Coro Correr: cantiere aperto in San Zeno per il restauro del magnifico manufatto

 
 

Un cantiere aperto nella cripta di San Zeno Maggiore mostra a fedeli e visitatori l’avanzamento del restauro del coro ligneo quattrocentesco conservato nella basilica, già abbazia benedettina; una volta terminati i lavori, sostenuti dall’Associazione Chiese Vive Verona, l’imponente manufatto ligneo, composto da 42 stalli intagliati, troverà sede nella cripta e tornerà a essere usato, come avveniva in passato, per le celebrazioni liturgiche

Il coro è uno degli arredi tipici delle comunità monastiche, costituito da un insieme di sedute, chiamate stalli, utilizzati dai monaci durante le funzioni e le preghiere. Imponente e prezioso, il coro conservato a San Zeno ebbe per illustre committente Gregorio Correr, protonotario apostolico e abate di San Zeno, umanista e discendente della nobile famiglia veneziana, che dal 1443 si dedicò all’abbellimento della cripta e dal 1450 al progetto di ristrutturazione della chiesa superiore, all’epoca riservata ai religiosi. L’abate morì prima di vedere completata l’opera, lasciando tuttavia denari sufficienti affinché potesse essere ultimata.

L’intervento, sostenuto dall’Associazione Chiese Vive Verona, permetterà non soltanto di recuperare, ma anche di dare nuova sede al manufatto che, nei secoli, non trovò mai collocazione unitaria e fu più volte smembrato; fu posizionato inizialmente tra l’abside e il pontile che separava la chiesa plebana dalla quella dei monaci-religiosi benedettini, creando un ambiente raccolto dinnanzi al trittico di Mantegna. Ne seguì una storia travagliata, chiarisce l’arch. Flavio Pachera,progettista e direttore dei lavori nonché fabbriciere della basilica: «Dopo un secolo, mutate esigenze liturgiche comportarono la demolizione del pontile e lo smantellamento del coro, per aprire un diretto collegamento tra la chiesa plebana e quella superiore, senza un ingombro che ne ostruisse la continuità».

Il coro fu allora riadattato per essere sistemato nell’abside: «Molti stalli andarono perduti, altri rovinati. Negli anni Trenta del secolo scorso venne nuovamente risistemata la zona presbiterale con gli stalli rimasti; negli anni Cinquanta con l’abate Guglielmo Ederle gli stalli vennero rimossi eccetto due gruppi da tre a dossale alto che rimasero nell’abside, mentre i rimanenti furono posti a ridosso del muro nord della chiesa plebana».

Dieci anni fa, con il restauro dell’abside e lo spostamento degli stalli a dossale alto, su sollecito della Soprintendenza sono iniziate le valutazioni: «Con buona volontà – spiega l’abate Gianni Ballarini, presidente dell’associazione Chiese Vive Veronaabbiamo cercato una diversa ubicazione che fosse semi definitiva e ristabilisse l’unitarietà dell’insieme» Dopo varie ipotesi, è stato stabilito di ricollocare il manufatto in un luogo significativo, «la cripta, per valorizzarlo e renderlo visibile nel suo complesso, con la possibilità di concelebrare dove sono conservate le reliquie del vescovo patrono della diocesi di Verona».

Con l’autorizzazione della Soprintendenza, a luglio la prima fase dell’intervento ha riguardato lo smontaggio del coro per passare poi al restauro, tuttora in corso nella cripta. Qui, sotto lo sguardo dei visitatori, il lavoro della restauratrice Anita Masiero, col supporto della falegnameria Rupiani, proseguirà fino a fine dicembre e si completerà con l’assembramento del manufatto lungo le pareti dell’ipogeo. Due sono le tipologie di stalli, a dossale alto e basso: dalla tipologia decorativa varia, sono stati realizzati in legno di noce e per le spalliere di conifera. «Gli stalli hanno subito un diverso deterioramento a causa dei due luoghi di collocazione. I fattori che hanno influito sul degrado sono stati gli sbalzi di temperatura e l’eccesso di umidità, non ultimo il contributo diretto dell’uomo dovuto essenzialmente all’uso e a riparazioni indebite con l’impiego di materiali non appropriati o di tecniche scorrette. È in corso un’accurata pulizia della superficie lignea, mantenendo però la finitura originale, per rimuovere lo sporco accumulato e le sostanze che possono essere causa di danni materiali o alterazione della leggibilità dell’opera. Sono state infine consolidate le parti ammalorate , passaggi preceduti per tutti gli elementi lignei da un trattamento antitarlo»

Nella foto, da sinistra, davanti alla parte di Coro già restaurata: l’abate Gianni Ballarini, la restauratrice Anita Masiero e l’architetto Flavio Pachera.

 

 
 
Alessandra Moro
Sono nata a Verona sotto il segno dei Pesci; le mie radici sono in Friuli. Ho un fiero diploma di maturità classica ed una archeologica laurea in Lettere Moderne con indirizzo artistico, conseguita quando “triennale” poteva riferirsi solo al periodo in cui ci si trascinava fuori corso. Sono giornalista pubblicista dell’ODG Veneto e navigo nel mondo della comunicazione da anni, tra carta, radio, tv, web, uffici stampa. Altro? Leggo, scrivo, cucino, curo l’orto, visito mostre, gioc(av)o a volley. No, non riesco a fare tutto, ma tutto mi piacerebbe fare. Corro contro il tempo, ragazza (di una volta) con la valigia.

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