Si avvicina l’appuntamento con il Film Festival della Lessinia – https://www.veronanews.net/al-cinema-coi-cimbri-torna-film-festival-della-lessinia-19-27-agosto/ – ed è utile arrivare preparati, per identificare ed apprezzare a pieno questa zona della provincia veronese, antico sito colonizzato dai Cimbri, tribù germanica, presumibilmente proveniente da quella che per noi oggi è la Danimarca, come ricostruibile da testi latini e greci.
La popolazione dell’attuale Himmerland, parte più settentrionale della penisola dello Jutland, è l’erede autentica dei Cimbri antichi, nome che, però, ritorna anche per questa minoranza etnica di lingua tedesca stabilitasi nel territorio tra Vicenza, Verona, Trento, Treviso e Belluno, qui ritiratisi, dicitur, sconfitta nel 101 a.C. dal console romano Caio Mario. Dati genetici, tuttavia, smentiscono ogni correlazione diretta tra essi e gli abitanti dello Jutland (v. articolo sull’American Journal of Physical Antropology pubblicato nel 2006: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/ajpa.20509/full).
Storia – Rimanendo, allora, sulle riconoscibili tracce della storia, insediamenti certi, bavaresi, in Lessinia sono documentati dallo storico Carlo Cipolla in “Le popolazioni dei XIII Comuni Veronesi” (1881) , sulla scorta di un testo custodito nell’archivio parrocchiale di Roverè, datato 5 febbraio 1287, che allontana l’ipotesi dei Cimbri “veronesi” come quelli vinti da Caio Mario; fonti storiche raccontano della battaglia nei pressi di Vercelli e la giustificazione per la sovrapposizione identitaria va spiegata con una errata interpretazione della parola con la quale i coloni bavaresi (di ascendenza gota e longobarda) si definivano “Zimber”, “boscaiolo, artigiano del legno”. Nella pronuncia dei forestieri, zimber scorse in tzimber, cimber e infine cimbro, estendendosi a indicare popolo e lingua (cfr. linguisticamente l’inglese timber, legname).
Torniamo al documento del 1287: con esso, il vescovo scaligero Bartolomeo della Scala stipula un contratto di locazione – valido per 29 anni e rinnovabile – con Olderico da Altissimo e Olderico dell’episcopato di Vicenza, due capi-comunità tedeschi provenienti dal vicentino, cui viene data in concessione una porzione della Lessinia delimitata a ovest dalla val Squaranto da Azzago a Pigozzo, a nord dai monti Lessini veronesi, a est da Velo, San Mauro di Saline, Moruri e Cancello; gli insediamenti comprendono umani ed animali, con mansioni contadine e, a compenso del duro lavoro, sono stabiliti alcuni privilegi, come non pagare il dazio sul sale e sulla lana che in parte può essere filata in proprio per i bisogni familiari, mentre la rimanente viene portata alle sgarzerie di Verona per la lavorazione e la successiva commercializzazione.
Interessante sottolineare che il contratto prevede il diritto ad un prete tedesco, dalla gente scelto e mantenuto – fondamentale in quanto tramite linguistico nei rapporti con il potere – e la conservazione delle proprie abitudini e tradizioni.
Nel 1376 il vescovo di Verona Pietro della Scala rinnova la stipula, poi non ci sono attestazioni per gli anni 1316-1346. La definizione “XIII Comuni” compare nel 1616, nel Vicariatis Montanearum Theotonicorum, “Vicariato della Montagna Alta del Carbon”, a comprendere
Velo (capoluogo amministrativo dal 1461 al 1797), Roveré di Velo (oggi Roverè Veronese), Val di Porro, Azzarino, Camposilvano, Selva di Progno, San Bartolomeo delle Montagne, Badia Calavena (fino al 1400 Sprea con Progno), Saline (San Mauro di Saline), Bosco Frizzolana (Bosco Chiesanuova), Tavernole, Erbezzo, Alferia (Cerro Veronese). Oggi, essendo alcuni centri stati assorbiti da altri più grossi, lo stesso territorio si allarga non più su 13, bensì su 8 comuni; a Giazza ha sede lo Sportello linguistico, il museo Cimbro e il centro di cultura del Curatorium Cimbricum Veronense, associazione che si occupa della valorizzazione e della tutela dell’antica lingua, nascosta in molte etimologie, ad esempio nel termine làite o làita, da Làite, “pendio, declivio”, e Rast, “posto dove si riposa”. Il toponimo Purga – quattro montagne presso Velo Veronese, Bolca, Durlo e Folgaria – risale al cimbro kar Purge, “al castello, presso il castello” o, per estensione, “sito adatto a ospitare un castello” (v. il tedesco Burg, castello, fortezza).
Tradizioni popolari – I coloni germanici portarono a dimora in Lessinia nuove creature
nelle vecchie fòle: orchi, anguàne, fàde e il bizzarro bisso galèto, corpo e testa di gallo sormontata da una grande cresta rossa, ali membranose dalle estremità spinose e coda di serpente. Una piccola creatura che par uscita dalle pagine di qualche bestiario medioevale: aveva la facoltà di aumentare o diminuire la lunghezza del proprio corpo; velenosissimo, il suo fiato era letale per gli esseri umani, così come il morso. Lo sguardo non era meno insidioso: poteva uccidere, seccare le piante e contaminare l’acqua; l’unico modo per eliminarlo era specchiarlo: se vedeva la propria immagine riflessa, moriva. Gli unici nemici naturali erano le donnole – ma solo a costo della propria vita – e i galli, attraverso il canto. Il bisso galeto usciva da un uovo deposto da un gallo vecchio e covato da un rospo o da un serpente anche per nove anni, viveva nei boschi e nelle vallate, ma se nasceva in casa, di notte alitava sui dormienti, che passavano dal sonno alla morte; inutile cercare di ferirlo con armi bianche, poiché il veleno risaliva, arrivando alla mano e al corpo. Una leggenda locale incolpa il bisso dell’epidemia di sifilide diffusasi nelle valli veronesi nel XV secolo, a riprova della sua identificazione maligna. Nei monti Lessini veniva chiamato “basalisco” e la sua presunta capacità di volare potrebbe derivare dall’abitudine in natura di alcuni colubridi, i “carbonassi”, di lanciarsi da un ramo di un albero all’altro. Più degli specchi e delle donnole, potè il Concilio di Trento (1545-1563), che dall’immaginario popolare bandì ogni creazione fantastica; si narra anche del passaggio del cardinale Borromeo, che avrebbe raccolto ansie e paure dei villici, segnalandole in quella sede, ma non esiste attestazione documentaria di tale visita. Suggestioni? Attenzione a sibili e fruscii alle spalle, durante le passeggiate nei boschi…
Back to reality: si segnalano i murales a tema realizzati nel 2016 all’ecocentro di Sant’Ambrogio di Valpolicella dagli allievi della scuola d’arte “Paolo Brenzoni” e dal docente e pittore Sebastiano Zanetti; un buon modo per coniugare estetica, pratica e cultura locale.
Nell’immagine di copertina: “La battaglia di Vercellae” di G.B. Tiepolo, 1725-’29