Paese. I migranti, che nella maggior parte dei casi approdano sulle coste del Sud Italia, affrontano lunghi periodi di attesa pieni di incognite a causa dello scarso numero di commissioni territoriali dislocate sul territorio nazionale, incaricate di gestire i colloqui e quindi di emanare un verdetto positivo o negativo nonché la mancata solidarietà di sindaci che molto spesso di oppongono all’arrivo dei profughi

 

“Se si prevedesse un numero maggiore di commissioni territoriali, le pratiche sarebbero più snelle, diminuirebbero sia i costi che le lamentele dei richiedenti che attendono e sognano un futuro migliore. Senza contare che, se tutti i comuni fossero solidali nell’offrire accoglienza ai migranti a seconda del numero di abitanti, l’impatto sarebbe meno scioccante per tutti, per i richiedenti così come per i cittadini. Ricordiamoci che si tratta di persone che non hanno intenzione di restare in Italia. La loro non è una scelta economica, non è determinata dalla richiesta e dal bisogno di denaro bensì dalla necessità di scappare da un destino che non prevede altro se non un fucile puntato alla testa e una morte sicura”.

E a dare maggiore enfasi alle affermazioni di Nadia Gobbo ci pensa Mamadou Bah, con la sua testimonianza. Parla come un vecchio saggio, il ventitreenne gambese sospettato di aver partecipato agli attacchi contro il Presidente Yahya Jammeh e lascia tutti i presenti al convegno a bocca aperta mentre risponde ad uno dei quesiti più in voga del momento.

“Volete meno profughi? E allora smettete di vendere le armi ai nostri Presidenti dittatori” afferma con candore di un ragazzo che, con lo sguardo basso, tenta di non mostrare la sofferenza che solo chi ha affrontato un viaggio della speranza nel deserto con una tanica di acqua mano può capire.

Se gli si chiede perché ha speso 6000,00 Euro per venire in Italia risponde:” Per salvarmi e la salvezza non ha prezzo”.

 

Come dargli torto?

 
 

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