Gli enti locali hanno un ruolo fondamentale nell’erogazione di servizi necessari per un paese in continuo invecchiamento. Openpolis – Fondazione indipendente e senza scopo di lucro che promuove progetti per l’accesso alle informazioni pubbliche, la trasparenza e la partecipazione democratica – fornisce un’analisi, comune per comune, delle spese per la popolazione più anziana. Utilizzando i dati dell’Ufficio statistica del Comune di verona abbiamo analizzato la situazione di Verona e nelle 8 Circoscrizioni
La conseguenza del calo delle nascite che sta vivendo l’Italia è l’invecchiamento della popolazione. L’aumento della popolazione anziana rende quindi necessarie delle specifiche politiche di welfare a cui i comuni possono contribuire predisponendo dei servizi e finanziando delle coperture economiche e delle indennità.
Secondo la scienza moderna (Organizzazione Mondiale della Sanità), sono considerati anziani coloro che hanno raggiunto il 65esimo anno di età. Dato che la speranza di vita alla nascita è di gran lunga maggiore rispetto al passato, che è di 82 anni per gli uomini e di 85 anni per le donne, sono state definite due categorie di anzianità, una appartenente alla terza età e l’altra alla quarta età. Con terza età si intendono quelle persone con più di 65 anni caratterizzate da condizioni buone di salute, disponibilità di risorse e inserimento sociale. Per quanto riguarda la quarta età, invece, si sostanzia in decadimento fisico e dipendenza dagli altri.
Un’altra modalità impiegata per suddividere l’anzianità in fasi è attraverso la divisione in quattro sotto gruppi. Si parla di giovani anziani (età compresa tra i 65 e i 75 anni), anziani (75-84 anni), grandi vecchi (85-99 anni) e centenari. La Società Italiana di Gerontologia e Geriatria ha proposto di cambiare il concetto di anzianità, spostando a 75 anni l’età corretta per definire anziana una persona. Secondo uno studio, infatti, un 65enne dei giorni nostri tende ad avere una forma cognitiva e fisica di un 40enne di 30 anni fa, mentre un 75enne di oggi ha quella di un 55enne di 40 anni fa. Probabilmente è corretto alzare la soglie di anzianità considerando le aspettative di vita dei Paesi più sviluppati economicamente. Secondo i dati demografici, in Italia l’aspettativa di vita è aumentata di ben 20 anni rispetto al secolo scorso.
Un incremento rispetto al 2022 di circa 11 punti percentuali. L’Italia, al pari della Spagna, sarà invece al primo posto per quel che riguarda i residenti con più di 80 anni. Comporranno il 17,4% della popolazione del paese, circa 10 punti percentuali in più del valore registrato nel 2022. Al di là delle proiezioni, già oggi l’Italia è uno dei paesi più anziani al mondo, con 187,9 persone con almeno 65 anni ogni 100 persone con 15 anni.
La struttura di livelli di assistenza adeguati sarà quindi un aspetto cruciale per le politiche sociali dei prossimi anni. Si fa a partire dai comuni, gli enti più vicini alle dirette esigenze delle comunità. Gli interventi per questo gruppo demografico sono inseriti all’interno di una voce della dodicesima missione di spesa, quella dedicata alle politiche sociali la quale comprendeno diversi interventi. Tra questi ci sono le indennità dirette all’anziano, come la copertura pensionistica e gli sgravi per le cure mediche. Ma sono presenti anche le uscite per coprire i rischi che derivano dalla condizione di vecchiaia (come ad esempio il calo dei redditi) e i rimborsi per chi si prende cura della persona non autosufficiente. Infine, ci sono anche le spese sostenute per le strutture residenziali e gli strumenti assistenziali a favore di mobilità, integrazione sociale e svolgimento delle attività di vita quotidiana.
I dati di Openpolis dicono che tra le città con popolazione superiore a 200mila abitanti la spesa pro capite maggiore per gli interventi di assistenza agli anziani spetta a Trieste con 99,59 euro pro capite, peraltro la spesa rispetto al 2016, la spesa è aumentata del 6,7%, circa il doppio rispetto alla seconda (Milano, 46,48). Seguono Venezia (45,66) e Firenze (36,44). A spendere di meno sono invece le grandi città del sud: Catania (11,64 euro pro capite), Bari (3,08), Messina (2,82) e Napoli (0,50). La città che però registra l’incremento maggiore è Padova (+17,2%). Al contrario, le uscite degli altri comuni sono in calo. La diminuzione minore è quella di Firenze (-0,7%) a cui seguono Venezia (-5,9%) e Milano (-25,7%).
