Nato a Palermo il 15 settembre del 1937, don Pino Puglisi divenne parroco di san Gaetano, a Brancaccio, nel 1990 e subito si occupò delle condizioni di degrado del quartiere: non c’era una scuola, un presidio sanitario, non funzionavano le fogne. E da subito il nuovo parroco fondò il centro Padre Nostro per istruire i ragazzi e toglierli dall’influenza della mafia che li instradava nel mondo del crimine. “Don Puglisi è stato ammazzato perché ci toglieva i ragazzi”, hanno detto alcuni mafiosi nel corso del processo ai mandanti e agli assassini del prete.
Arriverà anche papa Francesco per ricordare i 25 anni dall’assassinio di don Pino Puglisi avvenuto ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993. A Palermo c’è attesa per il pontefice che andrà in visita a Brancaccio, il quartiere dove operò il prete e comandavano i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, accusati come mandanti del suo omicidio.
Sulla mafia la Chiesa non è stata in prima linea nel condannare cosa nostra, lo ricorda bene Gian Carlo Caselli raccontando: “Quando ero procuratore a Palermo, dal 1993 al 1999, ogni domenica per ragioni di sicurezza cambiavo la chiesa dove andavo a messa. Bene, in nessuna messa ho mai sentito un prete parlare di mafia”. Nel 1993 qualcosa è cambiato, non solo per l’uccisione di don Puglisi, ma anche per il discorso che Giovanni Paolo II tenne il 9 maggio dello stesso anno nella valle dei templi di Agrigento: “Convertitevi, un giorno verrà il giudizio di Dio”, gridò il pontefice. E poi nel 2013 la beatificazione di don Puglisi, il primo prete salito agli onori degli altari in “odium fidei”, per l’odio della fede.
Domani ascolteremo il discorso di papa Francesco e capiremo quanto mancherà alla santificazione di “3P”.
Alberto Speciale