Dopo i quattro spettacoli di prosa di luglio, la 70a edizione dell’Estate Teatrale Veronese esplode – parafrasando Bruce Springsteen – con la danza “born in the USA”, visto che il filo diretto 2018 è a stelle e strisce, come accadde mezzo secolo fa quando – triennio 1968-1971 – Verona ospitò, tra Teatro Romano e Arena, il meglio della danza statunitense di allora: l’Alvin Ailey Dance Theatre (’68), l’American Ballet Theatre (’70), il Ballet West (’71) e il Dance Theatre of Harlem (’71). Quest’anno la prima attesissima presenza è quella dei Momix che da lunedì 30 luglio a sabato 11 agosto (esclusa domenica 5) proporranno “Momix al Teatro Romano di Verona“, un omaggio alla nostra città, eletta dalla compagnia di Moses Pendleton a “piazza europea” per eccellenza per “prime” e per eventi speciali. Tutto cominciò nel 1994 con “Passion”, su musica di Peter Gabriel: successo stratosferico e da allora sono state tantissime e acclamatissime le presenze della compagnia a Verona.
Rispetto agli allestimenti al chiuso della tournée americana e delle altre due piazze italiane proposti nel corso del 2018, “Momix al Teatro Romano di Verona” è una versione speciale di “Viva Momix”, arricchita da alcuni pezzi storici e novità rese possibili dalla grandezza del palcoscenico e dagli spazi aperti della struttura. Atletismo, poesia, richiami sempre più forti alla sostenibilità, riferimenti a filosofie e riflessioni sull’esistenza: questi, ancora una volta, gli elementi cifra caratterizzante dei Momix e alla base del loro successo mondiale che, dall’anno della loro nascita, il 1980, non conosce tregua.
Su un’eterogenea, come sempre, colonna sonora (da suggestive musiche ambient al progressive rock, da Ennio Morricone a Johann Sebastian Bach) l’inconfondibile stile Momix farà sembrare fiore un volatile, roccia un essere umano, donna un uomo e viceversa, provocando così nello spettatore quell’ “optical confusion” che è alla base della sintassi compositiva di Moses Pendleton e di quanti hanno collaborato alle coreografie: Tim Acito, Solveig Olsen, Brian Sanders, Cynthia Quinn, Karl Baumann, Nicole Loizides, Sam Beckman, Steven Ezra, rebecca Rasmussen, Brian Simerson e Jared Wootan.
Col contributo di tanti collaboratori continuano dunque a vivere quelle atmosfere magiche da “tea party del Cappellaio Matto” a cui il critico Clive Barnes paragonava i primi spettacoli dei Momix, con un arricchimento: con gli anni, alla festa giocosa fatta di felice combinazione di fantasia e realtà, di follia nonsense e di razionalismo scientifico, di spiritualità e di fisicità pura, si è aggiunta una speciale attenzione alla natura e alla bellezza dell’universo e, soprattutto, alla sostenibilità dell’ambiente.
Gli interpreti: Beau Campbell, Nathaniel Davis, Greg De Armond, Seah Hagen, Catherine Jaeger, Lauren Jaeger, Hannah Klinkman, Jeremy Rivera e Colton Wall.
Momix love Verona – È il 1994 quando i Momix di Moses Pendleton giungono per la prima volta a Verona, al Teatro Romano. Ed è subito grande amore: vi rappresentano “Passion” sulle bellissime musiche che Peter Gabriel aveva composto per il film L’ultima tentazione di Cristo (1988) di Martin Scorsese, tratto dal romanzo di Nikos Kazantzakis. E’ subito momixmania: un po’ per quelle geometrie acrobatiche intrise di poesia che, per quanto ispirate dalle coreografie di Alwin Nikolais, per il pubblico veronese sono una novità assoluta. E un po’ per le musiche dell’ex Genesis, melodie, allora come adesso, che puntano dritte al cuore. Visto il successo, l’anno dopo i Momix tornano al Teatro Romano con “Baseball”, commissionato a Pendleton dal San Francisco Giants nel 1994; nonostante l’argomento specialistico (con tanti riferimenti ai tic e ai luoghi comuni del baseball) i Momix bissano il successo, merito della fresca inventiva di Pendleton: i druidi di Stonehenge diventano gli inventori, grazie ai monoliti, del baseball, viene dissacrato simpaticamente Botticelli, facendo apparire Venere su un guantone, e si rappresenta il buon Dio che soffia la vita in Adamo come un provetto lanciatore che punta allo strike. Nel 2000 i Momix sono di nuovo al Romano: insieme agli Swingle Singers vi festeggiano, essendo nati nel 1980, i vent’anni di carriera. E ci ritornano l’anno dopo, con “Opus cactus”, inno alla flora e alla fauna del deserto che dall’Arizona sconfina in California, quello celeberrimo costellato di giganteschi saguari dove sbatte il muso il genio incompreso Wile Coyote quando insegue Beep Beep.
Nel 2005, venticinquesimo compleanno, il Filarmonico prima e il Teatro Romano poi, ospitano “Sun flower moon” basato sulle tecniche del “teatro nero”. Nel 2007 viene riproposto, bissando il successo di tredici anni prima, “Passion”. Nel 2009 è la volta di “Bothanica”, affascinante e colorata celebrazione della bellezza delle piante e dei fiori su musiche etniche, post new age, techno e world fusion con poetici intermezzi dalle “Quattro stagioni” di Vivaldi. Nel 2010, altro compleanno al Teatro Romano: va in scena “Momix-Remix”, sintesi di trent’anni di successi, di “sogni che non finiscono mai”. Nel 2013 arriva a Verona il nuovo “Alchemy”, insieme di arcane suggestioni che trasportano lo spettatore in ambiti surreali. Nel 2015, per festeggiare i trentacinque anni di attività, a Milano per l’Expo e a Verona, viene presentato “W Momix forever – 35° anniversario”. L’anno dopo, nel 2016, un’altra ripresa, “Opus cactus”, divenuto un classico. Ora, con “Momix al Teatro Romano di Verona”, la bella e lunga storia che lega i Momix a Verona compie ventiquattro anni, avvicendando cast che negli anni sono cambiati per ovvie ragioni anagrafiche (nel 1994 c’era anche la nostra olimpionica Giulia Staccioli).