Per la Corte dei Conti Sezione Seconda Centrale d’Appello la rinuncia da parte dell’ente locale, locatore, ai crediti (certi, liquidi ed esigibili) derivanti dai contratto di locazione stipulati con Associazioni no profit, non potendosi inquadrare tra gli “aiuti/contributi/sovvenzioni”, configura una remissione del debito e come tale qualificabile “danno erariale”. Condannati al risarcimento il Sindaco, gli Assessori ed il Dirigente servizio finanziario del Comune.
Sentenza “pericolosa” per tutte le Associazioni no profit quella pronunciata dalla Corte dei Conti Sezione Seconda Centrale d’Appello nella camera di consiglio del giorno 24
maggio 2018, ma depositata in Segreteria soltanto il 12 marzo 2019 al n. 78.
La vicenda si incentrava sull’adozione da parte degli amministratori locali del Comune di Biella di una deliberazione (del 07.04.2009), con la quale si rinunciava al credito esistente al 31.12.2007, quantificato in euro 68.481,24, per canoni arretrati maturati negli anni 2005, 2006 e 2007, a fronte della concessione di locali di proprietà dell’amministrazione comunale in favore di n. 30 associazioni. La decisione dell’Ente di rinunciare a tali crediti veniva giustificata, dallo stesso, sulla base degli articoli del Regolamento comunale di contabilità, che consentivano al Comune di concedere benefici economici, anche di propria iniziativa, per interventi nei settori di utilità pubblica gestiti da privati, enti ed associazioni, e che definivano quale oggetto della disciplina delle erogazioni liberali le sovvenzioni, i sussidi, i contributi, e ogni altro provvedimento.
La condotta degli amministratori è stata ritenuta illecita sotto molteplici profili.
In primo luogo lo stesso inquadramento nell’ambito dei benefici economici della rinuncia ai canoni maturati è stato ritenuto erroneo in quanto l’erogazione di detti benefici deve rispondere ai criteri di cui all’art 12 L. 241/90 che nel caso di specie è stato ignorato. Questo subordina l’erogazione alla “predeterminazione e pubblicazione” da parte delle amministrazioni procedenti dei criteri e delle modalità cui le stesse devono attenersi nell’individuazione dei beneficiari. Come per ogni atto amministrativo è, inoltre, necessario che sia data specificazione dell’utilità pubblica perseguita dall’amministrazione mediante la concessione.
Per il caso esaminato dei giudici contabili non vi è stata alcuna predeterminazione né pubblicazione dei criteri di individuazione dei beneficiari, avvenuta solamente ex post, tra coloro che avevano sottoscritto un contratto di locazione con l’amministrazione e che versavano in condizione di morosità.
Peraltro il regolamento comunale non annoverava, tra le forme possibili di beneficio erogabile, la rinuncia al credito.
Quanto alle modalità di affidamento dei beni immobili di proprietà di un ente pubblico, sebbene parte della giurisprudenza contabile operi un distinguo, tra quelli facenti parte del patrimonio indisponibile – che possono essere dati solo in concessione – e altri beni, che possono essere oggetto di locazione, va comunque perseguita la procedura ad evidenza pubblica.
Ne discende che ad imporre l’utilizzo di procedure ad evidenza pubblica e, quindi, ad escludere l’affidamento diretto sono, oltre le caratteristiche del bene, la stessa natura del servizio e quella del soggetto di diritto pubblico.
Con riferimento alla misura del canone concessorio di un bene demaniale, è stato ritenuto che la sua determinazione al di fuori del contesto di una procedura di gara (per l’individuazione del concessionario), sia sintomo della illiceità della condotta dispositiva. Parimenti è stata ritenuta produttiva di danno la mancata disdetta del contratto di locazione/concessione/comodato gratuito venuti a scadenza.
In tema di canone agevolato è stato chiarito che la disciplina di cui al DPR 296/2005 non può trovare applicazione negli Enti locali, essendo espressamente destinata a regolare “i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione”, anche gratuita, ovvero in locazione, anche a canone ridotto, dei beni immobili demaniali e patrimoniali “dello Stato”, gestiti dall’Agenzia del demanio, destinati ad uso diverso da quello abitativo, affidamento comunque da disporre, tranne limitate eccezioni tassativamente previste, mediante procedure di evidenza pubblica.
E’ invece possibile anche per gli enti locali la concessione di beni immobili a titolo di comodato o a canone ridotto in favore dei soggetti beneficiari specificamente individuati dagli artt. 70 e 71 D.Lgs. 117/2017 (Codice del Terzo settore) sempre percorrendo procedure ad evidenza pubblica.
In conclusione, come disposto dalla Corte dei Conti, Sezione II centrale di appello, con la sentenza 78 del 12 marzo 2019, la rinuncia ai canoni di locazione maturati si pone in contrasto anche con il principio di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, secondo cui la gestione dei beni patrimoniali deve tendere all’incremento del valore economico delle dotazioni stesse, al fine di potenziare le entrate di natura non tributaria e, in tal senso “I contratti di locazione sono da considerare strumenti di incremento delle risorse pubbliche e, in tale ottica, devono essere improntati a criteri di stretta economicità (art. 1, l. n. 241/1990 e s.i.m.), con l’effetto che si dovrebbe garantire, da un lato, livelli ottimali di soddisfazione dell’interesse pubblico generale attraverso l’impiego di risorse proporzionate; dall’altro, il massimo valore ottenibile dall’impiego delle risorse a disposizione.”
Questi principi possono subire eccezioni solo nel caso in cui sia perseguito un interesse pubblico equivalente o superiore rispetto a quello che viene raggiunto mediante lo sfruttamento economico dei beni pubblici.
In generale non sono percorribili modi di estinzione dell’obbligazione diversi dall’adempimento salvo che per le transazioni le quali consentono all’Ente pubblico creditore di ottenere, in cambio, un vantaggio economico immediato.
Ne consegue pertanto la qualificazione di “danno erariale” nel caso della mancata riscossione dei canoni di locazione da parte di amministratori, funzionari e società concessionarie, in ragione del grave depauperamento per le casse locali dovuto alla definitiva perdita del credito.
In discussione non è solamente la (illegittima) gratuità, ex post, di un canone di locazione immobiliare ma anche il riposizionamento del più frequente ed utilizzato canone agevolato, a cui anche il Comune di Verona aderisce, posto che è stato chiarito l’inapplicabilità del DPR 296/2005 agli Enti locali. Mentre è possibile per questi ultimi la concessione di beni immobili a titolo di comodato o a canone ridotto in favore dei soggetti beneficiari specificamente individuati dagli artt. 70 e 71 D.Lgs. 117/2017 (Codice del Terzo settore) sempre percorrendo procedure ad evidenza pubblica.
Nulla è stato detto invece dalla Corte dei Conti nella sentenza circa le concessioni saltuarie e precarie delle sale circoscrizionali a titolo gratuito alle organizzazioni di volontariato (OdV), alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) nonché alle associazioni di promozione sociale (APS) iscritte negli appositi registri nazionali e/o regionali. Fattispecie molto utilizzata nelle Circoscrizioni anche se non tutte sono dotate di specifico Regolamento d’uso delle sale comunali date in gestione alla Circoscrizione. Solo le Circoscrizioni 1^, 4^, 6^, 5^, trattano espressamente la situazione mentre le Circoscrizioni 2^ e 3^ pur essendone dotate nulla prevedono al riguardo. Ultime le Circoscrizioni 7^ e 8^ che non dispongono nemmeno dello specifico Regolamento.
Alberto Speciale