La ripresa non arresta la deflazione

 
 

di Lorenzo Dalai

Negli ultimi giorni l’incalzante successione di tragici avvenimenti ha fatto scivolare in secondo piano i temi economici. L’approssimarsi dell’appuntamento referendario del 17 aprile, assieme alle vicende legate alle elezioni amministrative di alcune grandi città, ha fatto puntare i riflettori in altre direzioni, ma il tema euro-si euro-no è prevedibile che ritornerà alla ribalta a breve.

Intanto, quasi in sordina, è crollato uno dei capisaldi della politica di austerità imposta dalla Germania all’Europa, il Patto di Stabilità, vero cappio al collo per le amministrazioni locali viene sostituito dal criterio del Pareggio di Bilancio, dando così finalmente la possibilità ai Comuni di tornare ad assumere e ad investire su opere di pubblica utilità. Il Patto rientrava tra quelle misure che si esplicavano nel fiscal compact inopinatamente approvato dall’ultimo Governo Berlusconi.

Mario Draghi, con il cosiddetto bazooka, aveva già ampiamente intaccato gli assiomi della politica economica europea di stampo tedesco, mentre nel frattempo Renzi ha chiesto, ottenuto, in parte travalicato, il concetto di flessibilità. Questo sta aiutando la ripresa che, favorita anche dall’apprezzamento del dollaro, si sviluppa però quasi esclusivamente con l’export. I consumi interni ancora non sono su livelli auspicabili e l’indicatore principe di questo, l’inflazione, resta praticamente a zero. Da questo derivano anche gli sbalzi che abbiamo avuto negli ultimi tempi dei principali indici di produttività industriale.

Per avere una ripresa meno gracile, più costante ed importante occorre una spinta reale dei consumi interni e degli investimenti, per i quali non è sufficiente la disponibilità di denaro a bassi interessi; occorre dare prospettive alle imprese e alle famiglie e questo può arrivare solo da una drastica diminuzione della tassazione. Questi passi la Germania li aveva già compiuti con il Cancelliere Kohl, che, grazie anche ad un debito pubblico abbastanza contenuto, aveva abbassato in modo drastico le imposte per lavoratori e imprese. I risultati sono stati duraturi nel tempo, basta verificare ad esempio la retribuzione di un metalmeccanico tedesco: a parità di livello in busta paga percepisce il doppio del collega italiano!

Chiaro che in Italia il Debito Pubblico pesa come un macigno e gli interessi da pagare su questo impediscono grandi manovre economiche, anzi la spending review, tagliando la spesa improduttiva, alla fine diventa negativa sul PIL e di conseguenza sull’andamento economico generale. Occorre comunque intervenire sul piano della detassazione, altrimenti la ripresa resterà debole, i consumi interni fiacchi, la disoccupazione alta ed il partito No Euro si ripresenterà in forze.

Nel contempo cosa succede al di là dell’Atlantico? La Fed sta procedendo su di un binario analogo a quello europeo, ci sarebbe la volontà di rialzare i tassi , ma la paura di contraccolpi negativi è molto forte. Infatti negli Stati Uniti c’è un senso ancora più politico dell’incertezza sul futuro della società: l’aumento delle diseguaglianze corrisponde all’attenuarsi delle speranze individuali di ascesa sociale. Insieme, queste due espressioni di disagio creano notevole incertezza in un anno di grandi decisioni. E’ chiaro che le elezioni americane ancora di più rispetto a consultazioni elettorali o referendarie europee rappresentano fonte di rischio per le economie globali. Ma la risposta politica, maggiori investimenti globali e contenimento delle diseguaglianze, non fa parte delle possibilità delle banche centrali; la risposta attiene alla Politica.

 
 

1 COMMENTO

  1. In linea teorica condivido l’articolo del dott. Lorenzo Dalai. Le affermazioni in esso contenute sono esatte, tuttavia a me pare che non si sia (volutamente ?) soffermato nel merito dell’ EURO SI e delle sue nefaste conseguenze legate alla Politica Europea. E’ vero che per quanto ci riguarda “…la ripresa è gracile e che occorre una spinta reale dei consumi interni e degli investimenti”.
    Non viene detto nulla rispetto ad una delle scellerate decisioni Politiche che zavorrano tale ripresa. Alcuni esempi lampanti, per chi non si chiude gli occhi, sono a dir poco imbarazzanti.
    Per esempio, cito l’obbligo ad importare pomodori dal Marocco e distruggere i nostri. Mi viene in mente anche la ridicola imposizione di non commerciabilità dei piselli , piuttosto che delle cozze al di sotto di una misura predefinita. Senza parlare dell’obbligo ad importare latte in polvere dalla Germania. Idiozie tipo queste, ma non solo queste, fanno male alla nostra economia ed è del tutto evidente dove alberga l’insipienza, tanto per usare un eufemismo, dei nostri Politici e il conseguente aumento di coloro che in Italia si schierano contro l’EURO.

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