La Politica che non si rinnova. La sconfitta del PD

 
 

A parole sono bravi tutti. Il difficile viene quando le idee vanno confermate. Da Roma a Verona, nel PD c’è un solco profondissimo. Nel partito dell’ex Premier Renzi, la rottamazione non va più di moda. Anzi, funziona al contrario. A Verona la direzione “tafazziana” vorrebbe bruciare la fresca candidatura di Damiano Fermo sull’altare del dualismo FranchettoSalemi, di sicuro non il simbolo del cambiamento progressista.

Il massacro mediatico del giovane politico, da gennaio in pista per conquistare alle primarie l’investitura ufficiale a Candidato Sindaco, rappresenta la sconfitta della limpidezza. Vincessero i giochini di partito, perderebbe la gente comune, quella che dimostra crescente disistima e non va a votare.

TOMMASI, QUAGLIA, TREVISI, SALEMI: IL CALVARIO DI FERMO

Che per Fermo tirasse una brutta aria, lo si era capito già da un pezzo. Nel giro di due mesi l’imprenditore “bioloc” si è visto sopravanzare nelle scelte interne tre volte. Prima Tommasi, poi Quaglia, infine Trevisi. Chiunque purché non fosse lui. Su Trevisi, tra l’altro, Fermo era pronto a convergere ritirando la propria candidatura. Coscienziosamente il consigliere comunale avrebbe fatto un passo indietro. Purtroppo però avere a cuore le sorti del PD sembra non bastare. La direzione del partito continua a snobbarlo, dimostrandogli zero riconoscenza e soprattutto poca lungimiranza. 

Non fosse bastata la lacerazione della fuoriuscita di Bertucco, nei democratici di sinistra aumentano le tensioni. Il nove marzo, cioè il giorno del termine per la presentazione delle candidature alle primarie, lo scenario è già ampiamente previsto: Fermo sarà costretto a ritirarsi e a sfidarsi saranno Salemi e Franchetto. Inverecondo.

M.C.

 
 

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