Giacomo Matteotti raccontato e cantato al Teatro Camploy

 
 

Nel centenario dalla morte dello storico rappresentante della resistenza al regime fascista Giacomo Matteotti, le associazioni veronesi degli ex-deportati, partigiani e perseguitati politici propongono alle scuole e ai giovani, assieme al Comune di Verona, una performance a metà tra teatro e canzone.

“A cento anni da quel delitto, – afferma l’assessore alla Memoria storica del Comune di Verona, Jacopo Buffolo – spesso le nuove generazioni conoscono il suo nome solo per le vie e le piazze che in tutta Italia gli sono state dedicate per la sua morte, che lo ha fatto assurgere a “martire”, ma non ne conoscono la vita, un esempio fulgido di dedizione alle cause del socialismo, dell’antimilitarismo, della difesa dei diritti della classe lavoratrice, di cui cercava con ogni mezzo di sviluppare senso civico e protagonismo. Una dirittura morale, un’avversione alla guerra e una dedizione al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione che sono ancora oggi, forse oggi più che mai, un esempio attualissimo da far conoscere ai giovani, per aiutarli a conoscere e interpretare le sfide, i problemi e le scelte che sono chiamati ad affrontare anche nel nostro tempo”.

Con “Ma non l’idea: da Matteotti al 25 aprile. Vent’anni e più di resistenza”, Alessio Lega, voce e chitarra, Guido Baldoni, voce e fisarmonica, e Rocco Marchi, basso e percussioni, saliranno sul palco del Teatro Camploy (via Cantarane, 32, zona Porta Vescovo) per raccontare e cantare la vita dell’integerrimo deputato socialista, tra i primi a denunciare la corruzione e la violenza del regime fascista. Denunce che pagò con la vita: di fatto su ordine di Mussolini, fu rapito e ucciso.

Lo spettacolo si terrà lunedì 28 ottobre 2024: al mattino, dalle 10.30 alle 12.00, ed è dedicato alle scuole secondarie di II grado mentre la sera, alle 20.45, sarà aperto a tutti. Entrambi gli appuntamenti sono a ingresso libero. Gli insegnanti che intendano accompagnare una o più classi sono invitati a prenotare telefonando ad Aned 324 991 7064 oppure scrivendo una e-mail a [email protected]

Con questo omaggio a Matteotti le associazioni veronesi antifasciste e nonviolente, cioè le sezioni veronesi di Aned (Associazione Nazionale ex Deportati nei Campi nazisti), Anps (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), Anppia (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Antifascisti) e il Movimento Nonviolento, intendono far conoscere ai giovani le sue gesta, attraverso le sue parole e la musica popolare. Va raccontata non solo la sua morte, ma la sua vita, la sua realtà, le sue battaglie, le sue idee.

LA VITA DI GIACOMO LAURO MATTEOTTI (Fratta Polesine, 22 maggio 1885 – Roma, 10 giugno 1924) politico, giornalista, antifascista italiano, segretario del Partito Socialista Unitario, proveniva da una famiglia di idee socialiste e aderì alla giovanile del Partito Socialista Italiano a soli 13 anni, a 22 fu eletto consigliere comunale, poi consigliere provinciale, sindaco. Nell’imminenza dello scoppio della Prima Guerra Mondiale iniziò il suo impegno contro la guerra, considerata scontro tra le borghesie nazionali sopportata però dal sacrificio del popolo. Prospettò per la prima volta il ricorso all’insurrezione del proletariato per impedire l’entrata in guerra dell’Italia, manifestò il dissenso alla guerra e propagandò l’impiego di qualsiasi mezzo per evitare la catastrofe della guerra. Le sue posizioni antimilitariste e il suo attivismo contro la guerra gli costarono l’allontanamento dal Polesine e il confino per 3 anni nei pressi di Messina. Sposò Velia Titta, poetessa, e con lei ebbe due figli e una figlia.

“Tempesta” -come era soprannominato dai compagni di partito per il carattere battagliero, intransigente, meticoloso e dedito allo studio e alla raccolta dei dati per le frequenti denunce della violenza squadrista- eletto in Parlamento, il 30 maggio 1924 prese la parola alla Camera dei deputati per contestare i risultati delle elezioni, denunciando le violenze, le illegalità e gli abusi commessi dai fascisti e dalla nascente dittatura di Benito Mussolini per riuscire a vincere le elezioni: «Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me» disse ai compagni. Rapito e assassinato il 10 giugno 1924 da una squadra fascista capeggiata da Amerigo Dumini, il suo corpo fu ritrovato solo due mesi dopo l’omicidio. L’efferatezza con cui fu compiuto il delitto, fece sì che fin dai primi giorni l’opinione pubblica antifascista identificasse in Giacomo Matteotti uno dei suoi martiri. A dare un forte contributo alla mitizzazione del deputato socialista fu lo stralcio della confessione attribuita ad Albino Volpi, uno degli esecutori materiali dell’assassinio, pubblicato sul quotidiano del Partito Comunista d’Italia «Il contegno di Matteotti è stato assolutamente spavaldo mentre lo pugnalavamo; direi eroico. Ha continuato fino alla fine a gridarci in faccia: «Assassini, barbari, vigliacchi!» Mai ebbe un momento di debolezza per invocare pietà. E mentre noi continuavamo nella nostra azione egli ci ripeteva: «Uccidete me ma l’idea che è in me non la ucciderete mai». […] Fino alla fine, fin che ha avuto un filo di voce ha gridato: «La mia idea non muore! I miei bambini si glorieranno del loro padre! i lavoratori benediranno il mio cadavere!». E’ morto gridando: «Viva il socialismo!»»