Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 7687 del 19 settembre 2024 ha dichiarato legittima la delibera comunale di indirizzo per il rilascio di concessioni temporanee per occupazioni di aree pubbliche con cui si preveda l’obbligo per il richiedente di allegare una dichiarazione di impegno a riconoscersi nei principi della Costituzione italiana e di ripudiare il fascismo e il nazismo
La sentenza interviene a seguito del ricorso presentato dall’Associazione di Promozione Sociale Casapound Italia per la riforma della sentenza n. 166/2020 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, che aveva dato ragione al comune di Brescia nell’aver formulato all’associazione la richiesta di allegare alla domanda per l’utilizzo di spazi spubblici una dichiarazione contenente, tra l’altro, l’impegno del richiedente «di riconoscersi nei principi e nelle norme della Costituzione italiana e di ripudiare il fascismo e il nazismo».
Per i giudici, nel definire le condizioni cui è subordinata la concessione di questi spazi, l’amministrazione pubblica ben può perseguire l’obiettivo di evitare che essi vengano utilizzati per il perseguimento di finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, ovvero per la pubblica esaltazione di esponenti, fatti, metodi e finalità antidemocratiche del fascismo – comprese le idee e i metodi razzisti – o ancora per il compimento di manifestazioni usuali del disciolto partito fascista, ovvero di organizzazioni naziste, trattandosi di un obiettivo di interesse pubblico alla luce della ispirazione antifascista della nostra Costituzione.
L’ente pubblico può legittimamente escludere in via preventiva dall’uso esclusivo dei beni pubblici i soggetti che si facciano portatori del pensiero fascista che potrebbero avvalersi degli stessi beni sottratti all’uso della collettività per il perseguimento di finalità antidemocratiche.
Tale tutela preventiva si rende opportuna in quanto, in caso contrario, il pregiudizio potrebbe non essere necessariamente e interamente riparabile ex post mediante l’applicazione di sanzioni o la decadenza della concessione.
In tal caso non viene in rilievo una restrizione irragionevole delle libertà di manifestazione del pensiero e di associazione, come invece sostenuto dalla ricorrente Casapound, bensì «una misura preventiva volta a evitare che lo spazio pubblico di cui si chiede la concessione venga utilizzato con modalità e per finalità incompatibili con l’ordinamento costituzionale».
Alberto Speciale