Leggi le etichette: spendi meno e meglio/1

 
 

Il tempo è denaro, dice lo spiccio e pratico multimilionario Paperon de’ Paperoni. Il tempo è sicuramente (sempre troppo) poco, e questo lo possono dire tutti. Ma, rimanendo in tema economico, utilizzarne un po’ di più per leggere le etichette al momento della spesa, contribuisce certamente a fare scelte più oculate (per la salute) e, molto spesso, pure più convenienti (per il portafoglio).

Subito un esempio, offerto da una recente indagine comparativa di Altroconsumo: sotto la lente 23 marche di burrocacao, prodotto di largo uso, che merita attenzione soprattutto perchè viene applicato sulle labbra e facilmente può essere, in parte, ingerito. Dei 23, 13 non hanno passato l’esame sicurezza, contenendo olî minerali pericolosi per la salute: la legge li consente se sono stati pre-trattati in modo da privarli di residui nocivi e sostanze cancerogene (tali olî derivano, infatti, dalla raffinazione del petrolio), ma la normativa è generica e non specifica dette sostanze. In una rosa di prezzi che andava da 1 a 10 euro, circa, il burrocacao promosso è stato il più economico, risultato sicuro dal punto di vista chimico e gradevole: si tratta del Cien venduto al discount Lidl.

Ora: non siamo tutti chimici, gli ingredienti sono scritti in piccolo, il tempo – come già detto – è tiranno e non si può leggere tutto… mettiamo davanti i vari “ostacoli” ad una spesa sempre consapevole e vediamo quali possono essere i criteri e le informazioni di base per un orientamento corretto negli acquisti. Nell’elenco dei componenti, più in alto è l’elemento, maggiore è la quantità presente. Nel caso del burrocacao, alla larga da: cera microcristallina, ceresin, hydrogenated microcrystalline wax, hydrogenated polyisobutene, ozokerite, paraffin, paraffinum liquidum, petrolatum, polybutene, polyethylene, polyisobutene, synthetic wax.

Ci imbattiamo spesso nel sodium lauryl sulphate, SLS: è un tensioattivo, ovvero una sostanza con proprietà detergenti e schiumogene e capace di dissolvere altri ingredienti non solubili in acqua; incide sulla rimozione del sebo dalla pelle, può provocare sensazione di secchezza e, in soggetti sensibili, irritazione, ma non è cancerogeno.

Rimaniamo… in bagno: evitiamo prodotti contenenti interferenti endocrini (ovvero che vanno ad alterare il sistema ormonale), sostanze classificate come cancerogene o irritanti per la pelle. Nella prima categoria rientrano propylparaben e butylparaben (conservanti), etyhylhexy methoxicinnamate (filtro solare), BHA (antiossidante) e, sospettato tale, il triclosan (da quest’anno vietato negli USA). Nella categoria dei sensibilizzanti alla pelle si trova il methylisothiazolinone e il methylchloroisothiazolinone, tra le 26 fragranze considerate allergeniche il butylphenyl methylpropional. Attenzione alle etichette delle creme viso.

Dentifrici: ce ne sono per tutti i gusti, rimineralizzanti, sbiancanti, anticarie, pro-gengive; rimanendo in superficie, test in laboratorio hanno dimostrato che l’effetto whitening è poco più che un miraggio pubblicitario, mentre è generalmente valido per quasi tutte le marche quello della maggior brillantezza. Il livello di abrasività deve essere il più basso possibile, la quantità di fluoro deve oscillare tra 1000 e 1500 ppm. Non meno importante la scelta della carta igienica: meglio non colorata o profumata, meglio – e il pianeta ringrazia – quella riciclata e certificata.

Si tiene a Milano dal 4 al 5 novembre FESTIVALFUTURO, quinta edizione del festival di Altroconsumo: due giorni di discussioni ed eventi dedicati alla “rivoluzione delle cose”.

Parabeni, questi misteriosi! Sono una classe di composti organici aromatici, individuati per la prima volta come antimicrobici nel 1924 e, per la bassa tossicità (la dose letale di butilparaben è circa 5 g/kg peso corporeo) e per l’azione contro lieviti, muffe e batteri, sono impiegati da oltre 70 anni come conservanti nell’industria cosmetica, farmaceutica e alimentare. Oggi proliferano, tuttavia, prodotti che  – come per l’olio di palma – evidenziano in etichetta la loro assenza: una misura precauzionale, si può dire, che va a tutelare principalmente ed essenzialmente neonati e infanti, soggetti più fragili ed esposti a possibili rischi.

Tutti i parabeni presenti in commercio sono di origine sintetica e la parte della comunità scientifica che ritiene poco realistica l’ipotesi di danni alla salute rammenta la loro diffusione in natura, utilizzati dalle piante per difendersi da parassiti o da erbivori. Per la precisione, tuttavia, non tutte le tipologie sono così rintracciabili: sì i fenoli, meno – ad esempio – l’acido 4-idrossibenzoico. I parabeni possono essere presenti in frutta e verdura  (in prevalenza come glucosidi), nell’olio di oliva, di palma, di cocco e olio di Açaí, ottenuto dai frutti di una pianta della famiglia delle palme, l’Euterpe oleracea (uno dei più ricchi di acido para-idrossibenzoico).

Come si comportano gli organi internazionali di controllo nella disputa “parabeni sì/parabeni no”? Dal 1972 i principali parabeni sono stati classificati come sicuri dalla Foods and Drugs Administration americana (FDA) che li ha inseriti negli ingredienti alimentari sicuri (GRAS) se utilizzati a concentrazioni <0,1%. Sono autorizzati come additivi alimentari praticamente in tutto il mondo, sulla base della valutazione presentata dallo JECFA (Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives).

L’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha definito per i parabeni a catena corta una “dose giornaliera accettabile” (ADI) da 0 a 10 mg/kg peso corporeo; gli additivi E216 e E217 sono stati rimossi dal regolamento UE. L’uso come conservanti cosmetici ha restrizioni variabili da nazione a nazione e l’SCCS, il Comitato scientifico europeo per la sicurezza dei consumatori ha confermato che i limiti specificati nel regolamento sono adeguati anche nel caso dell’applicazione a minori.

Oltre a tutti gli enti segnalati, anche il nostro ministero della Salute offre linee-guida per fronteggiare e distinguere allarmi effettivi o falsi e news per rimanere aggiornati e istruiti.

 

 
 
Alessandra Moro
Sono nata a Verona sotto il segno dei Pesci; le mie radici sono in Friuli. Ho un fiero diploma di maturità classica ed una archeologica laurea in Lettere Moderne con indirizzo artistico, conseguita quando “triennale” poteva riferirsi solo al periodo in cui ci si trascinava fuori corso. Sono giornalista pubblicista dell’ODG Veneto e navigo nel mondo della comunicazione da anni, tra carta, radio, tv, web, uffici stampa. Altro? Leggo, scrivo, cucino, curo l’orto, visito mostre, gioc(av)o a volley. No, non riesco a fare tutto, ma tutto mi piacerebbe fare. Corro contro il tempo, ragazza (di una volta) con la valigia.

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