Sguardo verso il Teatro Filarmonico. Alle 11,30 un ritmico batter di mani attraversa via del Mutilati, Corso Porta Nuova e Via Roma. Vestiti scuri, cartelli e sulla mascherina il celebre brano “Nessun dorma” tratto dalla Turandot di Giacomo Puccini, Ecco come si presentavano questa mattina i lavoratori di Fondazione Arena di Verona che si sono radunati in ordine per manifestare la loro preoccupazione per la ripresa che tarda ad arrivare.
Il DPCM ha infatti sbloccato il codice ateco dei lavoratori dello spettacolo, permettendo loro di tornare operativi a partire dal 15 giugno, ma ancora la Fondazione resta in silenzio lasciando i suoi lavoratori nello sconforto.
Sono mesi che orchestrali, coristi, tecnici e ballerini non si vedono, ma niente abbraccio strette di mano, c’è la consapevolezza della situazione e la Polizia che attenta verifica che tutto si svolga in ordine.
Il mondo dello Spettacolo (comprese le Fondazioni Liriche Sinfoniche), dopo la conferma della riapertura, ha iniziato a confrontarsi con le organizzazioni sindacali per definire i protocolli sanitari e riprendere subito le attività.
Fondazione Arena di Verona, invece, ha deciso di intraprendere un’altra strada: vuole congelare qualunque attività e intende collocare in “FIS” (cassa integrazione) per ulteriori 9 settimane tutti i lavoratori – che sono già stati collocati ininterrottamente in FIS dal 25 marzo, percependo mediamente 900,00 € al mese.
Forse ci si dimentica che i finanziamenti pubblici servono per sovvenzionare ed organizzare momenti culturali da offrire alla cittadinanza, e non forme di sostentamento, e manca una vision per gestire efficacemente le problematiche di impatto sociale ed etico.
Il Segretario generale CGIL-SLC Mario Lumastro: “Manca la volontà da parte della Fondazione di riprendere l’attività e permettere ai suoi lavoratori di tornare ad esibirsi. Mancano progettualità e soluzioni efficaci: si può e si deve tornare a lavorare in sicurezza”.
“Vogliamo tornare a lavorare – questo il grido di Elena Mazzoni coordinatrice regionale FISTel Cisl – ci sono lavoratori senza più cassa integrazione, ci sono stati tavoli tecnici per stabilire le norme per ripartire al più presto. Ma soprattutto non vogliamo che questa situazione sia strumentalizzata per eliminare il “sistema Fondazione”.
Chiara Piccinelli: “Noi musicisti abbiamo vissuto con sconforto questo periodo e solo il pensiero di poter tornare a suonare tutti assieme ci ha dato la forza di resistere. Abbiamo bisogno di provare, di creare quella sintonia che solo un’orchestra che lavora costantemente insieme può avere. Il nostro è un lavoro per il territorio, di promozione dell’arte e della cultura”.
“Cosa sarebbe stata questa quarantena senza musica, canto, letteratura e l’arte? – chiede Gabriele Lombardi del coro -. Noi siamo considerati lavoratori non indispensabili, ma invece non è così”.
Emanuele Breda, orchestrale “La musica e l’arte sono un antidoto contro il malessere di questo momento e sono un vaccino per la nostra società”.
Ma intanto le saracinesche del Teatro filarmonico restano abbassate, e sui cartelloni vuoti, come unico ricordo, il triste spettacolo dei concerti cancellati.