‘Il nostro pane quotidiano’, 12 volte più caro. L’analisi di Coldiretti sul flusso dei prezzi

 
 

Dal grano al pane il prezzo aumenta di dodici volte“.
È quanto afferma la Coldiretti in riferimento all’analisi di Assopanificatori sull’aumento dei prezzi in autunno nel sottolineare che la produzione di grano in Italia ha subito un taglio stimato pari al 10% per il clima pazzo, nonostante l’aumento delle superfici coltivate.

Il frumento in Veneto – spiega Coldiretti Verona – è ancora una coltura tra le più scelte tra gli agricoltori nonostante un leggero calo degli ettari vocati che però si attestano sui 90mila. Le rese sono buone, stimate a 6 t/ha (+10/15%) e qualità interessanti con una produzione di circa 550.000 tonnellate.
Nella provincia veronese sono 15.500 gli ettari coltivati a frumento.
Un chilo di grano tenero è venduto a circa 26 centesimi mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini ad un valore medio di 3,1 euro al chilo con un rincaro quindi di dodici volte, tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito.

Che il prezzo del grano incida poco su quello del pane lo dimostra anche l’estrema variabilità dei prezzi del pane in Italia mentre quelli del grano sono fissati a livello internazionale. Se a Milano una pagnotta da un chilo costa 4,2 euro, a Roma si viaggia sui 2,63 euro mentre a Palermo costa in media 2,95 euro al chilo secondo elaborazioni Coldiretti su dati dell’Osservatorio prezzi del Ministero dello Sviluppo economico.
Peraltro i prezzi al consumo – continua la Coldiretti – non sono mai calati negli ultimi anni nonostante la forte variabilità delle quotazioni del grano, che per lungo tempo sono state al di sotto dei costi di produzione.

Per ridurre la volatilità e stabilizzare i prezzi la Coldiretti è impegnata nel realizzare rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti.

 
 

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