La Corte costituzionale, nella Sentenza n. 217 del 21 ottobre 2022, individua la natura e l’ambito applicativo dell’art. 9 bis Testo Unico edilizia nella parte in cui definisce lo stato legittimo degli immobili. A seguito dell’impugnazione da parte del Governo la Consulta ha dichiarato incostituzionale l’articolo 7 della legge della Regione Veneto 30 giugno 2021, n. 19 recante “Semplificazioni in materia urbanistica ed edilizia per il rilancio del settore delle costruzioni e la promozione della rigenerazione urbana e del contenimento del consumo di suolo – “Veneto cantiere veloce” nella parte in cui equipara il titolo edilizio al certificato di abitabilità/agibilità
La Corte costituzionale ha ritenuto sussistente il contrasto dell’art. 93-bis, comma 1, della Legge Regione Veneto n. 61 del 1985 rispetto all’art. 9-bis, comma 1-bis, Testo Unico edilizia, là dove, con riferimento a fattispecie per le quali la norma statale richiede il titolo abilitativo edilizio, affida la dimostrazione dello stato legittimo dell’immobile al ben diverso documento costituito dal certificato di abitabilità o di agibilità.
In particolare, se è certamente vero che, in base all’art. 221 del R.D. n. 1265 del 1934 (vigente nel periodo cui si riferisce la disposizione regionale), tale certificato doveva essere rilasciato solo dopo aver verificato che la costruzione fosse stata eseguita in conformità al progetto approvato, nondimeno, questo non giustifica che tale documento possa surrogarsi al titolo abilitativo edilizio.
Come più volte ha osservato la giurisprudenza amministrativa, la conformità edilizio-urbanistica costituisce presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato che oggi si definisce di agibilità, ma «tale considerazione non può […] essere strumentalmente piegata a ragionamenti del tutto speculativi e sillogistici al fine di affermare che il rilascio dei certificati di agibilità implica un giudizio (presupposto ed implicito) circa la natura non abusiva delle opere». Semmai, all’inverso, l’interprete si dovrebbe interrogare sulla legittimità di tali certificati, non già desumere dal rilascio di essi una qualità – la conformità edilizio-urbanistica – da essi indipendente e anzi presupposta». E, infatti, «non v’è necessaria identità di “disciplina” tra titolo abilitativo edilizio e certificato di agibilità», che «sono collegati a presupposti diversi e danno vita a conseguenze disciplinari non sovrapponibili». In particolare, «il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile al quale si riferisce è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti (come espressamente recita l’art. 24 del testo unico dell’edilizia), mentre il rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche è oggetto della specifica funzione del titolo edilizio. Il che comporta che i diversi piani ben possano convivere sia nella forma fisiologica della conformità dell’edificio ad entrambe le tipologie normative, sia in quella patologica di una loro divergenza».
Per tali motivi la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Veneto 30 giugno 2021, n. 19, che ha introdotto l’art. 93-bis nella Legge della Regione Veneto 27 giugno 1985, n. 61 (Norme per l’assetto e l’uso del territorio) con consegguenti problemi in vista per i cittadini che si sono avvalsi o si stanno avvalendo della legge veneta Cantiere Veloce perché hanno costruito, ristrutturato, ampliato sulla base di una norma dichiarata incostituzionale e ora devono correre ai ripari. O chiedendo una sanatoria, pagando una multa oppure, alla peggio, dovranno demolire il manufatto su ordine del Comune.
Ancora non è stato quantificato il numero di cittadini che possono trovarsi in questa situazione, ma, come conferma l’Avvocatura regionale, il problema esiste e rischia di avere delle ripercussioni. Tutto ha avuto origine l’anno scorso quando il Consiglio regionale del Veneto ha approvato la Legge n. 19 del 30 giugno 2021 denominata “Cantiere Veloce” che aveva l’obiettivo di sburocratizzare l’iter legislativo. Senonchè il Governo ha impugnato la Legge regionale e i giudici della Consulta abbiano dichirato l’incostituzionalità dell’articolo 7, con la conseguente elisione. Adesso il problema riguarda chi ha un cantiere in attività.
Sono due le fattispecie interessate, come spiega l‘Avvocatura di Palazzo Balbi, la prima riguarda gli edifici antecedenti al 1977: Cantiere Veloce dava valore al certificato di abitabilità/agibilità; la Consulta, invece, dice che non basta, bisogna che ci sia un titolo edilizio (il permesso di costruire, la licenza o concessione edilizia). Secondo l’Avvocatura se un cittadino ha ristrutturato o ampliato la casa sulla base della legge regionale del 2021 l’unica ipotesi in cui possono ritenersi regolari le difformità esecutive rispetto a titoli abilitativi rilasciati in passato è quella delle cosiddette tolleranze costruttive, ossia le difformità esecutive contenute nel limite del 2%. In caso contrario devono chiedere la sanatoria, sempre che sia possibile, in difetto, potrebbe scattare il regime sanzionatorio o, in casi particolari, l’ordinanza di demolizione. L’altra fattispecie riguarda gli immobili realizzati in epoca antecedente al 1967: la legge veneta diceva che non serviva il titolo edilizio, la Consulta ha stabilito invece che serve, eccome, perché sono norme statali e vanno applicate.
Per il Presidente di Anci Veneto, Mario Conte: «La norma della Regione nasce dalla volontà di semplificare e sburocratizzare le procedure per sanare alcune difformità che talvolta sorgono tra la fase di progettazione e quella di esecuzioni lavori. La decisione in questione, purtroppo, potrebbe creare delle difficoltà per le pratiche sospese perché naturalmente non possono più richiedere la sanatoria e, quindi, si troverebbero di fronte ad una sanzione. Come Anci Veneto siamo a disposizione dei Comuni e li supporteremo nella valutazione delle pratiche, anche se riteniamo che l’impatto della decisione dovrebbe essere limitato».
Alberto Speciale