ll periodo di Par Condicio elettorale entra in vigore nei 45 giorni antecedenti il giorno prima delle operazioni di voto, quindi dal 28 aprile
In particolare la Par Condicio deve essere garantita nei due distinti periodi in cui si articola la campagna elettorale che sono: nel periodo intercorrente tra la data di convocazione dei comizi elettorali e la data di presentazione delle candidature e nel periodo intercorrente tra la data di presentazione delle candidature e quella di chiusura della campagna elettorale.
Tutte le Pubbliche Amministrazioni nel periodo della campagna elettorale non possono svolgere attività di comunicazione istituzionale, salvo quelle strettamente indispensabili al buon andamento dell’Istituzione, che dovranno comunque osservare una forma rigorosamente impersonale, come recita l’articolo 9, comma 1 della Legge 22 febbraio 2000, n. 28, ‘Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica’: “Dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni”.
In base a tale divieto le “Pubbliche Amministrazioni” devono astenersi non solo dalle manifestazioni volte ad appoggiare le liste o i candidati impegnati nel confronto elettorale (propaganda elettorale in forma diretta), ma anche da tutti gli interventi che, avendo come finalità principale la promozione dell’immagine politica o dell’attività istituzionale dell’ente, favoriscano una rappresentazione positiva o negativa di una determinata opzione
elettorale (propaganda elettorale in forma mediata).
L’espressione “Pubbliche Amministrazioni” (in seguito anche P.A.) usata dal legislatore deve essere intesa in senso istituzionale e non con riferimento ai singoli soggetti titolari di cariche pubbliche. Il richiamo a “tutte” le pubbliche amministrazioni, fa sì che debbano ricomprendersi oltre a quelle coinvolte direttamente dalle elezioni, anche le altre pubbliche amministrazioni, nonché, gli enti, istituti, aziende dipendenti dagli enti territoriali.
La ratio della disciplina è, principalmente, quella di prevenire i rischi di interferenza e le distorsioni che la comunicazione degli enti pubblici potrebbe indurre rispetto ad una libera consultazione elettorale; secondariamente, di evitare che chi ricopre cariche pubbliche, nel momento della scadenza del mandato, sia tentato di utilizzare gli strumenti di cui dispone per avvantaggiare la propria parte politica, alterando il principio della par condicio.
Tuttavia, non può considerarsi realistico che, nell’intero periodo di campagna elettorale ufficiale, l’attività di comunicazione dell’amministrazione pubblica debba arrestarsi completamente. Questo perché le attività di comunicazione svolte dalle P.A. sono multiformi ed impedirle significherebbe ledere una delle finalità istituzionali delle stesse, consistente nel servizio pubblico di informazione svolto nell’interesse dei cittadini e per garantire la trasparenza delle pubbliche amministrazioni.
La vera questione consiste nel tracciare una distinzione tra l’attività di propaganda e l’attività di informazione svolta dalle amministrazioni nel periodo di campagna elettorale. Separazione non sempre pedissequamente applicata, volutamente o in buona fede, dalle P.A..
Ai fini di un ulteriore migliore chiarimento circa la portata del divieto può essere venire in aiuto la distinzione tra la c.d. “comunicazione di servizio” e la “comunicazione di immagine”. Alla prima sono ascrivibili tutte le attività informative relative al funzionamento degli uffici, alla normativa vigente, ai servizi erogati nel territorio, che restano ammesse nel periodo pre-elettorale. Mentre nel concetto di “comunicazione immagine” ricadrebbero tutte le attività d’informazione volte a fornire una rappresentazione positiva della P.A. o dei suoi organi, allo scopo di legittimarne l’esistenza e/o l’attività o di promuovere la riconferma, le quali sono invece da considerare vietate per evitare possibili distorsioni nella competizione politica che precede le elezioni.
Per concludere, ciò che la legge intende evitare sono le “occasioni” di propaganda istituzionale, non ogni tipo di comunicazione culturale o politica da parte dell’ente pubblico. La diffusione di informazioni di stretta utilità sociale integra la realizzazione di un servizio pubblico la cui continuità non può venire meno nel periodo che precede la consultazione elettorale.
Si tratta, sotto quest’aspetto, di garantire la realizzazione sia dell’art. 21 Costituzione, che garantisce un diritto ad essere informati a favore dei cittadini, che l’art 97, sempre della stessa, secondo cui i pubblici uffici sono organizzati in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.
La complessità, in questo caso come in molte altre fattispecie in cui la libertà di informazione si scontra con altri diritti meritevoli di tutela, consiste nell’individuare il corretto (ragionevole?) bilanciamento tra i diversi interessi in gioco.
La normativa sul “silenzio elettorale” risale alla Legge 4 aprile 1956, n. 212, venne rivista nel 1975 dalle Legge n.130 per estenderla a tutte le trasmissioni Rai e nel 1984 alle emittenti private. L’obiettivo è (era?) quello di permettere una più serena decisione da parte dell’elettore, tuttavia, oggi è plausibile interrogarci se la normativa abbia ancora senso visto che il legislatore ha “silenziato” radio e televisioni ma non è ancora intervenuto a legiferare sui mezzi di comunicazione “social”, di fatto ancora esclusi dalla normativa.
Alberto Speciale
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Per maggiori info scarica qui: Vademecum par condicio in ambito locale. Le regole della comunicazione nel periodo elettorale. Regione Lombardia.