Il business dei ticket di pronto soccorso: Sanità veneta campione di codici bianchi e di tasse

 
 

Sono tantissime le segnalazioni che lo Spi Cgil Verona riceve da parte di pensionate e pensionati, cittadine o cittadine, in merito ai conti salati che vengono emessi dopo l’accesso al pronto soccorso per motivi di salute non differibili per i quali il ricorso alla medicina d’urgenza non solo è legittimo, ma anche fortemente raccomandato (ad esempio in caso di colica renale, epistassi, pressione molto alta, difficoltà respiratorie, traumi, ferite profonde). Casi che spesso si risolvono senza il bisogno di un ricovero, osservazione medica o indagini supplementari, e che per questo motivo danno luogo alla richiesta di “compartecipazione” alla spesa sanitaria attraverso il pagamento ticket per ciascuna prestazione sanitaria ricevuta.

E’ esperienza comune che, per quanto dolenti siano i pazienti, il codice colore assegnato in ingresso al pronto soccorso è quasi sempre invariabilmente bianco. Il sistema sanitario regionale Veneto è campione nazionale sotto questo profilo: da una elaborazione effettuata nel corso del 2024 dalla Fp Cgil su dati Agenas, emerge che nel 2022 e nel 2023, a fronte di un tasso di accessi ai pronto soccorso per mille abitanti del tutto paragonabile con le altre regioni, nel Veneto la percentuale dei codici bianchi sul totale di accessi non è mai scesa al di sotto del 54%. Le altre regioni seguono a larga distanza: nel 2022 troviamo in seconda posizione il Friuli Venezia Giulia con una percentuale di codici bianchi del 19,54%, mentre nel 2023 troviamo seconda la Valle d’Aosta con il 28,24%.  Di converso, la nostra regione è fanalino di coda per quanto riguarda i codici verdi che nel periodo considerato non hanno mai superato il 20% del totale degli accessi. 

Non è dato sapere quanti siano i codici bianchi in uscita(elemento determinante nello stabilire l’applicazione del ticket) ma gli incassi da ticket sul pronto soccorso parlano da soli: tra il 2018 e il 2022, alla voce “Compartecipazione alla spesa per prestazioni sanitarie (Ticket sul pronto soccorso)”, il bilancio consolidato delle aziende sanitarie del Veneto ha visto iscritta una cifra media di 14,03 milioni di euro all’anno, contro una media, nello stesso periodo, di 7,18 milioni all’anno dell’Emilia Romagna, che ha quasi la nostra popolazione, e di 3,15 milioni all’anno della Lombardia, che ha quasi il doppio degli abitanti del veneto.

Le importanti entrate dei codici bianchi continuano tutt’oggi: ancora nel bilancio consolidato 2023, pubblicato nel giugno 2024, le aziende sanitarie venete hanno portato a casa 15.959.349,91 di euro per ticket da pronto soccorso. E nel previsionale del bilancio consolidato 2024 ci sono iscritti quasi altri 14 milioni.

Con 154.009 accessi in codice bianco (pari al 19,75% del totale) Ulss 9 Scaligera guida la classifica delle Ulss venete dopo Ulss 6 Euganea che ne ha 158.101.

“I dati dei pronto soccorso veronesi e veneti fotografano la condizione della sanità territoriale la cui programmazione è stata abbandonata per anni scegliendo di rafforzare la  sanità  privata. Questa situazione, assieme alla crisi della medicina di famiglia che questa amministrazione regionale non ha saputo  affrontare e programmare, limitandosi a tappare le falle con misure spot, determina la tripla ingiustizia per cui le persone sono costrette e rivolgersi ai pronto soccorso per malori di ogni tipo, data la carenza di servizi sul territorio; vengono sottoposte ad attese infinite e snervanti; vengono regolarmente accusate di affollare le strutture sanitarie (cosiddetti accessi impropri), e anche quando il ricorso al servizio d’emergenza sia giustificato, finiscono quasi sempre per pagare ticket salati. Il ticket rappresenta una ulteriore tassa  che si aggiunge a quelle che pensionati e lavoratori pagano già in misura preponderante per tutto il resto della popolazione; è noto infatti che il gettito Irpef deriva per il 90% dai redditi fissi di pensionati e lavoratori. In questa grave situazione a farne le spese non sono solo le persone che si rivolgono ai pronto soccorso ma anche i medici e infermieri che affrontano situazioni di vera e propria emergenza con grande coraggio ed abnegazione. Inoltre  è da denunciare la carenza di personale medico e infermieristico, si stima che nel settore dell’emergenza-urgenza manchino oltre 4.500 medici e circa 10.000 infermieri” commenta Adriano Filice, Segretario Spi Cgil Verona. 

“Al confronto con quelli delle altre regioni, i dati veneti sono sconcertanti – prosegue – mettendo in rilievo un’ulteriore canale di drenaggio di risorse dalle tasche dei più fragili verso un sistema sanitario regionale  che non ha saputo rispondere ai bisogni delle persone.  Abbiamo dovuto ascoltare anche quest’anno la propaganda sui presunti risultati positivi del sistema sanitario veneto che sul territorio, tuttavia, non sono stati minimamente percepiti. Continuano a mancare i medici di famiglia; le forme di aggregazione tra quest’ultimi sono rimaste a livello embrionale; l’evoluzione di medico distrettuale impressa alla figura della guardia medica si è finora rivelata un flop; ancora non sappiamo con quale personale verranno popolate le case e gli ospedali della comunità che, non senza forti e gravi ritardi, si stanno realizzando grazie alle risorse europee; e nel frattempo proseguono le uscite di medici e infermieri dalla sanità pubblica per pensionamento e per passaggio verso la sanità privata dove si lavora in condizioni migliori e le paghe sono più soddisfacenti. In questa grave situazione è necessario e indispensabile il potenziamento della medicina territoriale, potenziamento del personale e maggiore disponibilità di posti letto, riduzione delle liste d’attesa e la tutela del personale sanitario” conclude Filice.