Alla società “in house” che gestisce servizi pubblici locali deve essere riconosciuta natura pubblica, con la duplice conseguenza che per le assunzioni di personale è soggetta alle regole del testo unico sul pubblico impiego e che i relativi soggetti operanti con funzione apicale sono pubblici ufficiali, per il fatto stesso di concorrere alla predisposizione di atti pubblicistici.
Questo è il principio, non nuovo, sancito dalla Corte di Cassazione penale, sezione VI, con la Sentenza n. 30441/2018 , pubblicata il 05/07/18, che nel confermare la condanna per i reati di abuso d’ufficio e di falso in atto pubblico di alcuni dirigenti di una società “in house” del Comune di Roma, coinvolti nell’assunzione di 41 dipendenti in violazione delle regole sul concorso pubblico, fa ulteriore chiarezza sulla normativa applicabile in caso di reclutamento di personale da parte di società “in house”. Le quali sono da considerarsi a tutti gli effetti quali “mere articolazioni organizzative della pubblica amministrazione”.
Tale principio è stato introdotto per la prima volta dall’articolo 18 del DL 112/2008, successivamente confermato dal D.Lgs. 175/2016 all’articolo 19, (Testo Unico Società Partecipate), secondo il quale “le società a controllo pubblico stabiliscono, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all’articolo 35, c.3, del D.Lgs. 165/2001“.
Lo stesso Consiglio di Stato, sezione VI, con la sentenza n. 5643/2015 ha affermato che se una società in house incorre nella violazione delle regole previste da questo disposto, “il rapporto (…) è sanzionato con la nullità, intesa come invalidità improduttiva di effetti giuridici, imprescrittibile, insanabile e rilevabile d’ufficio e non già alla stregua di un mero vizio di violazione di legge, secondo i principi generali regolanti il regime di annullabilità degli atti amministrativi illegittimi”.
Le società “in house” pertanto devono obbligatoriamente effettuare le assunzioni dei dipendenti applicando le regole proprie del pubblico impiego.
La Sentenza n. 30441/2018 giunge, opportunamente, proprio nel momento in cui si è consumato lo scontro tra il consigliere comunale Flavio Tosi e l’assessore alle aziende partecipate Daniele Polato sul caso del direttore generale di SOLORI, la società di riscossioni in house del Comune di Verona, Alessandro Tatini, la cui assunzione fortemente, voluta ed ottenuta dall’amministrazione Tosi, sarebbe stata viziata da “profili di grave illegittimità” in quanto il Direttore Generale sarebbe stato assunto senza indire repentinamente una selezione pubblica. Fattispecie che “escluderebbe la possibilità di una prosecuzione del rapporto di lavoro”.
Orbene considerato che l’assunzione del DG Tatini risale ai primi mesi del 2014, sarebbe interessante conoscere quali documenti sono stati prodotti agli uffici comunali per confermarne l’assunzione, posto la vigenza della normativa di cui sopra.
In caso di violazione dei principi regolanti l’assunzione per il pubblico impiego l’Amministrazione Sboarina dovrà decidere, oltre all’interruzione del rapporto di lavoro, anche se inviare una denuncia alla Corte dei Conti.
Alberto Speciale