Domenica 17 giugno alle ore 19, presso la Chiesa di Santa Maria Giustizia Vecchia ci sarà la presentazione del libro “Il Vento ha scritto la mia storia” dello scrittore curdo Benyamin Somay.
Un uomo che la vita ha costretto a guardarsi sempre le spalle, che ha dovuto abbandonare i propri affetti con un viaggio senza ritorno che l’ha portato nel vecchio continente.
Un testo assolutamente da non perdere che ti lascia senza fiato perché risulta difficile voltarsi dall’altra parte quando le parole ti suggeriscono qualcosa di forte e profondo.
Una storia come tante che si vedono tutti i giorni nei volti di chi scappa dalla paura, di chi ha negli occhi sia la tristezza ma anche la voglia di voler cambiare un mondo che non è sempre uguale per tutti.
E allora torniamo a parlare di gommoni, di mare da attraversare, di povertà ma anche di dignità. L’autore, ora, vive da uomo libero, nel nostro paese e attraverso il suo libro vuole parlare delle vicende di un popolo che chiede solamente la libertà.
E’ la voglia di molte persone di essere uno Stato Indipendente e Sovrano ma che allo stato attuale delle cose questi diritti gli sono negati visto che non hanno nemmeno il diritto di parlare la propria lingua.
Una storia che sembra fuori tempo, fuori dalla storia stessa in cui delle persone, assolutamente normali, lottano incessantemente ma in silenzio e disarmati contro quelli che usano gli uomini come merce di scambio.
Un racconto fatto di incontri, come quello con Don Tonino Bello, di persone che hanno deciso di non voltare le spalle alla propria coscienza. È la dolce sensazione delle differenze quali arricchimento della persona.
Il libro è una profonda e attenta autocoscienza, un passo verso la solidarietà, quella vera, non quella fatta solo di parole. Non si tratta di elementi di natura geopolitica, di convenienze bensì di vita vissuta.
Non parole vuote ma la vera essenza dell’essere uomo, qualsiasi sia la provenienza; si parla di fratellanza e di anima dell’uomo. Non è il solito e vecchio buonismo. Occorre cambiare radicalmente le nostre idee, il nostro modo di pensare.
Nel suo paese tutti, donne e uomini, stanno combattendo per essere liberi. Allora sono da rifiutare accordi politici come quelli di Dublino che rendono queste persone prigioniere di trattati politici, di un’Europa sempre più distante e disinteressata alle storie, tante storie, di sofferenza che questi volti testimoniano, continuamente, tutti i giorni.
Questa non è certamente umanità, non c’è solidarietà in tutti questo agire.
Il racconto di Benyamin, in questo senso, cerca di rimettere a posto tutti questi fili, di riannodare una storia che molti non vorrebbero nemmeno guardare.
L’uomo, dalle parole del nostro autore, non è solo cervello o razionalità bensì cuore e anima, amore e solidarietà. Dobbiamo tornare essere umani e non dei freddi automi che non vogliono vedere e toccare il dolore di chi scappa dall’orrore come Benyamin.