Nonostante la malattia si manifesti inizialmente come una malattia respiratoria, la trombosi è un segno distintivo della maggior parte dei casi gravi e critici di Covid-19. Questa evidenza potrebbe aprire scenari terapeutici mirati a diminuire il processo infiammatorio e trombotico nei pazienti più gravi.
È quanto emerge dalla ricerca “Platelets Promote Thromboinflammation in SARS-CoV-2 Pneumonia”, pubblicata sulla rivista Arterioscleosis, Thrombosis and Vascular Biology e condotta dall’ateneo di Verona e dall’università di Chieti, con il sostegno della Fondazione TIM, Fondazione Cariverona e del MUR.
“Nei pazienti COVID-19 si generano piastrine, con fenotipo procoagulante, che sono più predisposte, interagendo con i leucociti, a diffondere l’infiammazione attraverso il circolo sanguigno e a causare la trombosi nella rete vascolare polmonare e sistemica”, spiega Pietro Minuz, direttore della sezione di Medicina interna nel dipartimento di Medicina dell’ateneo di Verona e autore corrispondente della ricerca. Primi autori sono Francesco Taus, Gianluca Salvagno e Stefania Canè. Altri autori dell’ateneo sono Cristiano Fava, Fulvia Mazzaferri, Elena Carrara, Varvara Petrova, Roza Maria Barouni, Francesco Dima, Andrea Dalbeni, Simone Romano, Giovanni Poli, Marco Benati, Simone De Nitto, Giancarlo Mansueto, Evelina Tacconelli, Giuseppe Lippi e Vincenzo Bronte.
“Sono stati studiati pazienti con polmonite da virus SARS-CoV-2 in condizioni cliniche non gravi ed in una fase inziale della malattia”, spiega Minuz. “Abbiamo osservato nel sangue dei pazienti la presenza di piastrine coniugate a monociti e granulociti, due diversi tipi di globuli bianchi. Abbiamo documentato che questo fenomeno era quantitativamente rilevante e associato a specifiche modificazioni del fenotipo delle piastrine che esprimevano sulla superficie una specifica proteina, la proteina P-selectina, implicata nel legame delle piastrine con leucociti e cellule endoteliali, fenomeno osservabile nei soggetti sani solo dopo stimolo. Le piastrine dei pazienti contenevano nei loro granuli e, se stimolate, rilasciavano citochine, chemochine e fattori di crescita in misura maggiore rispetto a quanto osservato nei soggetti sani”.
Queste osservazioni hanno una stretta connessione con la clinica della malattia, in quanto una più estesa e più grave polmonite si accompagna a un accelerato processo coagulativo. Ciò assieme alle dimostrate attività proinfiammatorie delle piastrine aiuta a spiegare i meccanismi e l’elevata prevalenza di trombosi polmonare nei pazienti COVID-19 e l’entità del processo infiammatorio (thromboinflammation) evocato dall’infezione virale.
“I risultati del nostro studio”, concludono gli autori, “contribuiscono alla conoscenza della fisiopatologia della malattia e alla identificazione di nuovi obiettivi terapeutici, mirati all’attenuazione del processo infiammatorio e trombotico nei pazienti COVID-19”.
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