Con la Sentenza n. 31521/2020 depositata l’11 novembre, la terza sezione della Cassazione Penale ribadisce il principio secondo cui «Le vie dei centri storici tutelati ope legis anche in assenza di un’esplicita dichiarazione di interesse storico-artistico pertanto l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su tali beni culturali è subordinata ad autorizzazione del Soprintendente».
Le pubbliche piazze, vie, strade, e altri spazi urbani, laddove rientranti nell’ambito dei Centri Storici, ai sensi dei commi 1 e 4, lettera g), dell’art. 10 del D.Lgs. 42/2004 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”), sono qualificabili come beni culturali a prescindere dall’adozione di una dichiarazione di interesse storico-artistico ai sensi degli articoli 12 e 13 del Codice.
Tali beni appartenenti a soggetti pubblici sono, quindi, da considerare beni culturali ope legis, rispetto ai quali trovano necessaria applicazione le norme di tutela fino a quando non intervenga una espressa verifica di interesse in senso contrario. Pertanto, ai sensi dell’art. 21, c. 4 l‘esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su tali beni culturali è subordinata ad autorizzazione del Soprintendente, conseguentemente l’assenza della quale è punita ai sensi ex art. 169¹ D.Lgs. 42/2004, salvi gli effetti del c.d. “Decreto Rilancio”.
Il caso esaminato dalla Corte deriva da un intervento realizzato dal proprietario di un esercizio commerciale nel centro storico di Benevento. Secondo il Tribunale del Riesame il sequestro era da considerare illegittimo in quanto la struttura a servizio del negozio era stata realizzata in una strada del centro storico «che non sarebbe bene culturale in sé, ma richiederebbe la dichiarazione del procedimento amministrativo di verifica dell’interesse pubblico e la dichiarazione di interesse culturale», in base al D.Lgs. 42/2004. Secondo il Riesame «questi provvedimenti non sarebbero stati emessi» con la conseguenza che «le strade del centro storico di Benevento non potrebbero essere qualificate bene culturale».
La ricostruzione fornita dal Riesame è stata respinta dai giudici del Palazzaccio i quali, nella Sentenza affermano al contrario che «secondo il costante orientamento della giustizia amministrativa», che la Corte condivide, «le pubbliche vie, strade, piazze e altri spazi urbani, laddove rientranti nell’ambito dei Centri storici» sono qualificati «come beni culturali a indipendentemente dall’adozione di una dichiarazione di interesse storico-artistico». Si tratta di «beni culturali ope legis, rispetto ai quali trovano necessaria applicazione le norme di tutela» del codice dei Beni culturali,« fino a quando non intervenga una espressa verifica di interesse in senso contrario».
Per questo motivo, conclude la Corte, «l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su tali beni è subordinata ad autorizzazione del Soprintendente».
Alberto Speciale
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¹ Articolo 169 Opere illecite 1. E’ punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da euro 775 a euro 38.734,50: a) chiunque senza autorizzazione demolisce, rimuove, modifica, restaura ovvero esegue opere di qualunque genere sui beni culturali indicati nell’articolo 10; b) chiunque, senza l’autorizzazione del soprintendente, procede al distacco di affreschi, stemmi, graffiti, iscrizioni, tabernacoli ed altri ornamenti di edifici, esposti o non alla pubblica vista, anche se non vi sia stata la dichiarazione prevista dall’articolo 13; c) chiunque esegue, in casi di assoluta urgenza, lavori provvisori indispensabili per evitare danni notevoli ai beni indicati nell’articolo 10, senza darne immediata comunicazione alla soprintendenza ovvero senza inviare, nel più breve tempo, i progetti dei lavori definitivi per 1′ autorizzazione. 2. La stessa pena prevista dal comma 1 si applica in caso di inosservanza dell’ordine di sospensione dei lavori impartito dal soprintendente ai sensi dell’articolo 28.