Per tre giorni il Camploy diventerà spazio d’indagine nel mondo dei ‘post-millennials’, quelle nuove generazioni che, oggi più che mai, hanno tanto da dire, soprattutto sulla loro relazione con il linguaggio, la parola.
Verona è stata scelta come laboratorio all’interno del progetto ‘Lingua Madre. Capsule per il futuro’ ideato dal centro culturale svizzero Lac –Lugano arte e cultura.
Una collaborazione internazionale che coinvolgerà artisti, registi, scrittori, danzatori, performer, attori di diversi Paesi. Un modo nuovo, innovativo, di vivere il teatro nella pandemia. In presenza, senza delegare tutto allo streaming.
Dal 4 al 6 marzo prossimi, Verona, selezionata per lavorare con i più giovani, vedrà gruppi di ragazzi dagli 8 ai 24 anni, cimentarsi in laboratori teatrali, riflessioni attraverso il movimento, gli strumenti da palcoscenico, la relazione con l’altro e con il mito. Attività che saranno realizzate mettendo in atto tutti i protocolli di sicurezza.
Una ricerca, che sarà condotta dalle attrici Silvia Masotti e Camilla Zorzi, direttrici della Scuola Spazio Teatro Giovani, i cui esiti si conosceranno solo a ‘operazione’ conclusa. E si andranno ad inserire nel più ampio progetto di Lugano, ideato da Carmelo Rifici, direttore artistico del Lac e da Paola Tripoli, direttrice artistica del FIT Festival Internazionale del Teatro e della scena contemporanea. Un progetto inedito che intende valorizzare, ripensandola, la creazione artistica nel ‘suo farsi’. E i cui contenuti saranno pubblicati via via sul portale www.luganolac.ch/lingua-madre.
Obiettivo del progetto è ‘percorrere una strada sconosciuta, fatta di palcoscenici diversi, drammaturgie nuove e immagini azzardate’, attraverso tre macro aree: corpo, linguaggio, rito.
Questa mattina, in diretta streaming, l’assessore alla Cultura di Verona Francesca Briani e il capo dicastero della Cultura di Lugano Roberto Badaracco hanno illustrato gli obiettivi della collaborazione. Un modo per riaprire le porte dei teatri e mettere in moto il settore degli spettacoli, fermo sia in Italia che in Svizzera.
“Riaprire il nostro teatro comunale, simbolo per eccellenza della sperimentazione e di un pubblico giovane e diversificato – ha detto Briani -, è un segnale della nostra volontà di ripartire quanto prima. In un momento così difficile c’è un intero settore, fermo ormai da troppo tempo, che deve potersi rimettere in moto. E che merita la massima attenzione. Allo stesso tempo abbiamo i ragazzi che vivono il disagio di questa situazione di congelamento delle relazioni sociali e delle attività. La collaborazione con Lugano rende possibile l’unione di queste due esigenze. Oltre ad essere un modo per ribadire che attraverso tutti i protocolli di sicurezza si può fare teatro, spettacolo dal vivo”.
“Siamo felici di aver attivato questa bella collaborazione con Verona, un’importante città italiana – ha aggiunto Badaracco -. Lugano rappresenta in Svizzera l’italianità, e siamo orgogliosi di questa peculiarità. Ecco perché vogliamo valorizzare questa vicinanza. Anche al di là delle Alpi stiamo vivendo una situazione difficile, i centri culturali sono chiusi e le attività artistiche completamente ferme. Il settore sta soffrendo tantissimo. Questo progetto dà un respiro nuovo e innovativo che produrrà frutti non solo nei prossimi mesi ma anche negli anni a venire”.
“È un onore far parte di collaborazioni così prestigiose, soprattutto in un momento come quello attuale, in cui lo spettacolo dal vivo è fermo e viene meno la relazione con il pubblico – ha spiegato Mangolini -. Ecco perché riattivare il Camploy, facendolo diventare uno spazio d’indagine dedicato completamente alla nuove generazioni, è non solo un’occasione ma anche un segnale che vogliamo lanciare. I teatri devono tornare a vivere, a coinvolgere gli spettatori e i giovani, trovando anche nuove modalità esperienziali che usino il palcoscenico come luogo di riflessione e analisi”.