Federica Sandrini è la “Signorina Else” al Camploy, stasera

 
 

Stasera, venerdì 13 aprile alle 20.45 va in scena al Camploy, nell’ambito della prosa fuori abbonamento dell’Altro Teatro, la “Signorina Else”, spettacolo tratto dall’omonimo racconto di Arthur Schnitzler (1862-1931) del 1924; di Alberto Oliva la regia, di Enrico Groppali la traduzione.

Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Napoli e da Teatro Out Off, ha per protagonista la veronese Federica Sandrini, applaudita interprete, due mesi fa al Nuovo, di “Sei personaggi in cerca d’autore” accanto a Eros Pagni e a Gaia Aprea. L’allestimento di questa “Signorina Else”, andata in scena in prima nazionale lo scorso maggio al Mercadante di Napoli, è coinciso con l’anno dello scandalo Weinstein, che ha visto molte donne denunciare pubblicamente gli abusi sessuali subiti in cambio di opportunità lavorative.

La trama – Else è una diciannovenne viennese di buona famiglia borghese; il padre, famoso avvocato, ha il vizio del gioco e rischia spesso l’arresto. Durante una vacanza in montagna a San Martino di Castrozza, Else riceve un’accorata lettera della madre, che le comunica che il padre rischia l’arresto per sottrazione indebita di denaro e nella quale la implora di chiedere trentamila fiorini (che poi diventano cinquantamila) ad un ricco amico di famiglia, che si trova per caso nello stesso albergo. Una richiesta subdola, nel paventare la possibilità che il padre si tolga la vita, nel caso venga arrestato.

Il laido signor von Dorsday, amico del padre di Else, darà il denaro, a condizione che ella gli si mostri nuda. Attraverso il monologo interiore della ragazza – messa di fronte alla necessità di prostituirsi per salvare suo padre dal suicidio e la famiglia dallo scandalo e dalla bancarotta – Schnitzler critica impietosamente la società viennese dell’epoca, in particolare la famiglia, la condizione femminile e la frivolezza e la superficialità della borghesia.

«“Prima di scendere fra quella volgare accozzaglia, vorrei gridare all’aria un addio. Ma a chi sarebbe rivolto? Mi sento così sola, nessuno può comprendere la mia straziante solitudine”. In questa accorata esclamazione della giovane Else – dichiara il regista Alberto Olivastanno il senso e la grande forza che trovo nel testo di Schnitzler, un dramma della solitudine e dell’indecisione di straordinaria attualità. Si respira già l’angoscia insanabile della nostra epoca, ipercolta, ipersensibile, iperconsapevole della propria storia, iperprotettiva e iperdistruttiva nei confronti della propria memoria. Condannata all’immobilità dalla troppa coscienza del passato e travolta dalla paura del futuro che la rende incapace di prendere qualsiasi decisione. Il testo appare in tutta la sua forza metaforica nella sua fedeltà all’originale di Schnitzler, proprio perché credo che l’efficacia maggiore stia proprio nella collisione tra un’adesione filologica alla parola dell’autore e un immaginario a noi contemporaneo. Quindi ho scelto di portarlo in scena così com’è stato scritto, sebbene parzialmente tagliato per esigenze sceniche, nella limpida e moderna traduzione di Enrico Groppali».

 
 
Alessandra Moro
Sono nata a Verona sotto il segno dei Pesci; le mie radici sono in Friuli. Ho un fiero diploma di maturità classica ed una archeologica laurea in Lettere Moderne con indirizzo artistico, conseguita quando “triennale” poteva riferirsi solo al periodo in cui ci si trascinava fuori corso. Sono giornalista pubblicista dell’ODG Veneto e navigo nel mondo della comunicazione da anni, tra carta, radio, tv, web, uffici stampa. Altro? Leggo, scrivo, cucino, curo l’orto, visito mostre, gioc(av)o a volley. No, non riesco a fare tutto, ma tutto mi piacerebbe fare. Corro contro il tempo, ragazza (di una volta) con la valigia.

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