L’Ossario di Custoza rinnova la fruibilità museale e mantiene la memoria della storia

 
 

Custoza: un paesaggio incantevole che oggi si associa in primis alla rinomata produzione vinicola, ma come dimenticare la memoria storica che intride il sito? L’acceso Risorgimento italiano qui si tramanda nell’Ossario, che si risvela al pubblico in una veste rinnovata.

Svettante in struttura piramidale di 40 metri sul monte Belvedere, conserva 1800 teschi di soldati provenienti da diversi stati europei e di religioni differenti, che combatterono tra il 1848 e il 1866 durante la prima e terza guerra d’indipendenza: un emblema transnazionale per questo angolo delle colline moreniche gardesane. Ciò che lo distingue da altri ossari italiani di carattere militare è la disposizione che è stata data ai crani e alle ossa esposte, a contatto diretto con il visitatore, con forte impatto emotivo; uscendo in alto, il ballatoio offre uno sguardo panoramico su quello che fu il campo di battaglia, su Custoza e i suoi dintorni.

La storia – Con la campagna militare del 1848 l’esercito sardo-piemontese e con quella del 1866 l’esercito del Regno d’Italia affrontarono il confinante impero austriaco, per espandere il territorio della nascente nazione italiana; conosciute come prima e terza guerra d’indipendenza, le operazioni si svilupparono nell’entroterra gardesano su un terreno prevalentemente collinare e culminarono nelle due battaglie di Custoza, combattute nel luglio 1848 e il 24 giugno 1866.

La memoria – Agli inizi dell’agosto 1876 prese il via la riesumazione dei corpi dei caduti, già interrati in fosse comuni e nel giugno 1879, le ossa furono collocate nella cripta dell’Ossario a cura del conte veronese Carlo Gazola, che si occupò di collocare in buon ordine sopra mensole di pietra i crani e di accatastare razionalmente le restanti ossa nel centro del seminterrato: un processo di “doppia sepoltura” che ha consentito alla comunità dei vivi di entrare in dialogo con i caduti sul campo di battaglia. L’Ossario fu progettato dall’architetto veronese Giacomo Franco per divenire luogo di memoria patriottica e di culto laico e venne inaugurato il 24 giugno 1879.

Dopo un restauro risalente al 2011, eseguito per il 150° dell’Unità d’Italia, dal 2015 è partito un nuovo progetto di valorizzazione del sito, dal nucleo storico museale (la cripta, la cappella di Don Pivatelli e la sala in torretta) alle sale espositive multimediali, per scoprire la storia del luogo, sotto la guida virtuale di alcuni protagonisti delle battaglie stesse.

Oggi – Da maggio 2018 i visitatori possono godere di una riorganizzazione degli spazi storici in cui sono esposte le collezioni di proprietà dell’Ossario e di un nuovo dispositivo per la divulgazione della storia delle battaglie e del monumento, ospitato nell’adiacente annesso, un tempo abitazione del custode del complesso.

La collezione – Nata come raccolta di cimeli, la collezione attuale si presenta come una costellazione frammentaria degli oggetti di cui si circondava il soldato del diciannovesimo secolo: porzioni di daghe e di baionette, foderi, talloni per aste di lancia, bacchette-scovoli per fucili austriaci, armature di revolver, fregi per bandoliere in uso presso le truppe a cavallo, coccarde in sottile lamina metallica, giugulari a scaglie per elmi, borracce, bicchieri, rasoi, pipe e piccoli pezzi devozionali, riemersi in superficie assieme ai resti dei loro proprietari.

La casa del custode – Costruzione civile, voluta all’epoca come residenza del custode del complesso (che svolse questa funzione sino al 2010), ora è stata rivisitata per ospitare nuove sale museali, realizzate come “stazioni”, tra i volti e i nomi, i tempi e i luoghi della battaglia. Ad attendere il visitatore in due sale sono alcuni testimoni diretti della storia: due generali, un giovane ufficiale destinato a diventare uno degli scrittori più amati dell’Italia post-risorgimentale, un prete di campagna, un influente teorico dell’architettura, vere e proprie guide alla scoperta dei fatti e delle circostanze.

Info – La gestione dell’Ossario e del nuovo Museo è a carico dalla coop. sociale I Piosi di Sommacampagna, che si avvale della collaborazione dell’associazione culturale Créa di Custoza ([email protected]), impegnata da un decennio nello studio e nella conoscenza dei siti storici del territorio legati al periodo risorgimentale; recentemente l’associazione ha pubblicato il volume “Il giorno della gran battaglia – Custoza 24 giugno 1866”.

 
 
Alessandra Moro
Sono nata a Verona sotto il segno dei Pesci; le mie radici sono in Friuli. Ho un fiero diploma di maturità classica ed una archeologica laurea in Lettere Moderne con indirizzo artistico, conseguita quando “triennale” poteva riferirsi solo al periodo in cui ci si trascinava fuori corso. Sono giornalista pubblicista dell’ODG Veneto e navigo nel mondo della comunicazione da anni, tra carta, radio, tv, web, uffici stampa. Altro? Leggo, scrivo, cucino, curo l’orto, visito mostre, gioc(av)o a volley. No, non riesco a fare tutto, ma tutto mi piacerebbe fare. Corro contro il tempo, ragazza (di una volta) con la valigia.

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