Si aprirà sabato 8 dicembre 2018, proseguendo sino a Natale, presso la Chiesa di San Pietro in Monastero in via Garibaldi n.1, una doppia personale di Renzo Ogheri e Giancarlo Molinari.
RENZO OGHERI
Il primo, artista poliedrico, ha alle spalle una storia simbioticamente legata alla città di Verona. Ha iniziato molto giovane in una bottega artigiana dedita alla realizzazione di oggetti d’arte sacra.
Un inizio che lo ha profondamente influenzato, che è parte integrante della sua formazione artistica ma soprattutto è stata la chiave di volta per appassionarsi a quella passione della lavorazione dei metalli e dei ferri antichi.
Inizia il suo periodo di formazione partendo dall’istituto d’Arte “Napoleone Nani” dove, sotto la guida del prof. Zoppi, apprende, con molta curiosità, l’arte del disegno. Negli anni settanta, dopo aver appreso le differenti tecniche e i vari stili artistici, decide di aprire un proprio laboratorio artigianale dedicandosi a lavori di restauro unitamente alla progettazione e costruzione di opere in metallo per l’arredamento d’interni.
Ma è negli anni ottanta che scopre la sua vena artistica che lo porta a sperimentazioni personali come il tagliare e sagomare lastre di metallo grezzo, quasi un nuovo mitologico Vulcano all’opera con le sue creature. Il metallo diviene nobile perché ne scaturiscono opere di enorme e grande effetto decorativo.
Le opere in questa mostra sono la narrazione del suo essere artista, la sintesi del suo percorso creativo. Si tratta di lamine e semilavorati industriali tagliati quasi sempre in figure geometriche semplici, quali rettangoli, quadrati o anche cerchi che poi l’artista ha reinterpretato secondo un estro molto personale.
C’è sicuramente dell’irregolarità nelle sue opere che, tuttavia, mantengono un certo equilibrio dovuto alle forme scelte per rappresentare la sua vena artistica. Opere che trasmettono uno splendore lacerato, che attraversa la materia per andare oltre, un percorso che riprende quello di Lucio Fontana.
Un’intensa analisi artistica, il ricercare, attraverso i fori e le lacerazioni, particolari effetti di luce ed ombra, quasi a ricordare profondità non note. Particolare non trascurabile l’utilizzo di una materia la cui lucentezza e nitidezza permettono all’opera di illuminarsi. Ogheri non utilizza molto il colore perché sono gli stessi metalli, con i loro effetti e colori a fornire le giuste sensazioni a coloro che si avvicinano alle sue opere.
Utilizza molto l’oro (il suo preferito) e l’accostamento al nero del supporto su cui l’opera è appoggiata ne esalta ancor più la natura. Ha una predilezione per i tagli, le fenditure e tutto ciò che, in qualche modo, squarta la realtà. Una presenza destabilizzante della materia nella quotidianità, un percorso che ridona alla materia primordiale la sua giusta collocazione nello scorrere della vita, quasi avesse voce. Luce ed ombra acquistano volume e il pensiero dell’artista di fonde con quello dell’osservatore che diviene complice del maestro in una costruzione creativa voluta fortemente dall’artista stesso.
GIANCARLO MOLINARI
Giancarlo Molinari nasce a Verona nel 1943 e dimostra, sin dall’inizio, un particolare interesse per le arti figurative, per questa ragione frequenta, come Ogheri, l’Istituto d’Arte “Napoleone Nani”.
I suoi mentori saranno i pittori Farina e Pigato. Nel corso degli anni ’60 decide, inoltre, dei corsi di grafica e design. Ciò che lo caratterizza in quegli anni sono in particolare le figure femminili e dei paesaggi che lui reinterpreta attraverso un uso rapido e poderoso del pennello.
Poiché è un personaggio molto estroverso e bramoso di unire insieme arte e pratica, unisce alla pratica l’operosità quella dell’arte di decoratore vetrinista ed infine giunge, a fine anni ’90, a quella di grafico pubblicitario. Pur mantenendo costante il suo rapporto con la pittura, decide di avventurarsi anche nel mondo della fotografia.
Questo è il motivo per cui partecipa, spesso, a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, a esposizioni in questa sua duplice veste di pittore e fotografo.
Il lato di fotografo scaturisce da una sua esigenza personale, un percorso da autodidatta, un mezzo attraverso il quale completare il proprio percorso artistico.
Un istante della sua vita che lo impregna a tal punto da divenire, ad un certo punto della sua vita professionale, un fondamentale passo attraverso il quale completare il suo lato artistico, quasi in simbiosi con la sua vena artistica, una nuova ricerca visiva che serve a coniugare i due aspetti della sua arte: pittura da un lato e fotografia dall’altro. L’avvento del digitale gli permette una modalità di lavoro più rapida. È la fusione di due arti che lui stesso definirà “Fotopittura”.
Il suo è un percorso artistico molto variegato e altalenante. Vi sono, infatti, periodi in cui decide di dedicarsi soprattutto ad uno studio che parte dai grandi artisti del passato per arrivare a quelli attuali, attraverso un percorso che lo porta sia ad analizzare profondamente i concetti base dell’arte ma anche a cercare nuove sperimentazioni e all’applicazione di nuove tecniche.
Dopo la metà degli anni ’90 torna ad esporre a Verona. La sua è un’arte che mette in mostra la sua continua ricerca artistica, la sua evoluzione personale che trasuda dei suoi studi sui maestri contemporanei, come il celebre Kandinsky.
Dalle sue opere si percepisce il suo entusiasmo per il coloro, sono visioni particolari, quasi apparizioni che si possono accostare più al nostro io interiore che intellettuale, c’è più anima che ragione, senza, però, mai eliminare la parte iconica. Dopo una parentesi vissuta all’estero, decide, nel 2008, di tornare in Italia, a Verona, e qui, ancora oggi, si dedica e lavora alla sua arte che risulta, tuttora, alquanto visionaria.