Nell’elegante cornice di palazzo Orti Manara, ospite di Cerea Banca 1897, la famiglia Chiàntera riaccende la lirica veronese. Alberto e Francesco, padre e figlio, sono portabandiera della cultura nel segno di Verona, attraverso il culto del bel canto – il primo – e della radio come simbolo della comunicazione globale il secondo.
Dopo il successo estivo con l’unica mostra permanente in città dedicata a tenori e soprani che hanno reso memorabile la storia dell’opera locale, il LOVE Museum si rifà il trucco e diventa sala concerti con i grammofoni ultracentenari di Alberto, tra cimeli, gioielli, arredi di scena ed effetti personali dei più grandi: Zenatello, Callas, Caruso, Ederle, Gigli. La collezione è visitabile gratuitamente su prenotazione, con visite guidate e musica.
“Da troppo – commenta Francesco – manca un punto di riferimento lirico nella città della lirica; la collezione raccolta nel tempo dalla mia famiglia arricchisce la cultura della nostra città, noi ci siamo e ci mettiamo a disposizione per creare sinergicamente un museo completo con migliaia di cimeli, un museo della città per tutti“. Un messaggio per fare rete con istituzioni, associazioni ed appassionati, nel nome di una Verona patrimonio Unesco.
Il palazzo si affaccia su stradone Porta Palio, così denominato proprio dalla corsa del palio che si svolgeva durante il Medioevo (citata da Dante nel XV° canto dell’Inferno) e tratto extra moenia della via Postumia della Verona romana. Opera neoclassica veronese, progettata nel 1784 dall’architetto Luigi Trezza, si caratterizza per un’imponente facciata decorata da quattro cariatidi scolpite dagli scultori settecenteschi Zoppi e Sartori e sovrastate da semicolonne corinzie, mentre l’atrio interno è ingentilito da una fontana.
La loggia verso il giardino è disegno dell’architetto Alessandro Pompei (1705-1772): entro il 1740 fu concluso il rifacimento del prospetto interno del palazzo allora della famiglia Spolverini ed egli aggiornò la fronte verso il verde, secondo un’aulica “parlata” all’antica, basata su una sequenza di finestre accoppiate.
Al piano primo si apre il salone d’onore, con tre grandi finestre ad arco che danno sul cortile interno. Le ricche rifiniture del soffitto a travi dipinte, gli affreschi alle pareti, le cornici e i busti posti sull’architrave delle porte ai lati, riportano ad un periodo della città in cui era tappa fondamentale del grand tour di ogni giovane europeo di buona famiglia. Le sale adiacenti mostrano vestigia del passato nei pavimenti in battuto alla veneziana, gli intonaci di calce e le porte di legno massiccio a bugnato; in una di queste, la cappa di un camino decorata con pietra rosa locale è testimonianza originale risalente alla costruzione dell’intero palazzo.
Prima di essere Orti-Manara, fu – come sopra detto – Spolverini, dimora del poeta Gianbattista; lo splendido giardino è ricordato dal naturalista tedesco Johann Christoph Volkamer ed è oggi coperto in parte dal palazzo Pirelli (sede di uffici comunali).
Da Persico a proposito di palazzo Orti, già Spolverini, In “Descrizione di Verona e della sua provincia” (1820) ricorda la presenza di una pregevole collezione entomologica curata da Bernardino Angelini: un’anticipazione della sua vocazione museale.