In base agli ultimi bilanci disponibili1, i comuni italiani spendono in media 16,67 euro a persona per la tutela della popolazione più anziana. Sono otto le grandi città che riportano spese superiori. Le amministrazioni con le uscite maggiori sono quelle della provincia autonoma di Bolzano (85,99), del Friuli-Venezia Giulia (60,25) e delle Marche (41,79). Al contrario, registrano spese minori i comuni siciliani (6,51 euro pro capite), calabresi (4,52) e umbri (3,68).
Tra i 7.901 comuni italiani (dato al 1° gennaio 2023), quello con la maggiore spesa assoluta e pro capite per gli interventi per gli anziani in tutti i comuni italiani (dati anno 2021) è San Leonardo in Passiria, in provincia di Bolzano, con 2.021,52 euro pro capite. Seguono tre comuni lombardi, Ferrera Erbognone (1.772,44) e Zavattarello (1.484,21) in provincia di Pavia e Grosotto (1.443,14) a Sondrio.
Comune | Spesa assoluta per gli interventi agli anziani in € | spesa procapite in € |
Venezia | 11.504.995,50 | 45,66 |
Padova | 7.006.727,02 | 33,91 |
Rovigo | 1.693.720,78 | 33,75 |
Vicenza | 3.600.147,49 | 32,64 |
Belluno | 982.347,01 | 27,75 |
Treviso | 1.981.005,83 | 23,46 |
Verona | 5.834.905,91 | 22,79 |
Cliccare sui nomi delle regioni per scaricare i dati comunali:Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino-Alto Adige, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto, totale nazionale.
Ma qual’è la situazione demografica a Verona? Consultando i dati dell’Ufficio statistica comunale (utilizzando dati aggiornati al 31/12/2021 e al 15/09/2022) risulta uno spaccato demografico così composto nelle 8 Circoscrizioni di Verona (vedere tabella).
L’indice di vecchiaia è un indicatore sintetico, ma molto dinamico, del grado di invecchiamento di una popolazione che indica meglio dell’età media, il livello di invecchiamento di una popolazione. Si ottiene rapportando l’ammontare della popolazione anziana (65 anni e oltre) a quella giovanile (da 0 a 14 anni), per 100. L’indice ci dice quanti anziani si contano per ogni 100 giovanissimi. Valori superiori a 100 indicano una maggiore presenza di soggetti anziani rispetto ai molto giovani. Dal censimento 1991 si ricava un valore per l’Italia dell’indice di vecchiaia di 96,2%, ciò significa che nel 1991 in Italia c’erano 96,2 ultrasessantacinquenni ogni 100 giovani (età compresa tra 0 e 14 anni). Nel censimento 2001 lo stesso indicatore assume il valore di 131,4%, nel 2011 di 148,7% mentre nell’ultimo censimento del 2021 il valore era di 187,6%, ovvero in Italia c’erano 187,6 ultrasessantacinquenni ogni 100 giovani. Nel 1951 era 33,5%! (dati fonte ISTAT). Per m,aggiori informazioni consulta qui i risultati della terza edizione del censimento della popolazione – periodo di riferimento anno 2021, data pubblicazione 15 dicembre 2022.
L’aumento della popolazione anziana richiama, di converso, la riduzione di quella delle nascite. Nell’Italia del 2030 potrebbero esserci 2 milioni di over-65 in più (+14,4% rispetto ai 13,8 milioni del 2020) e 1,3 milioni di under-14 in meno. I bambini e ragazzi fino a 14 anni, pari a 7,7 milioni di residenti nel 2020, potrebbero essere il 16,8% in meno nel 2030: 6,4 milioni di persone. Entro il 2030 i residenti in Italia tra 0 e 4 anni potrebbero diminuire di oltre l’8%, passando dai quasi 2,3 milioni del 2020 a meno di 2,1. Con effetti sulla tenuta del sistema sociale, economico e previdenziale del paese, ancora più preoccupanti se spinti in là nel tempo. La previsione relativa alla popolazione è stata effettuata nell’ambito delle statistiche sperimentali di Istat, sulla base dello scenario mediano e sono formulate tenendo come base il numero di residenti al 1° gennaio 2020.
Anche questo dato sarà pertanto da valutare nei bilanci degli enti locali con le correlate politiche pubbliche rivolte ai minori e alle loro famiglie le quali, se gestite in anticipo, potranno essere efficaci se si valuterà l’impatto del calo delle nascite sul territorio e si comprenderanno le tendenze. Il primo aspetto da considerare è l’offerta di asili nido, e in generale quella di servizi socio-educativi per l’infanzia.
Alberto Speciale
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1Tutti i dati indicati provengono dalla fonte Openbilanci – consuntivi 2016-2021.