Confindustria Verona: “Bene export e prodotto ma clima di sfiducia persiste”.

 
 

Dati alla mano.

Produzione industriale nel quarto trimestre a + 2,34% e sono ancora positive le previsioni per il primo trimestre del 2019.

Il 2018 per Verona si è chiuso con un picco della produzione industriale che segna un buon incremento; +2,34%.
Stabile (84%) il numero delle aziende che dichiarano un utilizzo della capacità produttiva normale e soddisfacente.
Migliora l’occupazione in crescita del +1,83% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Corre l’export che cresce di oltre il 3% sia per i mercati UE (+3,72%) sia extra UE (+3,25%). Buone anche le performance del mercato interno che si ferma a +2,44%.


Rovescio della medaglia

In un contesto veronese altamente positivo – recita il comunicato diffuso questa mattina da Confindustria Verona – si registra però una leggera flessione della consistenza del portafoglio ordini e un calo del clima di fiducia. Preoccupa soprattutto – prosegue la nota – l’andamento dell’economia locale e nazionale, e rispetto alla rilevazione precedente, anche per il mercato internazionale a causa della forte incertezza che lo caratterizza, alimentata da vari fattori: trend protezionistico, tensioni USA-Cina e in altre aree (Iran, Venezuela), incognite sulla Brexit.

Resta alto il numero di aziende che prevede di aumentare gli investimenti rispetto all’anno precedente (20%) o di investire lo stesso capitale (53%), solo nel 16% dei casi non sono previsti investimenti.

Nell’ultimo trimestre a Verona abbiamo registrato un picco della produzione industriale che ha superato le aspettative. Se da un lato questo risultato ci fa piacere dall’altra non possiamo non mettere in evidenza come l’indebolimento del clima di fiducia faccia intuire come gli imprenditori siano preoccupati del contesto nazionale e internazionale”. Questo il commento di Michele Bauli, presidente di Confindustria Verona.

La produzione industriale italiana invece in avvio di 2019 ha continuato a evidenziare forti segnali di debolezza. Al rimbalzo “tecnico” di gennaio con la produzione a +0,8% è seguito un nuovo arretramento in febbraio (-0,5%), causato soprattutto da una domanda interna in forte indebolimento, specie nella componente “investimenti”.

In un contesto in flessione, con la Cina in rallentamento e l’eurozona debole servirebbe dare uno slancio agli investimenti e far ripartire i cantieri. Stime di ANCE aggiornate a inizio 2019 indicano che in Italia ci sono cantieri bloccati per un valore complessivo di 27 miliardi di euro, senza contare la TAV Torino-Lione. Questo valore si riferisce a investimenti in opere pubbliche la cui realizzazione è ferma per ragioni burocratiche. Nel debole contesto economico italiano, riaprire tali cantieri potrebbe avere un forte impatto espansivo sulle costruzioni e su diversi altri settori perché le costruzioni si trovano al centro di una filiera molto lunga. Secondo il nostro Centro Studi ciò potrebbe alzare il PIL italiano di oltre l’1% in tre anni rispetto allo scenario previsivo di ba se, con un aumento molto limitato del deficit.

Senza citare le ricadute sull’occupazione: la TAV Torino-Lione a regime significherebbe 50 mila nuovi posti di lavoro. Aspettiamo i nuovi provvedimenti del Governo.

Purtroppo il costante clima da campagna elettorale a cui ci sta abituando questa politica non permette di avere un orizzonte temporale abbastanza ampio per poter immaginare misure di crescita e sviluppo del paese. Tutto è pensato per l’oggi e – conclude così Bauli il comunicato – questo non fa altro che aumentare le voci di spesa improduttiva che accontentano immediatamente l’elettorato ma impoveriscono il paese”.

 
 

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