La Guardia di finanza di Verona, nell’ambito di specifiche attività volte ad aggredire le ricchezze illecitamente accumulate, sta procedendo in queste ore alla confisca di un ingente patrimonio immobiliare riconducibile a due donne della provincia, già arrestate in passato per il reato di usura e lo scorso anno assoggettate a misura di prevenzione antimafia. Il valore complessivo dei beni, dei quali fanno parte, tra gli altri, quarantadue fabbricati e due terreni ubicati nelle province di Verona, Vicenza, Milano e Brescia, è di oltre 4,1 milioni di euro.
I Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della città capoluogo sono impegnati, in particolare, a dare esecuzione a un apposito decreto emesso dal Tribunale di Venezia (Sezione Misure di Prevenzione) nei riguardi di madre e figlia nei cui confronti è stata disposta la confisca del patrimonio posseduto e già oggetto di sequestro nel settembre 2019.
Tra gli immobili che ora entrano a far parte dei beni dello Stato vi sono sette fabbricati – tra appartamenti, garage e magazzini di proprietà della figlia – del valore di oltre 1 milione di euro, nonchè il capitale sociale e l’intero patrimonio di due società della provincia di Verona.
Si tratta, più nel dettaglio, di due imprese del capoluogo; la prima esercente l’attività di locazione di edifici, alla quale sono riconducibili trentasei immobili (trentaquattro fabbricati e due terreni), la seconda esercente l’attività di affitta camere, a cui, invece, fa riferimento un residence della Valpolicella.
Nell’ambito delle medesime operazioni i Finanzieri stanno anche procedendo a confiscare una polizza assicurativa di oltre 1,1 milioni di euro e somme di denaro depositate su conti correnti bancari ammontanti a poco più di 13 mila euro.
Le vicende alla base del provvedimento – che fa seguito alla misura di prevenzione antimafia a cui le due donne erano state assoggettate nel settembre 2019 – si ricollegano a precedenti attività d’indagini sviluppate dalle Fiamme Gialle scaligere su delega della locale Procura della Repubblica nei confronti delle donne, già sottoposte al regime di detenzione domiciliare nell’ottobre del 2015 per i reati di usura e abusiva attività finanziaria.
In quell’occasione i Finanzieri avevano accertato, in particolare, che sia la madre che la figlia si erano rese responsabili di una vasta attività usuraia ai danni di svariati imprenditori veronesi e vicentini, attraverso la concessione di prestiti con tassi d’interesse annui che raggiungevano anche picchi del 265% (e in un caso del 1000%!).
Constatata la rilevante sproporzione tra il patrimonio detenuto e i redditi dichiarati, i militari della Guardia di finanza lo scorso anno hanno proposto alla medesima Autorità Giudiziaria che nei loro confronti venisse applicata anche la più stringente normativa antimafia che oggi, dopo il relativo sequestro, ha portato all’espropriazione dei beni a favore dello Stato.
L’usura è un’odiosa pratica criminale che tende a ottenere ingenti guadagni, sfruttando lo stato di bisogno di soggetti in grave difficoltà. L’aggressione della Guardia di finanza dei patrimoni illeciti così ottenuti, pertanto, consente di colpire nel cuore dei propri interessi e sotto il profilo economico finanziario, chi è abitualmente dedito a vivere nell’illegalità e di restituire alla collettività i beni accumulati. La sottrazione di beni alle consorterie criminali è un efficace strumento di contrasto a ogni forma di illegalità.
Si consideri, al riguardo che la Guardia di finanza di Verona ha sequestrato, nel 2019, beni per oltre 24 milioni di euro mentre, nel 2020, ha avanzato proposte di sequestro per oltre 17 milioni di euro e sottoposti a confisca beni per oltre 4 milioni di euro.