Da Tucson a Verona per studiare la dieta mediterranea come cura e prevenzione di gravi malattie: a tal fine, sedici studenti americani, guidati dal professor Donato Romagnolo e dalla ricercatrice Ornella Selmin del dipartimento di Scienze dell’Alimentazione dell’Università dell’Arizona sono stati ospiti del frantoio Bonamini, eccellenza olearia veronese pluripremiata a livello internazionale.
Il programma “Mediterranean Diet and Health” mira a comprendere come gli alimenti della dieta mediterranea, correttamente assunti, riescano ad apportare benefici in termini di salute, giungendo a prevenire una serie di malattie e disturbi cronici, tra cui problemi cardiovascolari, cancro e diabete. Spinto da questo obiettivo di ricerca, il gruppo americano ha intrapreso un viaggio, della durata di un mese, alla scoperta delle tipicità enogastronomiche del Veneto, facendo prima tappa a Verona, dove, nella visita al frantoio, è stato illustrato il processo di produzione e le molteplici proprietà organolettiche dell’olio extravergine d’oliva, uno dei protagonisti della nostra dieta, dichiarata patrimonio culturale immateriale dell’Unesco nel 2010 in quanto “molto più di un semplice elenco di alimenti o una tabella nutrizionale” ma “stile di vita che comprende una serie di competenze, conoscenze, rituali, simboli e tradizioni concernenti la coltivazione, la raccolta, la pesca, l’allevamento, la conservazione, la cucina e soprattutto la condivisione e il consumo di cibo”.
La denominazione “dieta mediterranea” è stata coniata a metà degli anni Settanta dagli scienziati americani Ancel e Margaret Keys per identificare tale stile (dal greco diaìta, appunto “stile di vita”), oggetto dei loro studi fin dagli anni Cinquanta, con l’esito di spiegare la longevità delle popolazioni del meridione italiano – in particolare di Napoli, del Cilento e del resto della Campania, ma anche della Calabria, della Sardegna e delle Marche – con le abitudini alimentari, i costumi sociali, le produzioni locali.
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